Le ferite croniche, classificate come piaghe, ulcere o lacerazioni che non guariscono o guariscono molto lentamente, sono comuni nei pazienti con diabete. Possono essere dolorose, rendere gli individui suscettibili a ulteriori infezioni e sono collegate a tassi più elevati di morbilità e mortalità. Sono necessarie nuove terapie per curare queste ferite debilitanti, ma non ci sono stati molti nuovi sviluppi di trattamento che includano la rimozione chirurgica del tessuto morto e la fasciatura. Sebbene patogeni delle ferite ben caratterizzati e pericolosi come Staphylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa siano comunemente rilevati, questi patogeni non esistono in isolamento ma in comunità con altri microbi che sono scarsamente caratterizzati nel contesto delle ferite cutanee. Ma una nuova ricerca della Perelman School of Medicine presso l’Università della Pennsylvania mostra che Alcaligenes faecalis (A. faecalis), può facilitare la guarigione di ferite difficili da curare tra le persone con diabete.
Sebbene siano stati condotti molti studi sui batteri potenzialmente dannosi nelle ferite, i ricercatori hanno scoperto che A. faecalis, un batterio presente in molti tipi di ferite croniche, in realtà stimola la guarigione delle ferite diabetiche. Hanno scoperto che il batterio benefico può promuovere i movimenti delle cellule della pelle che sono essenziali per la chiusura della ferita inibendo gli enzimi che vengono prodotti in eccesso nelle persone con diabete. Il team afferma che scoprire i meccanismi alla base del modo in cui A. faecalis stimola la guarigione potrebbe aiutare gli scienziati a trovare nuovi trattamenti per le ferite diabetiche. Per comprendere in che modo A. faecalis ha influenzato la guarigione diabetica, i ricercatori hanno eseguito diversi tipi di test su topi diabetici, sulle loro cellule della pelle e su campioni di pelle diabetica umana. Innanzitutto, hanno scoperto che l’uso di A. faecalis, per inoculare topi diabetici che hanno difetti di guarigione delle ferite, ha portato a una guarigione accelerata delle ferite senza segni di infezione.
Successivamente, hanno scoperto che l’introduzione di A. faecalis nelle ferite ha causato la proliferazione e la migrazione dei cheratinociti, il tipo di cellula dominante nella guarigione delle ferite nell’epidermide, per chiudere la ferita più delle cellule non trattate. Inoltre, campioni di pelle prelevati da soggetti diabetici sono stati coltivati con Alcaligenes. faecalis e, dopo 10 giorni, i campioni con il batterio presentavano una crescita statisticamente significativa di cheratinociti. Da lì, i ricercatori hanno visto che le ferite diabetiche dei topi trattate con A. faecalis hanno rivelato geni collegati all’attivazione dei leucociti, comprese i linfociti T che sono vitali nella difesa del sistema immunitario. Ha anche ridotto i geni responsabili della degradazione del collagene, in particolare enzimi chiamati metalloproteinasi della matrice (MMP). È importante notare che ci sono troppe MMP nelle persone affette da diabete e hanno dimostrato di inibire la corretta guarigione delle ferite.
Lo studio si è concentrato in particolare su MMP-10 che è espresso dai cheratinociti. Le MMP sono enzimi necessari che interrompono le connessioni tra le cellule per consentire alle cellule di muoversi, altrimenti chiamate matrice extracellulare (ECM). In effetti, l’espressione eccessiva di MMPs, che è promossa dal diabete e dall’iperglicemia, è deleteria per la guarigione delle ferite. Dei geni che sono stati down-regolati da A. faecalis, i più significativi erano quelli correlati alle MMP, in particolare MMP10 e i suoi substrati Lamc2 e Lama3. Di particolare interesse è il modello inverso dell’espressione genica correlata alle MMP. A differenza della significativa down-regulation di diverse MMP indotta da A. faecalis, S. aureus induce un’espressione aumentata di sei diverse MMP, con la MMP-10 che è la più significativamente diversa. Infine, i dati suggeriscono che A. faecalis esercita il suo effetto attraverso la secrezione di un piccolo peptide.
Questo meccanismo microbico è particolarmente entusiasmante perché è noto che le molecole derivate dai batteri modulano la biologia dell’ospite e sono fonti interessanti di terapie precedentemente non identificate. I risultati dell’indagine sono pubblicati su Science Advances.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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