I farmaci modificanti il decorso della malattia (Disease-Modifying Antirheumatic Drugs; DMARDs) sono una classe di farmaci utilizzati principalmente nelle malattie autoimmuni e reumatologiche per modificare il decorso della malattia e rallentare la progressione del danno tissutale, migliorando la qualità della vita e riducendo i sintomi. I DMARDs comprendono farmaci convenzionali sintetici, DMARDs mirati sintetici e DMARDs biologici. Questi farmaci agiscono su diverse vie immunologiche per ridurre l’infiammazione e modulare la risposta immunitaria aberrante. Sono farmaci sintetici tradizionali, usati da decenni nel trattamento delle malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide (ARE), il lupus eritematoso sistemico (LES) e la psoriasi.
A. Metotrexato (MTX)
Il metotrexato (MTX) è uno dei farmaci modificanti la malattia (DMARDs) più utilizzati e studiati, specialmente nelle malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide (AR), la psoriasi e alcune forme di vasculiti. Originariamente sviluppato come agente chemioterapico per trattare il cancro, a dosi più basse il metotrexato esercita effetti antinfiammatori e immunosoppressivi, modulando il sistema immunitario attraverso molteplici vie molecolari. Il metotrexato è un antagonista dell’acido folico che inibisce l’enzima diidro-folato reduttasi (DHFR), limitando la sintesi del DNA nelle cellule in rapida divisione, come quelle del sistema immunitario o del midollo osseo. L’inibizione della DHFR riduce la disponibilità di nucleotidi necessari per la sintesi del DNA e dell’RNA, limitando la proliferazione delle cellule in rapida divisione, incluse le cellule immunitarie.
Il blocco della sintesi del DNA porta alla riduzione della proliferazione dei linfociti T e B, cellule chiave nella risposta immunitaria, contribuendo all’azione immunosoppressiva e antinfiammatoria del metotrexato. Uno dei meccanismi antinfiammatori più importanti del metotrexato è l’induzione dell’accumulo di adenosina, un nucleoside con potenti effetti anti-infiammatori. Il metotrexato promuove l’accumulo di adenosina attraverso la inibizione dell’enzima AICAR trasformilasi e l’accumulo di AICAR (aminoimidazolo carboxamide ribonucleotide), che blocca la degradazione dell’AMP a inosina. L’adenosina si lega ai suoi recettori (A2aR e A3R) sulle cellule immunitarie, inibendo la produzione di citochine pro-infiammatorie come IL-6, IL-1β e TNF-α e riducendo l’attività dei neutrofili e dei macrofagi.
Il metotrexato influisce anche sulla funzione dei neutrofili e dei macrofagi, che sono cellule del sistema immunitario innato coinvolte nella risposta infiammatoria. L’accumulo di adenosina inibisce l’attività dei neutrofili e riduce la loro capacità di migrare verso i siti infiammatori, limitando il rilascio di enzimi che danneggiano i tessuti. La riduzione delle citochine pro-infiammatorie inibisce l’attività dei macrofagi, limitando la produzione di TNF-α, IL-1 ed IL-8 che promuovono l’infiammazione. Il metotrexato sembra promuovere l’attività delle cellule T regolatorie (Tregs), che aiutano a mantenere la tolleranza immunitaria e a prevenire l’autoimmunità . Infine, inibisce l’attività delle cellule Th1 e Th17, due sottotipi di cellule T coinvolte nella promozione dell’infiammazione e della patogenesi dell’artrite reumatoide e di altre malattie autoimmuni.
B. Leflunomide
Il leflunomide è un profarmaco che, una volta assunto, viene metabolizzato nel fegato nella sua forma attiva chiamata teriflunomide. La teriflunomide inibisce l’enzima diidroorotato deidrogenasi (DHODH), cruciale per la sintesi delle pirimidine, fondamentali per la proliferazione delle cellule in rapida divisione, come i linfociti T attivati. Questa inibizione rappresenta il principale meccanismo con cui il leflunomide esercita i suoi effetti immunosoppressivi. La DHODH è un enzima mitocondriale coinvolto nella sintesi delle pirimidine, necessario per la produzione di uridina monofosfato (UMP), precursore per la sintesi di DNA e RNA. Bloccando la DHODH, il leflunomide limita la sintesi di nucleotidi nelle cellule in rapida divisione, come i linfociti T e B attivati. La carenza di pirimidine rallenta quindi la proliferazione di queste cellule, attenuando la risposta immunitaria.
Poiché i linfociti T attivati richiedono elevate quantità di pirimidine per proliferare, l’inibizione della DHODH colpisce in modo selettivo le cellule T attivate, riducendo la produzione di citochine pro-infiammatorie e la loro capacità di danneggiare i tessuti. Oltre a inibire la sintesi delle pirimidine, la teriflunomide modula diverse vie di segnalazione intracellulare che regolano la risposta immunitaria. Per iniziare, inibisce la via del fattore nucleare κB (NF-κB), che è una delle principali vie pro-infiammatorie. La via NF-κB regola l’espressione di numerose citochine, chemochine e molecole di adesione coinvolte nell’infiammazione. Bloccando questa via, il leflunomide riduce l’espressione di citochine infiammatorie come IL-1, IL-6 e TNF-α. La teriflunomide interferisce anche con l’attività delle tirosina-chinasi, enzimi coinvolti nella trasduzione del segnale cellulare per la proliferazione e l’attivazione delle cellule immunitarie. Inibendo queste chinasi, il leflunomide limita ulteriormente la crescita e l’attivazione dei linfociti T.
La riduzione della via NF-κB nei macrofagi limita la produzione di citochine pro-infiammatorie come IL-1 e IL-6, che promuovono l’infiammazione sistemica. Riducendo l’espressione di chemochine e molecole di adesione, il leflunomide diminuisce il reclutamento dei neutrofili e dei macrofagi nei tessuti infiammati. Gli effetti immunosoppressivi del leflunomide sono complessi e coinvolgono vari tipi di cellule e meccanismi molecolari, tutti finalizzati a ridurre l’infiammazione e la risposta autoimmune. Bloccando la proliferazione delle cellule T, il leflunomide riduce anche la produzione di citochine infiammatorie come IL-2, TNF-α e interferone gamma (IFN-γ), che promuovono l’infiammazione e il danno tissutale. Il leflunomide riduce la differenziazione delle cellule T helper pro-infiammatorie (Th1 e Th17), che sono importanti per l’attivazione di altre cellule immunitarie. Inibendo questi sottotipi di cellule T, il farmaco riduce l’infiammazione e rallenta la progressione della malattia autoimmune.
C. Sulfasalazina
La sulfasalazina è un DMARD utilizzato per trattare diverse malattie infiammatorie e autoimmuni, in particolare l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante e le malattie infiammatorie intestinali come la colite ulcerosa. è un profarmaco composto da 5-ASA legato alla sulfapiridina tramite un legame azoico. Questo legame viene scisso dai batteri presenti nel colon, rilasciando i due componenti attivi che esercitano effetti diversi. Il 5-ASA è un composto antinfiammatorio che agisce localmente, specialmente nel tratto gastrointestinale, dove inibisce la cicloossigenasi (COX) e la lipossigenasi (LOX), enzimi chiave nella sintesi delle prostaglandine e dei leucotrieni, mediatori dell’infiammazione. Riducendo la produzione di questi mediatori, il 5-ASA contribuisce a ridurre l’infiammazione locale. Il 5-ASA è anche un potente antiossidante, in grado di neutralizzare le specie reattive dell’ossigeno (ROS), che danneggiano i tessuti infiammati. Questo effetto è particolarmente importante nella colite ulcerosa, dove lo stress ossidativo contribuisce al danno della mucosa.
La sulfapiridina è assorbita nel flusso sanguigno e agisce come immunosoppressore sistemico, influenzando la risposta immunitaria sia localmente che sistemicamente. Essa agisce inibendo la sintesi del DNA e la proliferazione dei linfociti T e B, riducendo l’attività delle cellule immunitarie che partecipano alla risposta infiammatoria. La sulfapiridina inibisce la produzione di citochine pro-infiammatorie come il TNF-α, l’IL-1 e l’IL-6, citochine chiave nella patogenesi dell’infiammazione articolare e intestinale. Questo effetto modula la risposta immunitaria e aiuta a controllare i sintomi delle malattie autoimmuni. Riduce anche l’espressione di chemochine e molecole di adesione che favoriscono il reclutamento dei leucociti nei siti infiammatori, diminuendo così l’infiltrazione di cellule immunitarie e l’infiammazione. Gli effetti della sulfasalazina sul sistema immunitario derivano dalla combinazione delle azioni antinfiammatorie del 5-ASA e degli effetti immunosoppressori della sulfapiridina.
La combinazione di inibizione delle COX e LOX e della riduzione delle citochine pro-infiammatorie riduce l’attivazione e la proliferazione delle cellule immunitarie. Il 5-ASA e la sulfapiridina riducono l’attività dei macrofagi e dei neutrofili, cellule che rilasciano enzimi e ROS che danneggiano i tessuti. Questo contribuisce alla protezione dei tessuti articolari e della mucosa intestinale. Nei pazienti con artrite reumatoide e colite ulcerosa, la riduzione della risposta infiammatoria aiuta a prevenire il danno articolare e il deterioramento della mucosa intestinale. La sulfasalazina può inibire la via NF-κB, riducendo la sintesi di molecole citochine e chemochine, contribuendo a ridurre l’infiammazione cronica. La sulfapiridina ha un effetto immunosoppressivo diretto che limita la proliferazione dei linfociti T e B: riduce la proliferazione delle cellule T helper pro-infiammatorie (Th1 e Th17), che promuovono l’infiammazione nelle articolazioni e nell’intestino e limitando la proliferazione delle cellule B, la sulfasalazina riduce anche la produzione di autoanticorpi.
D. Idrossiclorochina
L’idrossiclorochina è un farmaco DMARD per trattare il lupus eritematoso sistemico (LES) e l’artrite reumatoide (ARE). L’idrossiclorochina, così come la sua stretta variante chimica clorochina, esercita effetti immunomodulatori e antinfiammatori, modulando il sistema immunitario attraverso vari meccanismi molecolari che coinvolgono l’inibizione della presentazione dell’antigene e la riduzione della produzione di citochine pro-infiammatorie. Uno dei principali meccanismi dell’idrossiclorochina è la modificazione del pH all’interno dei lisosomi e delle vescicole endocitiche delle cellule presentanti l’antigene, come i macrofagi e le cellule dendritiche. Essa si accumula nei lisosomi e nelle vescicole endosomiali delle cellule immunitarie, dove aumenta il pH, riducendo l’acidità normalmente necessaria per la scissione delle proteine in peptidi antigenici. Il pH alcalino ostacola l’elaborazione dell’antigene da parte delle cellule presentanti, impedendo la corretta presentazione del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di classe II ai linfociti T helper (CD4+).
Inibendo la presentazione dell’antigene e limitando la produzione di citochine pro-infiammatorie, l’idrossiclorochina riduce l’attività delle cellule T helper (CD4+), che altrimenti stimolerebbero l’attivazione e la produzione di autoanticorpi. Questo meccanismo riduce l’attivazione delle cellule T e limita la risposta autoimmune. Un secondo meccanismo è l’inibizione della via di segnalazione Toll-like Receptor (TLR). I recettori Toll-like sono molecole coinvolte nella risposta immunitaria innata, che riconoscono specifiche sequenze presenti nei patogeni e nelle molecole interne, come il DNA e l’RNA. L’idrossiclorochina blocca l’attivazione dei recettori TLR-7 e TLR-9, che riconoscono rispettivamente l’RNA e il DNA. Questi recettori, quando stimolati, promuovono la produzione di citochine pro-infiammatorie. La loro inibizione riduce la produzione di interferoni di tipo I (IFN-α e IFN-β), una classe di citochine cruciali nell’attivazione della risposta infiammatoria e nello sviluppo delle malattie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico.
Inibendo la via di segnalazione che coinvolge TLR e altre vie pro-infiammatorie, l’idrossiclorochina riduce la produzione di citochine come TNF-α, IL-1 e IL-6, limitando la risposta infiammatoria nei tessuti affetti. La diminuzione delle citochine e delle chemochine infiammatorie limita il reclutamento dei leucociti nei siti di infiammazione, contribuendo a ridurre l’infiltrazione dei tessuti da parte delle cellule immunitarie e proteggendo i tessuti sani dal danno immunitario. Riducendo l’attivazione dei linfociti B, l’idrossiclorochina limita la formazione di cellule B di memoria, che potrebbero perpetuare la risposta autoimmune. Alcuni studi suggeriscono che l’idrossiclorochina può promuovere l’attività delle cellule T regolatorie, che hanno un ruolo nella soppressione delle risposte autoimmuni e nel mantenimento della tolleranza immunitaria. Infine, l’idrossiclorochina ha proprietà antiossidanti che riducono il danno ossidativo associato all’infiammazione cronica. Questa azione protettiva è particolarmente importante nei pazienti con lupus, in cui lo stress ossidativo può aggravare il danno tissutale.
-
DMARDs Biologici (bDMARDs)
I DMARDs biologici (anticorpi monoclonali) sono proteine prodotte attraverso tecniche di ingegneria genetica e sono progettate per mirare specificamente a componenti del sistema immunitario coinvolti nella patogenesi delle malattie autoimmuni.
Inibitori del TNF-α
I farmaci anti-TNF-α bloccano il TNF-α, una citochina pro-infiammatoria chiave nell’infiammazione articolare e sistemica. Esempi ne sono etanercept, infliximab, adalimumab, golimumab, certolizumab, utilizzati per trattare artrite reumatoide, spondilite anchilosante, artrite psoriasica e psoriasi. Rischio di infezioni, reazioni da infusione e possibile sviluppo di anticorpi anti-farmaco che riducono l’efficacia sono fra gli effetti secondari più comuni.
Inibitori dell’Interleuchina-6 (IL-6)
Tocilizumab e sarilumab sono anticorpi monoclonali che bloccano l’interleuchina-6, una citochina infiammatoria che contribuisce alla distruzione articolare e all’infiammazione sistemica. Sono indicati elettivamente per artrite reumatoide e arterite temporale a cellule giganti (arterite di Horton). Sono generalmente ben tollerati rispetto adi DMARDs convenzionali, anche se nel tempo possono causare infezioni, problemi epatici e dislipidemia.
Inibitori dell’interleuchina-1 (IL-1)
Il primo ed attualmente utilizzato è Anakinra, che blocca l’IL-1, che è coinvolta nella risposta infiammatoria ed è utilizzato principalmente per artrite reumatoide e malattie auto-infiammatorie come la febbre mediterranea familiare.
Inibitori delle cellule B e T
Rituximab è un anticorpo monoclonale anti-CD20 che elimina le cellule B, diminuendo la produzione di autoanticorpi. Si usa nel trattamento di artrite reumatoide e alcune vasculiti. Oltre a possibile sviluppo di infezione, un curioso e abbastanza specifico effetto collaterale è la comparsa di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML). Abatacept, invece, inibisce l’attivazione delle cellule T legandosi alla proteina CD80/86 e impedendo la loro interazione con CD28 sulle cellule T. Trova indicazione per artrite reumatoide e artrite psoriasica.
- DMARDs mirati sintetici (tsDMARDs)
I DMARDs mirati sintetici sono farmaci più recenti, progettati per colpire specifiche vie intracellulari che regolano la risposta immunitaria e l’infiammazione. Sono generalmente inibitori di protein-chinasi costitutive di vie trasduttive che arrivano a stimolare fattori di trascrizione coinvolti nell’espressione di citochine, chemochine, recettori immunitari, molecole di adesione ed altri mediatori dell’infiammazione (es. metalloproteasi).
Inibitori delle Janus chinasi (JAK)
Questi farmaci bloccano le Janus chinasi (JAKs), enzimi intracellulari che trasmettono segnali di citochine e altri fattori di crescita necessari per la risposta immunitaria. I maggiori sono tofacitinib (Xeljanz), baricitinib (Olumiant) e upadacitinib (Rinvoq). L’indicazione principale è per rettocolite ulcerosa, artrite reumatoide e artrite psoriasica. Hanno effetti collaterali che vanno da rischi di infezioni alla trombosi venosa, fino al possibile rischio di neoplasie, in dipendenza dal tempo di utilizzo.
Inibitori della Spleen Tyrosine Kinase (SYK)
Anche se meno comuni, gli inibitori della Spleen Tyrosine Kinase (SYK) sono un’altra categoria di tsDMARDs che interferiscono con i segnali delle cellule B e dei recettori Fc. Fostamatinib (Tavlesse) è il primo inibitore SYK testato in uno studio clinico di fase I/II per il trattamento dei linfomi a cellule B e mostra un’azione terapeutica efficace, indicando che l’inibizione SYK potrebbe anche essere un nuovo approccio terapeutico nel trattamento del cancro. Altri inibitori SYK, come entospletinib e cerdulatinib, sono anche identificati come farmaci antitumorali efficaci in studi sia preclinici che clinici. Fostamatinib è l’unico della famiglia usato per trattare le autoimmunità , come la porpora trombopenica idiopatica o ITP. Il suo uso può comportare possibili infezioni, disturbi gastrointestinali e ipertensione. Altri inibitori SYK come lanraplenib e cevidoplenib sono attualmente oggetto di studio in sperimentazioni cliniche per una serie di indicazioni, tra cui malattie autoimmuni come la ITP, il lupus sistemico e l’anemia emolitica autoimmune calda (WAIHA).
-
Utilizzo clinico dei DMARDs nelle malattie autoimmuni
I DMARDs sono comunemente utilizzati in varie malattie autoimmuni per ridurre l’infiammazione, prevenire danni strutturali e migliorare la qualità della vita.
Artrite reumatoide
Il trattamento di prima linea generalmente è il metotrexato (Reumaflex) e l’idrossiclorochina (Plaquenil). In caso di risposta inadeguata ai DMARDs convenzionali, si ricorre a DMARDs biologici (come anti-TNF-α) o mirati (come il baricitinib).
Lupus eritematoso sistemico
Nel lupus sistemico, i DMARDs sono utilizzati per ridurre l’attività immunitaria e gestire l’infiammazione sistemica. L’idrossiclorochina (Plaquenil) rappresenta il trattamento standard per tutti i pazienti con lupus, grazie ai suoi effetti anti-infiammatori e immunomodulatori. Rituximab e altri inibitori specifici vengono utilizzati nei casi refrattari.
Spondilite anchilosante e artrite psoriasica
Queste condizioni spesso richiedono l’uso di DMARDs per ridurre l’infiammazione e migliorare la funzionalità articolare. Sulfasalazina (Salazopyrin) e metotrexato sono i farmaci di prima scelta. Etanercept e adalimumab sono comunemente impiegati nelle forme più severe. Secukinumab (Cosentyx) è un’alternativa negli individui che non rispondono agli anti-TNF.
Vasculiti autoimmuni
In malattie come la granulomatosi con poliangioite (GPA), i DMARDs vengono utilizzati per indurre la remissione. Ciclofosfamide (Cytoxan) e metotrexato sono utilizzati nelle fasi acute per ottenere il controllo della malattia. Il rituximab è utilizzato come alternativa o in combinazione con ciclofosfamide per il controllo dell’infiammazione. Utilizzato per trattare l’arterite a cellule giganti, il tocilizumab è particolarmente utile nei pazienti che richiedono un uso prolungato di corticosteroidi. Infliximab (Remicade) e Adalimumab (Humira) sono usati per alcune vasculiti refrattarie, come la vasculite associata alla malattia di Behçet.
Sindrome di Sjogren
L’idrossiclorochina (Plaquenil) può essere utilizzata per alleviare i sintomi della sindrome di Sjögren, una malattia autoimmune che colpisce le ghiandole salivari e lacrimali. Sebbene l’idrossiclorochina non abbia effetti specifici sulla produzione di saliva o lacrime, può ridurre i sintomi sistemici, come la fatica e il dolore articolare, associati alla sindrome di Sjögren. Le terapie biologiche sono utilizzate nei pazienti con sindrome di Sjögren resistente ai trattamenti convenzionali e che presentano sintomi sistemici significativi. Belimumab (Benlysta) è un anticorpo che inibisce la proteina BAFF, fondamentale per la sopravvivenza delle cellule B ed è in fase di studio per il trattamento di questa sindrome.
Sclerosi multipla
Il metotrexato è utilizzato nella gestione della sclerosi multipla come terapia adiuvante per le forme progressive di SM, specialmente in pazienti che non rispondono ad altri trattamenti. Alcuni studi hanno mostrato che il metotrexato può ridurre la progressione della disabilità nei pazienti con forme progressive di SM. Tuttavia, è meno efficace nelle forme recidivanti-remittenti della malattia. Utilizzata per la SM recidivante-remittente, la teriflunomide (Aubagio) è una delle opzioni orali per i pazienti con SM di forma lieve-moderata. Le terapie biologiche sono usate per trattare le forme recidivanti-remittenti e progressive di sclerosi multipla, poiché mirano specificamente alle cellule o alle citochine coinvolte nell’infiammazione e nel danno neuronale. Ocrelizumab è uno dei trattamenti di prima linea per la SM primariamente progressiva e la SM recidivante-remittente. Rituximab è utilizzato per le forme aggressive di SM, soprattutto nelle forme recidivanti-remittenti e nei casi resistenti ad altre terapie.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Bibliografia scientifica
Tang S et al. Expert Opin Investig Drugs 2022; 31(3):291-303.
Hauser SL et al. (2020). New Engl J Medicine, 383(6), 546-557.
Cronstein BN et al. (2020). Nat Rev Rheumatol, 16(3), 145-154.
Takeuchi T et al. (2020). Nat Rev Drug Discovery, 19(1), 1-15.
Smolen JS et al. (2016). The Lancet, 388(10055), 2023-2038.
Buch MH, Smolen JS. (2014). Rheum Dis Clinics, 40(4), 561-80.
McInnes IB, Schett G. (2011). New Engl J Med, 365(23), 2205.
Van Vollenhoven RF. (2009). Nat Rev Rheumatol, 5(10), 531-41.
Wessels JA, Huizinga T et al. (2008). Rheumatology, 47(3), 249.
Costedoat-Chalumeau N et al. Ann Rheum Dis, 65(4), 526-529.
Fox RI, Herrmann ML. (2002). J Rheumatol. (Suppl), 65, 20-26.
Breedveld FC, Dayer JM. (2000). Ann Rheum Dis, 59(11), 841.
Anton C et al. (1999). Arthritis Rheumatism, 42(10), 2220-2222.
Smedegard G, Björk J. (1995). Brit J Rheumatol, 34(7), 607-615.
Das KM, Dubin R. (1994). Gastroenterology, 106(5), 1453-1461.