L’osteosarcoma è il tipo più comune di cancro alle ossa nei bambini e negli adolescenti. Inizia tipicamente nelle estremità larghe delle ossa lunghe, come le gambe, ma può verificarsi anche in altre ossa, come il bacino e il cranio. Circa il 15-20% dei pazienti con osteosarcoma presenta già una malattia metastatica al momento della diagnosi e meno del 20% di quelli con malattia metastatica o recidivante sopravvive oltre i tre anni. Il trattamento dell’osteosarcoma comprende la chirurgia e la chemioterapia, che rappresentano il pilastro della cura da oltre 50 anni. Ciò sottolinea la necessità di approcci terapeutici nuovi e più moderni come l’immunoterapia. Tuttavia, i tumori solidi presentano ulteriori sfide che qualsiasi tecnologia CAR T-cell deve superare per avere successo. I linfociti T hanno “nasi molecolari” chiamati recettori di superficie che legano “odori molecolari”, notoriamente chiamati citochine e chemochine.
Ma i “nasi” dei linfociti T spesso non riescono a captare l’odore delle cellule tumorali, cioè le cellule T non esprimono i recettori che riconoscono le chemochine secrete dai tumori. L’ingegneria delle cellule T può superare questa discrepanza tra chemochine e recettori. L’immunoterapia con cellule T con recettore dell’antigene chimerico (CAR) riprogetta le cellule immunitarie di un paziente per colpire le cellule tumorali. Sebbene abbia avuto successo in alcuni tipi di leucemia, l’approccio deve ancora realizzare il suo potenziale contro i tumori solidi pediatrici. Un migliore homing (la capacità di una cellula T di spostarsi efficacemente verso un tumore) è un passo necessario nella progettazione di terapie con cellule T CAR di maggior successo. Gli scienziati della St. Jude Children’s Research Hospital ha identificato un modo per migliorare l’homing dei LT CAR per l’osteosarcoma. I risultati sono ora pubblicati sulla rivista Clinical Cancer Research.
Ci sono circa 50 chemochine e 20 loro recettori negli esseri umani. Per migliorare l’homing delle cellule CAR T verso l’osteosarcoma, i ricercatori hanno dovuto prima determinare quali chemochine sono espresse da quel particolare tipo di cancro. Gli scienziati hanno utilizzato campioni di pazienti raccolti dopo l’intervento chirurgico per guidarli verso quali chemochine colpire nell’osteosarcoma, esaminando alla cieca quelle prodotte dal tumore. Utilizzando questo approccio, i ricercatori hanno identificato due chemochine, CXCL8 e CXCL16, secrete dall’osteosarcoma, di cui però le cellule CAR T non esprimono i recettori. Dopo aver identificato questa discrepanza chemochina/recettore, i ricercatori hanno modificato i linfociti CAR T che prendono di mira l’antigene dell’osteosarcoma B7-H3 per esprimere i recettori (CXCR2 o CXCR6) per le chemochine identificate.
I ricercatori hanno valutato la cinetica di homing (movimento) e l’efficienza delle cellule modificate, testando la loro capacità di trovare e infiltrarsi nell’osteosarcoma. I ricercatori hanno scoperto che le cellule ingegnerizzate si comportavano in modo diverso. Quelle che esprimevano CXCR2 si sono rapidamente stabilizzate e sono arrivate al tumore, ma hanno raggiunto un plateau nella loro attività in anticipo. Quelle che esprimevano CXCR6 hanno impiegato un po’ più di tempo per stabilizzarsi, ma hanno raggiunto un plateau in modo simile. In particolare, i ricercatori hanno osservato una sopravvivenza prolungata in un modello di malattia metastatica utilizzando le cellule T B7-H3-CAR modificate da CXCR2 o CXCR6 rispetto alle cellule T non modificate. Questo può aumentare, in tal modo, la possibilità delle cellule immunitarie di combattere il tumore osseo.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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