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Biomarkers ufficiali e in arrivo per la diagnosi differenziale e prognosi della malattia infiammatoria intestinale

Diagnositca per l’IBD

La malattia infiammatoria intestinale (IBD), che comprende il morbo di Crohn (CD) e la colite ulcerosa (ULC), è un disturbo infiammatorio cronico del tratto gastrointestinale (GI) che ha un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti. A causa della natura aspecifica delle sue manifestazioni cliniche e della mancanza di un test diagnostico gold standard, la gestione efficace dell’IBD rimane una sfida. Pertanto, sono essenziali biomarcatori affidabili e ampiamente disponibili per monitorare l’attività della malattia e prevedere la risposta al trattamento.

Biomarkers convalidati

Velocità di eritrosedimentazione (VES): la VES è un marker infiammatorio comunemente testato, sebbene manchi di specificità simile alla PCR. Differisce dalla PCR per la sua risposta più lenta all’infiammazione e il tempo di normalizzazione più lungo. La VES può essere influenzata da fattori fisiologici come gravidanza, età e sesso, nonché dall’uso di farmaci, evidenziando l’importanza di interpretare i risultati nel contesto.

Proteina C-reattiva (PCR): la PCR è uno dei biomarcatori più ampiamente utilizzati per monitorare l’attività delle IBD grazie al suo basso costo, alla facilità di analisi e ai protocolli consolidati. È un reagente di fase acuta prodotto dagli epatociti in risposta alle citochine pro-infiammatorie. Tuttavia, il suo valore diagnostico è limitato dalla mancanza di specificità, poiché gli aumenti possono essere causati anche da molte altre condizioni infiammatorie.

Lattoferrina: la lattoferrina è una glicoproteina legante il ferro presente anche nei granuli dei neutrofili con proprietà antimicrobiche. È stato riportato che la lattoferrina positiva era correlata all’infiammazione istologica e alla proteina C-reattiva ed era presente nel 92% dei pazienti con CD e nell’83,3% dei pazienti con CU con infiammazione intestinale

Calprotectina. Questa proteina cellulare è stata introdotta come biomarker per l’IBD circa 10 anni fa. Una calprotectina fecale in aumento può predire un’imminente ricaduta clinica dell’IBD, consentendo un rapido inizio del trattamento. È considerata tra le più sensibili e accurate per la diagnosi e la prognosi.

Vitamina D: la carenza di vitamina D è prevalente nei pazienti con IBD ed è associata a un rischio aumentato di recidiva della malattia, ricoveri ospedalieri e interventi chirurgici. Il suo ruolo di modulatore immunitario suggerisce un potenziale terapeutico, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per determinare i livelli di integrazione ottimali e i benefici terapeutici.

Piastrine: le piastrine, spesso trascurate nelle valutazioni delle IBD, svolgono un ruolo attivo nei processi infiammatori. La trombocitosi reattiva, un fenomeno consolidato nell’infiammazione, è stata osservata nei pazienti con IBD, con piastrine che mostrano una maggiore sensibilità all’attivazione anche nella malattia clinicamente silente. I cambiamenti piastrinici possono essere correlati alla recidiva della malattia nell’ULC.

Nuovi biomarkers in arrivo

Mutazioni NOD2: l’analisi genetica per le mutazioni NOD2 può essere predittiva della malattia fibrostenotica nel CD, sebbene non sia specifica per la risposta al trattamento.

Oncostatina M: livelli elevati di oncostatina M potrebbero predire il rischio di sviluppo di IBD e potenzialmente di mancata risposta al vedolizumab o ai corticosteroidi.

Molecola di adesione cellulare dell’addressina mucosale-1 (MAdCAM-1): livelli elevati di MAdCAM-1 sono stati associati all’infiammazione e possono predire la risposta al vedolizumab, un anticorpo monoclonale utilizzato nel trattamento delle malattie infiammatorie intestinali.

Anti-integrina αvβ6: i livelli ematici di anti-integrina αvβ6 sono utili per diagnosticare e predire la gravità della malattia nella CU, sebbene non prevedano specificamente la risposta al trattamento.

Altri biomarcatori fecali sono in fase di studio. Questi includono altre proteine ​​espresse nel citoplasma dei neutrofili (globuli bianchi), come lattoferrina, S100A12, elastasi neutrofila e M2-PK, che è un isoforma della piruvato chinasi espressa dalle cellule in rapida divisione.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Calafat M et al. Inflamm Bowel Dis. 2015; 21:1072.

Kok L, Elias SG et al.Clin Chem. 2012; 58:989–998.

Von Roon A et al.  Am J Gastroenterol. 2007; 102:803.

Roseth A et al. Digestion. 1997; 58:276–180.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
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Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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