Le microplastiche, minuscole particelle di plastica con dimensioni inferiori a 5 millimetri, sono diventate un’importante preoccupazione ambientale e sanitaria negli ultimi anni. Recentemente, un gruppo di scienziati ha fatto una scoperta sorprendente: tracce di microplastiche sono state rilevate nei bulbi olfattivi del cervello umano. Questa scoperta apre nuove domande su come queste particelle entrino nel cervello e su quali potrebbero essere i loro effetti a lungo termine sulla salute umana, in particolare sul sistema nervoso. Lo studio, condotto da un team internazionale di ricercatori, ha esaminato campioni cerebrali prelevati post-mortem da diversi individui e ha trovato per la prima volta particelle di microplastica all’interno dei bulbi olfattivi del cervello.
Il bulbo olfattivo è una regione critica del cervello situata nella parte anteriore, responsabile dell’elaborazione degli odori e strettamente collegata ad altre funzioni cerebrali, tra cui la memoria e l’emozione (Gu et al., 2014). L’ipotesi è che le microplastiche possano entrare nel corpo umano attraverso l’aria che respiriamo, passando poi attraverso la cavità nasale e raggiungendo il sistema nervoso centrale tramite il nervo olfattivo, che collega il naso al bulbo olfattivo. Questa scoperta solleva serie preoccupazioni, poiché suggerisce che le microplastiche possono bypassare la barriera ematoencefalica, la principale difesa del cervello contro sostanze tossiche e agenti estranei.
Come le microplastiche entrano nel cervello
Le microplastiche sono ampiamente presenti nell’ambiente, dall’aria che respiriamo agli alimenti che consumiamo. Uno studio del 2019 ha stimato che l’uomo medio ingerisce e inala tra le 74.000 e le 121.000 particelle di microplastica all’anno (Cox et al., 2019). Tuttavia, finora non era chiaro fino a che punto queste particelle potessero penetrare nei tessuti umani e, in particolare, nel cervello. Secondo i ricercatori, le microplastiche inalate attraverso il naso possono essere trasportate dal nervo olfattivo direttamente al bulbo olfattivo, aggirando la barriera ematoencefalica. Questo percorso è già noto per essere una via d’ingresso per altre sostanze tossiche, come molte sostanze chimiche presenti nell’aria. La scoperta che le microplastiche possono seguire un percorso simile rappresenta un nuovo e potenziale rischio per la salute (Prüst et al., 2020).
Il potenziale impatto delle microplastiche sul cervello umano è ancora in fase di studio, ma le prime ricerche su modelli animali e su colture cellulari suggeriscono che potrebbero causare danni significativi. Le microplastiche sono spesso contaminate da additivi chimici tossici, come i ftalati e i bisfenoli, che sono noti per essere interferenti endocrini e neurotossici. Queste sostanze chimiche possono contribuire allo stress ossidativo, all’infiammazione e al danno cellulare, tutti fattori collegati a malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson (Wright & Kelly, 2017). Inoltre, le particelle di microplastica possono indurre risposte infiammatorie nel cervello, simili a quelle osservate quando particelle inquinanti come il PM2.5 penetrano nei tessuti cerebrali. L’infiammazione cronica è un fattore chiave nello sviluppo di molte malattie neurodegenerative, e l’accumulo di microplastiche nel cervello potrebbe contribuire a questo processo (Wright et al., 2020).
Implicazioni per la salute pubblica
La scoperta di microplastiche nel cervello umano è un segnale di allarme per la comunità scientifica e per le agenzie di salute pubblica. Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno gli effetti a lungo termine delle microplastiche sul sistema nervoso umano, è chiaro che l’esposizione continua a queste particelle rappresenta un rischio emergente. Questa scoperta evidenzia la necessità di ridurre l’esposizione umana alle microplastiche. Ciò include misure per limitare l’inquinamento da plastica nell’ambiente, migliorare le tecnologie di filtraggio dell’aria e dell’acqua, e sensibilizzare il pubblico sull’uso quotidiano della plastica.
Ridurre la produzione e l’uso di plastiche monouso è essenziale per mitigare il rischio di contaminazione ambientale e proteggere la salute pubblica. Le microplastiche non solo sono presenti nell’ambiente e negli alimenti che consumiamo, ma ora sappiamo che possono penetrare nel cervello e potenzialmente influenzare le funzioni neurologiche. Sono necessari ulteriori studi per comprendere meglio l’entità di questo problema e sviluppare strategie per proteggere la popolazione dall’esposizione a queste particelle invisibili ma potenzialmente pericolose.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Wright SL, Ulke J et al. (2020). Envir Internat. 136, 105411.
Prüst, M et al. (2020). Particle Fibre Toxicol. 17(1), 1-16.
Cox KD et al. (2019). Envir Sci Technol. 53(12), 7068-74.
Wright SL, Kelly FJ. (2017). Envir Sci Technol. 51(12), 6634.
Gu Y, Zheng G, Fan G. (2014). J Neurosci. 34(20), 6722-31.