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Tutto quello che c’è da sapere sulla morfina: dagli usi, agli effetti collaterali ed al trattamento della dipendenza

Contesto storico

La morfina è uno degli analgesici più potenti e ampiamente utilizzati nella medicina moderna per il trattamento del dolore da moderato a grave. Estratta dall’oppio, la morfina è un oppioide naturale che ha rivoluzionato la gestione del dolore sin dalla sua scoperta nel XIX secolo. Tuttavia, nonostante i suoi benefici terapeutici, l’uso a lungo termine della morfina può portare a tolleranza, dipendenza e abuso, sollevando importanti questioni etiche e cliniche. La morfina prende il nome da Morfeo, il dio del sonno nella mitologia greca, in riferimento agli effetti sedativi e analgesici della sostanza. Fu isolata per la prima volta dal chimico tedesco Friedrich Sertürner nel 1804, segnando una svolta importante nella farmacologia. Prima della scoperta della morfina, l’oppio era utilizzato nella sua forma grezza, ma la sua purificazione ha consentito di ottenere un composto molto più potente e specifico per il trattamento del dolore. La morfina era ampiamente utilizzata durante le guerre del XIX e XX secolo per trattare il dolore dei soldati feriti. Tuttavia, il suo uso a lungo termine ha anche portato alla diffusione del “morfinismo”, un termine usato per descrivere la dipendenza che si sviluppa negli utilizzatori cronici della sostanza. Nonostante questi problemi, la morfina continua a essere uno dei farmaci più ampiamente utilizzati in ambito clinico, soprattutto nei pazienti con cancro e dolore post-operatorio.

Meccanismi d’azione della morfina

La morfina agisce legandosi ai recettori degli oppioidi nel sistema nervoso centrale (SNC) e nel sistema nervoso periferico. Questi recettori sono divisi in tre categorie principali: mu, delta e kappa, ma la morfina esercita i suoi principali effetti terapeutici sui recettori mu. Quando la morfina si lega a questi recettori, inibisce la trasmissione dei segnali del dolore attraverso i neuroni, bloccando l’invio di segnali del dolore al cervello e inducendo un potente effetto analgesico. Oltre alla sua azione analgesica, l’attivazione dei recettori mu nel cervello rilascia dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto nei meccanismi di ricompensa e piacere. Questo rilascio di dopamina è ciò che conferisce alla morfina il suo potenziale di dipendenza. Gli effetti della morfina includono anche sedazione, euforia e, in alcuni casi, riduzione della tosse, ma il suo effetto più significativo dal punto di vista medico rimane la capacità di alleviare il dolore intenso.

Usi terapeutici della morfina

La morfina è usata principalmente per gestire il dolore acuto e cronico in una varietà di contesti medici. Viene spesso somministrata a pazienti oncologici con dolore intenso, pazienti post-operatori e in situazioni di emergenza, come traumi gravi. Le indicazioni cliniche per la morfina includono:

  1. Dolore post-operatorio: la morfina viene comunemente somministrata dopo l’intervento chirurgico per gestire il dolore acuto. Può essere somministrata per via endovenosa, intramuscolare o sottocutanea e viene spesso utilizzata in combinazione con anestetici locali per migliorare il controllo del dolore.
  2. Dolore oncologico: il dolore cronico è uno dei sintomi più debilitanti dei pazienti oncologici. La morfina è uno degli oppioidi di prima linea nel trattamento del dolore oncologico, grazie alla sua capacità di ridurre significativamente la sofferenza nei pazienti con malattia avanzata.
  3. Infarto miocardico acuto: la morfina viene anche utilizzata nel trattamento del dolore toracico associato a infarto miocardico acuto. Oltre a ridurre il dolore, la morfina agisce dilatando i vasi sanguigni e riducendo il carico di lavoro sul cuore, migliorando così la prognosi del paziente.
  4. Cure palliative: la morfina è ampiamente utilizzata nelle cure palliative per migliorare la qualità della vita dei pazienti con malattie terminali. Oltre a ridurre il dolore, può alleviare la dispnea e altri sintomi che compromettono il benessere del paziente.

Effetti collaterali della morfina

Nonostante i suoi benefici terapeutici, la morfina ha una serie di effetti collaterali che devono essere attentamente monitorati. I più comuni includono:

  • Depressione respiratoria: la morfina riduce l’attività del centro respiratorio nel cervello, il che può portare a un pericoloso rallentamento della respirazione, soprattutto in caso di sovradosaggio.
  • Nausea e vomito: questi effetti collaterali sono comuni nei pazienti trattati con morfina, soprattutto nei primi giorni di trattamento.
  • Stitichezza: la morfina rallenta la motilità intestinale, causando spesso stitichezza cronica, un problema particolarmente significativo nei pazienti trattati a lungo termine.
  • Sedazione: la morfina ha un effetto sedativo, che può essere utile in alcune circostanze, ma che può compromettere la capacità di svolgere le attività quotidiane, come guidare o lavorare.

Tolleranza, dipendenza e sindrome da astinenza

Uno degli aspetti più preoccupanti dell’uso a lungo termine della morfina è lo sviluppo di tolleranza e dipendenza. La tolleranza si verifica quando, dopo un uso ripetuto, l’efficacia della morfina diminuisce, richiedendo dosi sempre maggiori per ottenere lo stesso effetto antidolorifico. La dipendenza fisica, d’altro canto, si verifica quando il corpo diventa dipendente dalla presenza di morfina per funzionare normalmente. Se l’uso viene interrotto bruscamente, si verifica l’astinenza. I sintomi dell’astinenza da morfina possono includere: irritabilità, ansia, insonnia, dolori muscolari, crampi addominali, sudorazione e brividi, nausea e vomito e diarrea. L’astinenza è estremamente spiacevole e spesso porta i pazienti a riprendere l’uso della sostanza, anche quando comprendono i rischi della dipendenza.

La crisi degli oppioidi oggi

Negli ultimi decenni, la dipendenza da oppioidi è diventata una crisi sanitaria globale. Negli Stati Uniti, in Canada e in alcune parti d’Europa in particolare, il numero di overdose da oppioidi ha raggiunto livelli allarmanti. Sebbene la morfina venga prescritta in modo controllato, il suo uso è stato strettamente collegato all’aumento della dipendenza da oppioidi. Questo fenomeno è spesso il risultato di una prescrizione prolungata per il trattamento del dolore cronico, che porta i pazienti a sviluppare dipendenza fisica e, in alcuni casi, a passare a oppioidi più potenti come l’eroina o il fentanil. Il problema deriva dall’ampia prescrizione di oppioidi per la gestione del dolore sia acuto che cronico, che ha portato a un aumento significativo della dipendenza da oppioidi, della tossicodipendenza e dei decessi per overdose.

La morfina e altri oppioidi, tra cui ossicodone, idrocodone e fentanil, alleviano il dolore, ma producono anche euforia, che può portare a abuso e dipendenza. Mentre gli oppioidi sono altamente efficaci per il sollievo dal dolore a breve termine, l’uso a lungo termine può portare a tolleranza (dove sono necessarie dosi più elevate per ottenere lo stesso effetto) e dipendenza (dove il corpo richiede il farmaco per funzionare normalmente). La dipendenza può svilupparsi anche quando gli oppioidi vengono assunti come prescritto, portando a una dipendenza fisica e psicologica dal farmaco. Le politiche per ridurre la prescrizione di oppioidi e promuovere approcci multimodali alla gestione del dolore stanno cercando di affrontare questa crisi. Tuttavia, la morfina rimane un farmaco essenziale nel trattamento del dolore grave e il suo uso deve essere attentamente bilanciato per evitare l’insorgenza di dipendenza.

Trattamenti per la dipendenza da morfina

Il trattamento della dipendenza da morfina e altri oppioidi richiede un approccio integrato che combini la terapia farmacologica con interventi psicologici. Tra i principali trattamenti per la dipendenza c’è la terapia sostitutiva degli oppioidi (OST). Farmaci come il metadone e la buprenorfina vengono utilizzati per ridurre i sintomi di astinenza e il desiderio di usare oppioidi. Questi farmaci agiscono sui recettori degli oppioidi in modo simile alla morfina, ma con meno effetti euforici e un rischio inferiore di overdose. Poi c’è il naltrexone, un antagonista del recettore degli oppioidi che blocca gli effetti euforici della morfina, riducendo così il rischio di ricaduta nei pazienti in fase di recupero. Infine, l’approccio psicoterapeutico con la terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Questo approccio psicoterapeutico aiuta i pazienti a identificare e modificare i pensieri e i comportamenti che portano all’uso di oppioidi. Questa terapia è spesso combinata con la terapia farmacologica per migliorare i risultati del trattamento.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Volkow ND et al. (2016). New Engl J Med, 374(13), 1253-1263.

Dunn KM et al. (2010). Annals Internal Med, 152(2), 85-92.

Ballantyne JC, LaForge KS. (2007). Pain, 129(3), 235-255.

Kosten TR, George TP. (2002). Sci Pract Perspect, 1(1), 13-20.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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