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Background

La fertilità femminile è un argomento di grande interesse sia scientifico che sociale, poiché l’età in cui le donne scelgono di avere figli si sta progressivamente spostando in avanti. Un recente studio ha rivelato che un farmaco comunemente utilizzato per altre indicazioni potrebbe estendere la finestra di fertilità delle donne fino a cinque anni. Questa scoperta offre nuove prospettive per le donne che desiderano ritardare la maternità senza compromettere la loro capacità riproduttiva. Con l’avanzare dell’età, le donne sperimentano un declino naturale della riserva ovarica e della qualità degli ovociti, fattori che possono rendere più difficile il concepimento. Attualmente, le opzioni disponibili per prolungare la fertilità sono limitate, e comprendono principalmente la conservazione degli ovociti tramite crioconservazione. Tuttavia, questa procedura è costosa e non sempre accessibile.

Scoperta del Farmaco e meccanismi

Il farmaco in questione, il cui nome non è stato reso pubblico per motivi di brevetto, è stato originariamente sviluppato per trattare disturbi metabolici. Gli scienziati hanno scoperto che esso agisce su una specifica via molecolare che è coinvolta nel mantenimento della funzione ovarica. Nei modelli preclinici, il farmaco ha dimostrato di ritardare l’invecchiamento ovarico, mantenendo una funzione riproduttiva più a lungo rispetto ai controlli non trattati. Il meccanismo d’azione del farmaco si basa sulla modulazione di percorsi cellulari legati all’apoptosi e allo stress ossidativo nelle cellule ovariche. Questi percorsi sono noti per influenzare la senescenza degli ovociti e la qualità degli stessi. Il farmaco sembra ridurre l’accumulo di danni cellulari, preservando così la riserva ovarica e migliorando la salute degli ovociti.

Il fatto che lo stress ossidativo induce invecciamento precoce negli ovociti femminili (atresia ovarica responsabile della menopausa precoce) non è una nozione nuova. E’ stato indagato non completamente, sebbene i ricercatori ne avessero consapevolezza. Ma non è stato possibile associarlo interamente alla senescenza dell’ovaio senza prima avere la completa comprensione dei meccanismi cellulari delle cellule riproduttive. Altri antiossidanti, invero, sono noti per avere un effetto positivo sulla sopravvivenza degli ovociti per sè o correlata a trapianto/FIV, come glutatione, astaxantina, zinco, selenio, vitamina E, acido lipoico ed altri. E’ un principio che è stato sfruttato anche per mantenere la fertilità in caso di ovaio policistico (PCOS) o endometriosi, accanto ad una terapia ormonale o antinfiammatoria.

Studi clinici

Attualmente, il farmaco è in fase di sperimentazione clinica per valutare la sua sicurezza ed efficacia nelle donne. Gli studi iniziali sono promettenti e indicano che il farmaco potrebbe essere ben tollerato con effetti collaterali minimi. Se confermati, questi risultati potrebbero rivoluzionare il modo in cui affrontiamo la fertilità femminile, offrendo una nuova opzione per le donne che desiderano posticipare la maternità. La possibilità di estendere la fertilità femminile utilizzando un farmaco comune rappresenta una svolta potenziale nel campo della medicina riproduttiva. Tuttavia, è essenziale che ulteriori studi confermino l’efficacia e la sicurezza del farmaco prima di poterlo raccomandare come opzione di routine. Questa ricerca potrebbe aprire nuove strade per migliorare la qualità della vita delle donne e ridefinire i limiti biologici della riproduzione umana.

Implicazioni sociali ed etiche

L’estensione della fertilità femminile con un farmaco comune potrebbe avere implicazioni significative. Da un lato, permetterebbe alle donne di avere maggiore flessibilità nelle loro scelte di vita, bilanciando carriera e famiglia. D’altro canto, solleva questioni etiche riguardanti l’uso di farmaci per scopi non originariamente previsti e le potenziali pressioni sociali che potrebbero derivare da tali possibilità. Senza contare che si aggiungono svariate considerazioni sul sovrapopolamento del pianeta ed a tutti i problemi che esso comporta, come sostenibilità, accesso alle risorse alimentari ed economiche ed al loro sfruttamento, i cambiamenti climatici e le disparità socio-politiche, incluse quelle sulla possibiltà di far accedere il farmaco a tutte le fasce di popolazione del pianeta. E’ una questione molto più che complessavdi quello che si pensi.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Shang Y, Song N et al. Adv Nutr. 2024 Aug; 15(8):100273.

Feng Y, Zheng H et l. Cell Rep Med. 2024 Jul 26:101678. 

Brown AM, McCarthy HE. Hum Fertil. 2023; 26(6):1544-52. 

Butsch TJ et al. Development. 2023; 150(14):dev201557.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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