giovedì, Settembre 19, 2024

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L’olio di pesce può beneficiare le persone a rischio elevato di Alzheimer?

La malattia di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa caratterizzata dall’accumulo di placche amiloidi e grovigli neurofibrillari nel cervello, che portano alla morte dei neuroni e alla disfunzione sinaptica. Questi processi sono accompagnati da infiammazione cerebrale, stress ossidativo e disfunzione mitocondriale. Sebbene le cause esatte della malattia di Alzheimer non siano completamente comprese, diversi fattori di rischio sono stati identificati, tra cui età avanzata, predisposizione genetica (in particolare la presenza dell’allele APOE-ε4), diabete, ipertensione, obesità e stili di vita non salutari (Sims et al., 2020). Un’area emergente di ricerca riguarda il ruolo dell’infiammazione cronica e dello stress ossidativo nel contribuire alla sua patogenesi. È stato dimostrato che la neuroinfiammazione e lo stress ossidativo giocano un ruolo chiave nell’accelerare il declino cognitivo e nel promuovere l’accumulo di proteine tossiche nel cervello (Heneka et al., 2015). Questi meccanismi rappresentano potenziali bersagli terapeutici per la prevenzione e il trattamento della malattia.

Acidi grassi omega-3 nell’olio di pesce: meccanismi d’azione

L’olio di pesce è ricco di acidi grassi omega-3, in particolare acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA), che sono noti per i loro effetti benefici sulla salute cardiovascolare e cerebrale (Calder, 2015). Il DHA, in particolare, è un componente fondamentale delle membrane cellulari neuronali ed è coinvolto nella funzione sinaptica, nella plasticità cerebrale e nella protezione contro l’infiammazione e lo stress ossidativo (Bazinet & Layé, 2014). Gli acidi grassi omega-3 esercitano i loro effetti neuroprotettivi attraverso diversi meccanismi:

  • Riduzione dell’infiammazione: Gli omega-3 modulano la produzione di citochine proinfiammatorie e favoriscono la sintesi di mediatori anti-infiammatori, come le resolvine e le protectine, che riducono l’infiammazione nel cervello (Calder, 2015).
  • Protezione contro lo stress ossidativo: Gli omega-3 aumentano la capacità antiossidante delle cellule e riducono il danno ossidativo al DNA, alle proteine e ai lipidi (Miyazawa et al., 2018).
  • Miglioramento della funzione sinaptica: Il DHA è essenziale per la fluidità delle membrane neuronali e per la trasmissione sinaptica, fattori critici per il mantenimento della funzione cognitiva (Bazinet & Layé, 2014). Questo è importante anche a livello della retina, la cui esplorazione è ultimamente sotto indagine per la diagnosi precoce della malattia (indagine del fundus).

Effetti neuroprotettivi degli Omega-3: evidenze pre-cliniche

Numerosi studi preclinici condotti su modelli animali di Alzheimer hanno dimostrato che gli acidi grassi omega-3, in particolare il DHA, possono ridurre l’accumulo di placche amiloidi, migliorare la funzione sinaptica e ridurre l’infiammazione cerebrale (Hooijmans et al., 2012). Ad esempio, uno studio su topi transgenici con Alzheimer ha mostrato che la supplementazione con DHA riduceva significativamente l’accumulo di amiloide-β e migliorava la memoria spaziale (Green et al., 2007). Inoltre, gli omega-3 sembrano modulare positivamente l’espressione dei geni coinvolti nella neuroprotezione e nella plasticità sinaptica. Questi effetti neuroprotettivi suggeriscono che l’integrazione con olio di pesce potrebbe avere un ruolo potenziale nella prevenzione o nel rallentamento della progressione dell’Alzheimer, specialmente nelle persone a rischio elevato.

Evidenze cliniche: gli anziani

Sebbene gli studi preclinici siano promettenti, le evidenze cliniche sull’efficacia dell’olio di pesce nel prevenire o rallentare la progressione dell’Alzheimer negli esseri umani sono meno conclusive. Di seguito sono riportati alcuni dei principali studi clinici che hanno esaminato gli effetti degli omega-3 sulla salute cognitiva e sul rischio di Alzheimer. Alcuni studi clinici hanno suggerito che l’integrazione con omega-3 può avere effetti benefici sulla funzione cognitiva negli anziani. Ad esempio, uno studio condotto su individui anziani con lieve declino cognitivo ha riportato che l’integrazione con DHA migliorava la memoria e le funzioni esecutive rispetto al placebo (Yurko-Mauro et al., 2010).

Tuttavia, altri studi non hanno trovato effetti significativi degli omega-3 sulle prestazioni cognitive, suggerendo che i benefici potrebbero dipendere dallo stadio della malattia o dalla dose di omega-3 somministrata (van de Rest et al., 2008). Uno degli studi più importanti sul ruolo degli omega-3 nella prevenzione dell’Alzheimer è stato il MIDAS Study, che ha esaminato l’effetto del DHA su individui anziani con lieve compromissione cognitiva. I risultati hanno mostrato una riduzione del 45% nel tasso di progressione verso l’Alzheimer nei partecipanti che assumevano DHA rispetto al gruppo placebo (Chew et al., 2015). Tuttavia, uno studio più ampio e di durata più lunga, l’OmegaAD Study, non ha riscontrato benefici significativi dell’integrazione con omega-3 sulla progressione del declino cognitivo nei pazienti con Alzheimer lieve (Freund-Levi et al., 2006).

Meta-Analisi e revisioni sistematiche

Le meta-analisi che hanno esaminato gli effetti degli omega-3 sulla funzione cognitiva hanno prodotto risultati contrastanti. Alcune revisioni hanno concluso che gli omega-3 possono offrire benefici modesti, in particolare negli stadi precoci del declino cognitivo (Köhler et al., 2016), mentre altre non hanno riscontrato effetti significativi (Rondanelli et al., 2020). Questi risultati suggeriscono che gli omega-3 potrebbero essere più efficaci come strategia preventiva piuttosto che come trattamento per le fasi avanzate della malattia.

Fattori che influenzano l’efficacia degli Omega-3

L’eterogeneità nei risultati degli studi clinici può essere attribuita a diversi fattori, tra cui la dose e la durata dell’integrazione, lo stadio della malattia al momento dell’inizio del trattamento, la composizione specifica degli integratori di omega-3 utilizzati, e la presenza di fattori genetici e di stile di vita.

  1. Dose e Durata dell’Integrazione

Gli studi che hanno utilizzato dosi più elevate di DHA (oltre 1 grammo al giorno) e che sono durati più a lungo tendono a mostrare risultati più favorevoli rispetto agli studi che utilizzano dosi più basse o durate più brevi (Yurko-Mauro et al., 2010). Questo suggerisce che per ottenere benefici significativi, l’integrazione con omega-3 deve essere sufficientemente prolungata e con una dose adeguata.

  1. Stadio della Malattia

Gli effetti degli omega-3 possono variare in base allo stadio della malattia. Alcuni studi suggeriscono che l’integrazione con omega-3 è più efficace nelle fasi precoci del declino cognitivo, mentre potrebbe avere un impatto limitato nelle fasi avanzate dell’Alzheimer (Freund-Levi et al., 2006). Questo potrebbe essere dovuto al fatto che una volta che il danno neuronale è diventato esteso, gli omega-3 non sono sufficienti per invertire il processo.

  1. Genetica e Fattori Individuali

La presenza dell’allele APOE-ε4, un noto fattore di rischio genetico per l’Alzheimer, può influenzare la risposta agli omega-3. Alcuni studi suggeriscono che gli individui portatori di APOE-ε4 potrebbero trarre meno beneficio dall’integrazione con omega-3 rispetto a quelli senza questo allele (van de Rest et al., 2008). Inoltre, fattori come dieta, livello di attività fisica e salute generale possono influenzare l’efficacia degli omega-3.

Prospettive future e raccomandazioni

Sebbene le evidenze attuali suggeriscano che l’olio di pesce e gli acidi grassi omega-3 possano offrire benefici nella prevenzione del declino cognitivo e della malattia di Alzheimer, sono necessari ulteriori studi per confermare questi effetti e per determinare le dosi ottimali e le popolazioni target. In particolare, la ricerca futura dovrebbe concentrarsi su studi a lungo termine con campioni di grandi dimensioni, che includano una valutazione accurata dei livelli di omega-3 nel sangue e delle variabili genetiche.

  1. Integrazione con Omega-3 nelle Persone a Rischio

Per le persone a rischio elevato di Alzheimer, come quelle con una storia familiare della malattia o portatori dell’allele APOE-ε4, l’integrazione con omega-3 potrebbe rappresentare una strategia preventiva utile, soprattutto se iniziata nelle fasi precoci del declino cognitivo. Tuttavia, è importante che l’integrazione venga effettuata sotto la supervisione di un medico, e in combinazione con altre strategie di prevenzione, come una dieta equilibrata, l’attività fisica regolare e la gestione dei fattori di rischio cardiovascolari.

  1. Consumo di Pesce e Dieta Mediterranea

Oltre all’integrazione, il consumo regolare di pesce grasso, come salmone, sgombro e sardine, è stato associato a un rischio ridotto di Alzheimer in diversi studi osservazionali (Morris et al., 2003). La dieta Mediterranea, ricca di pesce, olio d’oliva, frutta, verdura e cereali integrali, è particolarmente promettente per la prevenzione del declino cognitivo e delle malattie neurodegenerative.

  1. Sinergia con Altri Nutrienti

Gli omega-3 potrebbero avere un effetto sinergico con altri nutrienti, come antiossidanti (vitamina E, vitamina C) e polifenoli (come quelli presenti nel thè verde e nel vino rosso), che potrebbero potenziare i loro effetti neuroprotettivi. La ricerca futura dovrebbe esplorare queste interazioni e determinare come una combinazione di nutrienti potrebbe ottimizzare la prevenzione dell’Alzheimer.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Rondanelli M., Faliva MA et al. Nutrients. 2020; 12(8):2327.

Sims R, Hill M et al. Lancet Neurol. 2020; 19(4), 401-404.

Miyazawa D et al. Antiox Redox Signal. 2018; 29(3):319-31.

Köhler CA et al. J Affective Disorders, 2016; 224:120-133.

Calder PC. BBA – Mol Cell Biol Lipids 2015; 1851(4):469.

Chew EY et al. JAMA Ophthalmology. 2015; 133(11):1151.

Bazinett, RP et al. Nature Rev Neurosci. 2014; 15(12):771.

Hooijmans CR et al. Brain Behavior Immun. 2012; 26(5):873.

Yurko-Mauro K et al. Alzheimer Dementia 2010; 6(6):456-64.

van de Rest O, Geleijnse J et al. Neurology 2008; 71(6):430.

Green KN et al. J Neuroscience 2007; 27(16):4385-4395.

Morris MC et al. Archives Neurol. 2003; 60(7):940-946.

Hardy J, Selkoe DJ. Science. 2002; 297(5580):353-356.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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