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Farmaci per l’ADHD ad alte dosi e rischio di psicosi: nuove evidenze e implicazioni

I farmaci psicostimolanti, come il metilfenidato e le anfetamine, sono ampiamente utilizzati per il trattamento del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD). Questi farmaci agiscono sul sistema dopaminergico, migliorando la concentrazione e riducendo l’impulsività nei pazienti con ADHD. Tuttavia, l’uso di alte dosi di farmaci per l’ADHD ha sollevato preoccupazioni per i potenziali effetti collaterali a lungo termine, tra cui il rischio di psicosi. I farmaci più comuni utilizzati per il trattamento dell’ADHD includono due principali categorie: psicostimolanti e non psicostimolanti. I primi includono il metilfenidato (Ritalin) e le anfetamine (Adderall), mentre i non psicostimolanti includono farmaci come l’atomoxetina. Gli psicostimolanti aumentano la disponibilità di dopamina e noradrenalina nel cervello, due neurotrasmettitori chiave coinvolti nella regolazione dell’attenzione, dell’umore e della motivazione.

Il metilfenidato agisce bloccando i trasportatori della dopamina e della noradrenalina, aumentando così la concentrazione di questi neurotrasmettitori nella sinapsi. Le anfetamine, invece, agiscono sia inibendo il reuptake dei neurotrasmettitori sia stimolando il rilascio di dopamina e noradrenalina. Entrambi i farmaci sono efficaci nel migliorare i sintomi dell’ADHD, ma il loro uso è associato a effetti collaterali come l’insonnia, l’ansia e, in alcuni casi, la psicosi. La psicosi è una condizione caratterizzata da una perdita di contatto con la realtà, che può manifestarsi attraverso allucinazioni, deliri, paranoia e disorganizzazione del pensiero. È noto che l’uso prolungato e l’abuso di psicostimolanti, specie a dosi elevate, può scatenare sintomi psicotici. Questo fenomeno è stato documentato sia nei pazienti ADHD che in individui senza precedenti disturbi psichiatrici.

Il legame tra psicostimolanti e psicosi sembra derivare dall’aumento eccessivo della dopamina nelle aree cerebrali coinvolte nella percezione e nella regolazione emotiva, come lo striato e la corteccia prefrontale. Gli alti livelli di dopamina sono stati associati allo sviluppo di sintomi psicotici, secondo la ben consolidata ipotesi dopaminergica della schizofrenia. Un nuovo studio pubblicato di recente ha evidenziato che l’uso di alte dosi di farmaci per l’ADHD è associato a un rischio maggiore dell’81% di sviluppare episodi psicotici, in particolare nei giovani adulti e negli adolescenti. La ricerca, pubblicata su The New England Journal of Medicine ha esaminato la relazione tra l’uso di alte dosi di farmaci per l’ADHD e il rischio di sviluppare psicosi.

Lo studio ha coinvolto oltre 300.000 pazienti adolescenti e giovani adulti trattati con psicostimolanti per l’ADHD. I ricercatori hanno confrontato i pazienti trattati con dosi elevate di metilfenidato o anfetamine con quelli che assumevano dosi standard o moderate. I risultati hanno mostrato che l’uso di alte dosi di farmaci per l’ADHD era associato a un aumento del rischio di psicosi dell’81% rispetto a coloro che assumevano dosi moderate. Questo rischio era particolarmente elevato nei primi sei mesi di trattamento e nei pazienti con una storia familiare di disturbi psicotici.I sintomi psicotici osservati nei partecipanti includevano allucinazioni visive e uditive, deliri di persecuzione e alterata percezione della realtà. La maggior parte dei pazienti ha sperimentato episodi psicotici transitori, che si sono risolti dopo la sospensione o la riduzione del dosaggio del farmaco.

Tuttavia, in alcuni casi, i sintomi psicotici sono persistiti, suggerendo un possibile innesco di un disturbo psicotico sottostante. Il meccanismo attraverso cui le alte dosi di psicostimolanti aumentano il rischio di psicosi sembra essere correlato all’eccessiva stimolazione del sistema dopaminergico. Gli psicostimolanti aumentano la concentrazione di dopamina nelle sinapsi, il che, in condizioni normali, migliora l’attenzione e la funzione cognitiva. Tuttavia, l’aumento eccessivo della dopamina nelle regioni cerebrali legate alla regolazione emotiva e alla percezione sensoriale, come il sistema mesolimbico, può portare allo sviluppo di sintomi psicotici.Numerosi studi precedenti hanno evidenziato un rischio aumentato di psicosi associato all’uso di farmaci per l’ADHD, ma il nuovo studio si distingue per la dimensione del campione e la chiarezza dei risultati.

Uno studio del 2019 pubblicato su JAMA Psychiatry ha rilevato un aumento del rischio di psicosi con l’uso di anfetamine rispetto al metilfenidato, suggerendo che le anfetamine potrebbero essere più potenti nel promuovere questo effetto avverso. I non psicostimolanti, come l’atomoxetina, che agiscono attraverso la regolazione della noradrenalina, sono generalmente considerati più sicuri in termini di rischio di psicosi, sebbene anch’essi possano avere effetti collaterali psicologici. Le nuove evidenze sul rischio di psicosi associato alle alte dosi di farmaci per l’ADHD hanno implicazioni importanti per la gestione del disturbo, soprattutto nei giovani adulti e negli adolescenti. Sebbene i farmaci stimolanti siano estremamente efficaci nel controllare i sintomi dell’ADHD, i medici dovrebbero considerare attentamente i rischi potenziali.

Prima di prescrivere dosi elevate di farmaci per l’ADHD, è essenziale che i medici valutino il rischio di psicosi del paziente, prendendo in considerazione fattori come la storia familiare di disturbi psicotici e l’uso concomitante di altri farmaci psicoattivi. I pazienti trattati con alte dosi di psicostimolanti dovrebbero essere monitorati regolarmente per eventuali sintomi psicotici. Segnali di allerta includono cambiamenti nell’umore, paranoie, deliri e allucinazioni. In pazienti ad alto rischio di psicosi, i medici dovrebbero considerare l’uso di alternative terapeutiche come i non psicostimolanti (atomoxetina) o altre terapie comportamentali. Nei pazienti che sviluppano sintomi psicotici, la riduzione del dosaggio o la sospensione del farmaco psicostimolante può essere sufficiente a risolvere i sintomi. Tuttavia, alcuni pazienti potrebbero richiedere un trattamento aggiuntivo con antipsicotici. Con una gestione clinica appropriata, è possibile ridurre il rischio di effetti avversi e migliorare i risultati a lungo termine per i pazienti con ADHD.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Ginsberg L et al. (2022). Lancet Psychiatry, 9(2), 130-142.

Cortese, S., et al. (2020). J Child Psychol Psych. 61(2), 139-150.

Harrison J, McGough JJ. (2019). JAMA Psychiatry, 76(12), 1239.

Moran LV et al. (2019). New Engl J Medicine, 380(12), 1128-38.

Swanson JM, Volkow ND. (2013). CNS Drugs, 27(7), 527-542.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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