La perdita del sonno non si limita a renderci stanchi: può minare il nostro funzionamento emotivo, diminuire gli stati d’animo positivi e metterci a maggior rischio di sintomi di ansia, secondo uno studio pubblicato dall’American Psychological Association che sintetizza più di 50 anni di ricerca sulla privazione del sonno e sull’umore. Questa indagine ha analizzato i dati di 154 studi che abbracciano cinque decenni, con 5.715 partecipanti totali. In tutti questi studi, i ricercatori hanno interrotto il sonno dei partecipanti per una o più notti. In alcuni esperimenti, i partecipanti venivano tenuti svegli per un lungo periodo. In altri, veniva loro concesso un periodo di sonno più breve del normale, e in altri venivano periodicamente svegliati per tutta la notte. Ogni studio ha anche misurato almeno una variabile legata alle emozioni dopo la manipolazione del sonno, come l’umore auto-riferito dai partecipanti, la loro risposta agli stimoli emotivi e le valutazioni di depressione e ansia.
Nel complesso, i ricercatori hanno scoperto che tutti e tre i tipi di perdita di sonno hanno comportato un minor numero di emozioni positive come gioia, felicità e contentezza tra i partecipanti, nonché un aumento dei sintomi di ansia come un battito cardiaco accelerato e una maggiore preoccupazione. Ciò si verificava anche dopo brevi periodi di perdita di sonno, come stare alzati un’ora o due più tardi del solito o dopo aver perso solo poche ore di sonno. I ricercatori hanno anche scoperto che la perdita di sonno aumenta i sintomi di ansia e attenua l’eccitazione in risposta agli stimoli emotivi. I risultati relativi ai sintomi della depressione erano più piccoli e meno coerenti, così come quelli relativi alle emozioni negative come tristezza, preoccupazione e stress. Una limitazione dello studio è che la maggior parte dei partecipanti erano giovani adulti – l’età media era di 23 anni.
La ricerca futura dovrebbe includere un campione di età più diversificato per comprendere meglio come la privazione del sonno colpisce le persone di età diverse; o per scoprire perché alcune persone potrebbero essere più vulnerabili di altre agli effetti della perdita di sonno. C’è da considerare anche l’affettività positiva. La ricerca che si concentra esclusivamente sui livelli medi di affetto, tuttavia, trascura intrinsecamente altri aspetti preziosi delle esperienze affettive, come la variabilità affettiva. Spesso operazionalizzata come la deviazione standard degli affetti all’interno della persona nel corso del tempo, la variabilità affettiva cattura quanto l’esperienza affettiva della persona si discosta dal suo livello affettivo medio. Anche se i livelli medi di affetto di un individuo sono identici nell’arco di 2 giorni, la sua variabilità affettiva potrebbe differire.
L’individuo, invero, potrebbe aver sperimentato elevata variabilità affettiva un giorno, ma basse fluttuazioni affettive (bassa variabilità affettiva) il giorno successivo. Un crescente numero di ricerche suggerisce che sia la variabilità dell’affetto positivo che quello negativo, svolgono un ruolo importante nel benessere psicologico oltre i livelli medi. Nello specifico, è stato dimostrato che una maggiore variabilità dell’affetto positivo nell’arco di 2 settimane è associata a un peggiore benessere psicologico, una minore soddisfazione di vita e una maggiore ansia e depressione. Infatti, una maggiore sua variabilità anche nell’arco di un solo giorno, può essere associata a una minore soddisfazione di vita e felicità. Alcuni hanno suggerito che la variabilità di affettività negativa sia alla base del collegamento tra nevrosi e maggiore suscettibilità alla psicopatologia.
L’affetto potrebbe avere un impatto sul sonno attraverso la gestione dello stress e i percorsi di regolazione delle emozioni. Più specificamente, le esperienze di affettività positiva potrebbero consentire l’accumulo di risorse psicologiche per affrontare lo stress e le seccature della vita quotidiana, tamponando così l’effetto deleterio dei fattori di stress sui successivi comportamenti sanitari, come il sonno. A livelli medio-elevati di affettività positiva, una sua maggiore variabilità potrebbe quindi inibire l’accumulo di importanti riserve emotive necessarie per affrontare con successo, diminuendo la durata degli stati positivi. Le ridotte riserve emotive portano quindi a una minore capacità di tamponare gli impatti dello stress, portando apparentemente a implicazioni a valle per il sonno. Questo ragionamento può essere ulteriormente esteso alla variabilità dell’affettività negativa, in modo tale che periodi di un suo aumento siano associati a una ridotta abilità regolatoria.
Cara Palmer, PhD, autrice principale dello studio della Montana State University, ha commentato le implicazioni: “Nella nostra società in gran parte privata del sonno, quantificare gli effetti della perdita di sonno sulle emozioni è fondamentale per promuovere la salute psicologica. Questo studio rappresenta la sintesi più completa della ricerca sperimentale sul sonno e sulle emozioni fino ad oggi e fornisce prove evidenti del fatto che periodi di veglia prolungata, durata del sonno ridotta e risvegli notturni influenzano negativamente il funzionamento emotivo umano. La ricerca ha scoperto che oltre il 30% degli adulti e fino al 90% degli adolescenti non dormono abbastanza. Le implicazioni di questa ricerca per la salute individuale e pubblica sono considerevoli in una società in gran parte privata del sonno. Le industrie e i settori inclini alla perdita del sonno, come i sanitari, i piloti e autotrasportatori, dovrebbero sviluppare e adottare politiche che diano priorità al sonno per mitigare i rischi per le funzioni e il benessere diurni”.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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