sabato, Dicembre 21, 2024

Microbiota urinario: il regolatore della formazione dei calcoli renali e possibilmente di altre condizioni

I ricercatori della Cleveland Clinic hanno trovato la prova...

Serotonina “bilocata”: gli effetti degli antidepressivi partono dall’intestino ancora prima che dal cervello

Un nuovo studio sugli animali suggerisce che indirizzare i...

5-fluorouracile: l’antitumorale decennale che spesso non funziona, non per negligenza ma per carenza di conoscenza

Dagli anni ’50, un farmaco chemioterapico noto come 5-fluorouracile è stato utilizzato per trattare molti tipi di cancro. I medici credono da tempo che questo farmaco agisca danneggiando i mattoni del DNA. Tuttavia, un nuovo studio del MIT ha scoperto che nei tumori del colon e in altri tumori gastrointestinali, in realtà uccide le cellule interferendo con la sintesi dell’RNA. Lo studio rivela che il farmaco, il 5-fluorouracile, agisce in modo diverso nei diversi tipi di cancro, una scoperta che potrebbe aiutare i ricercatori a progettare migliori combinazioni di farmaci. I risultati potrebbero avere un effetto significativo sul modo in cui i medici trattano molti pazienti oncologici. Di solito, il 5-fluorouracile viene somministrato in combinazione con farmaci chemioterapici che danneggiano il DNA, ma il nuovo studio ha scoperto che per il cancro del colon, questa combinazione non ottiene gli effetti sinergici sperati. Invece, la combinazione del 5-FU con farmaci che influenzano la sintesi dell’RNA potrebbe renderlo più efficace nei pazienti con tumori gastrointestinali, affermano i ricercatori.

I medici usano il 5-fluorouracile (5-FU) come farmaco di prima linea per i tumori del colon, del retto e del pancreas. Di solito viene somministrato in combinazione con oxaliplatino o irinotecan, che danneggiano il DNA il primo in modo diretto, il secondo in modo indiretto. Si pensava che la combinazione fosse efficace perché il 5-FU può interrompere la sintesi dei nucleotidi del DNA. Senza questi elementi costitutivi, le cellule con DNA danneggiato non sarebbero in grado di riparare efficacemente il danno e andrebbero incontro a morte cellulare. Il laboratorio di Yaffe voleva esplorare ulteriormente i meccanismi alla base di come queste combinazioni di farmaci uccidono preferibilmente le cellule tumorali. I ricercatori hanno iniziato testando il 5-FU in combinazione con oxaliplatino o irinotecan nelle cellule tumorali del colon in vitro. Con loro sorpresa, hanno scoperto che non solo i farmaci non erano sinergici, ma in molti casi erano meno efficaci nell’uccidere le cellule tumorali di quanto ci si aspetterebbe semplicemente sommando gli effetti del 5-FU o del farmaco che danneggia il DNA somministrato da solo.

Ci si sarebbe aspettati che queste combinazioni causassero la morte sinergica delle cellule cancerose perché si prendono di mira due aspetti diversi di un processo condiviso: la rottura del DNA e la produzione di nucleotidi. Esaminando una dozzina di linee cellulari di cancro al colon, i ricercatori hanno capito che non solo i farmaci non erano sinergici, ma nella maggior parte dei casi erano antagonisti. Un farmaco sembrava annullare ciò che stava facendo l’altro farmaco. I ricercatori hanno quindi collaborato con Adam Palmer, professore associato di farmacologia presso l’Università della Carolina del Nord, specializzato nell’analisi dei dati provenienti da sperimentazioni cliniche. Il gruppo di ricerca di Palmer ha esaminato i dati dei pazienti con cancro al colon che avevano assunto uno o più di questi farmaci e ha dimostrato che i farmaci non mostravano effetti sinergici sulla sopravvivenza nella maggior parte dei pazienti. Ciò ha confermato che quando si somministrano queste combinazioni alle persone, non è generalmente vero che i farmaci lavorino effettivamente insieme in modo benefico all’interno di un singolo paziente.

 Questi risultati hanno portato i ricercatori a chiedersi come funzionasse il 5-FU, se non interrompendo la riparazione del DNA. Studi su cellule di lievito e mammiferi hanno dimostrato che il farmaco viene anche incorporato nei nucleotidi dell’RNA, ma c’è stata una disputa su quanto questo danno all’RNA contribuisca agli effetti tossici del farmaco sulle cellule tumorali. All’interno delle cellule, il 5-FU viene scomposto in due diversi metaboliti. Uno di questi viene incorporato nei nucleotidi del DNA e l’altro nei nucleotidi dell’RNA. Negli studi sulle cellule del cancro del colon, i ricercatori hanno scoperto che il metabolita che interferisce con l’RNA era molto più efficace nell’uccidere le cellule del cancro del colon rispetto a quello che interrompe il DNA. Quel danno all’RNA sembra colpire principalmente l’RNA ribosomiale (parte integrante del ribosoma, responsabile della sintesi proteica). Se le cellule non riescono a formare nuovi ribosomi, non possono produrre abbastanza proteine ​​per funzionare.

Inoltre, la mancanza di RNA ribosomiale non danneggiato fa sì che le cellule distruggano un ampio set di proteine ​​che normalmente legano l’RNA per creare nuovi ribosomi funzionali. I ricercatori stanno ora esplorando come questo danno all’RNA ribosomiale porti le cellule alla morte cellulare programmata, o apoptosi. Ipotizzano che il rilevamento degli RNA danneggiati all’interno dei lisosomi in qualche modo inneschi un segnale apoptotico. I risultati suggeriscono che i farmaci che stimolano la produzione di ribosomi potrebbero lavorare insieme al 5-FU per creare una combinazione altamente sinergica. Nel loro studio, i ricercatori hanno dimostrato che una molecola che inibisce KDM2A, un soppressore della produzione di ribosomi, ha contribuito ad aumentare il tasso di morte cellulare nelle cellule del cancro del colon trattate con 5-FU. I risultati suggeriscono anche una possibile spiegazione del motivo per cui la combinazione di 5-FU con un farmaco che danneggia il DNA spesso rende entrambi i farmaci meno efficaci.

Alcuni farmaci che danneggiano il DNA inviano un segnale alla cellula per smettere di produrre nuovi ribosomi, il che annullerebbe l’effetto del 5-FU sull’RNA. Un approccio migliore potrebbe essere quello di somministrare ogni farmaco a distanza di alcuni giorni, il che darebbe ai pazienti i potenziali benefici di ogni farmaco, senza che si annullino a vicenda. I ricercatori sperano anche che il loro lavoro possa portare all’identificazione di biomarkers che predicono quali tumori dei pazienti saranno più suscettibili alle combinazioni di farmaci che includono 5-FU. Uno di questi biomarker potrebbe essere l’RNA polimerasi I (POLR1A), che è attiva quando le cellule producono molto RNA ribosomiale. Per saperne di più al riguardo, i ricercatori hanno quindi analizzato l’espressione del gene POLR1A, nei campioni del Cancer Genome Atlas (TCGA), per i quali erano disponibili sia dati tumorali che dati sui tessuti normali adiacenti.

Ciò ha rivelato che i tipi di tumore in cui il 5-FU è attualmente un componente della terapia di prima linea generalmente mostravano sia un’espressione elevata di POLR1A rispetto ad altri tipi di tumore, sia un’espressione aumentata s di POLR1A all’interno del tumore rispetto alla controparte del tessuto normale. Questa sovra-regolazione di POLR1A specifica del tumore non è stata osservata nei tipi di tumore in cui il 5-FU non ha alcuna utilità clinica. In particolare, sia nei tumori renali che in quelli tiroidei, l’espressione del gene POLR1A è in realtà inferiore nelle cellule tumorali rispetto al tessuto normale non canceroso. Il Dr. Michael Yaffe, direttore del MIT Center for Precision Cancer Medicine e autore principale del nuovo studio, spera di pianificare sperimentazioni cliniche del 5-fluorouracile con farmaci che ne potenzino gli effetti dannosi per l’RNA e uccidano le cellule tumorali in modo più efficace.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Chen JK, Merrick KA et al. Cell Rep Med. 2024 Oct 3:101778.

Reuvers TGA. Kanaar R. Nonnekens J. Cancers. 2020; 12:2098.

Pritchard JR et al. Drug Resist Updates. 2012; 15:249-257.

Heidelberger C, Chaudhuri NK et al. Nature 1957; 179:663-666.

Latest

Newsletter

Don't miss

Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

Caregivers ed ansia: per chi si occupa di pazienti diabetici, non è indifferente

Il diabete mellito è un gruppo di malattie metaboliche in cui l'iperglicemia deriva da una secrezione di insulina difettosa o dall'azione dell'insulina o da...

Acidi biliari: se non fanno il loro lavoro, spunta il Crohn

Il nostro sistema immunitario ci protegge da numerosi microbi patogeni e tossine nell'ambiente. Il sistema comprende l'immunità innata (non specifica) e adattativa (acquisita). Quando...

Virus oncolitici: i “bunker-busters” della terapia antitumorale futura

Con il mondo ancora in preda alla pandemia, è difficile immaginare i virus come qualcosa di diverso dai nemici ostili da sconfiggere. Con un...