sabato, Dicembre 21, 2024

Microbiota urinario: il regolatore della formazione dei calcoli renali e possibilmente di altre condizioni

I ricercatori della Cleveland Clinic hanno trovato la prova...

Serotonina “bilocata”: gli effetti degli antidepressivi partono dall’intestino ancora prima che dal cervello

Un nuovo studio sugli animali suggerisce che indirizzare i...

Gli acidi polifenolici: strumenti naturali per la gestione delle malattie autoimmuni

Cos’è l’acido ferulico?

L’acido ferulico è un composto fenolico naturale appartenente alla famiglia degli acidi idrossi-cinnamici e si trova in una varietà di piante (massimo nei semi di lino), inclusi cereali (soprattutto riso, avena e grano), frutta (soprattutto arance, datteri e ananas), verdura (massimo in pomodori, carciofi e carote). È noto per le sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie e ha destato un crescente interesse nel campo della farmacologia per il suo potenziale terapeutico in varie patologie, soprattutto quelle infiammatorie. La struttura chimica dell’acido ferulico consente la neutralizzazione dei radicali liberi, offrendo una protezione contro i danni ossidativi e le infiammazioni.

Proprietà farmacologiche dell’acido ferulico

L’acido ferulico possiede numerose proprietà che lo rendono un composto interessante per la ricerca e la medicina. La sua capacità di neutralizzare i radicali liberi è dovuta alla presenza di un gruppo metossilico e di un gruppo idrossilico nella sua struttura chimica. Questo rende l’acido ferulico altamente efficace nel prevenire danni cellulari causati da specie reattive dell’ossigeno (ROS), che sono spesso associate all’infiammazione cronica. Diversi studi indicano che l’acido ferulico può inibire il rilascio di citochine pro-infiammatorie (es. TNF-α e IL-6), mediatori chiave dell’infiammazione cronica. Agendo su specifici pathway di segnalazione, come MAP-chinasi ed NF-κB, l’acido ferulico riduce l’attivazione di queste vie infiammatorie, svolgendo un ruolo importante nel mitigare i sintomi dell’infiammazione. Tramite questi effetti, alcune ricerche suggeriscono che l’acido ferulico possa proteggere contro il danno neuronale, prevenendo così patologie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer. Esso può agire come modulatore della neuroinfiammazione, riducendo lo stress ossidativo e inibendo l’apoptosi neuronale.

Bersagli molecolari dell’acido ferulico

L’acido ferulico esplica i suoi effetti farmacologici agendo su diversi bersagli molecolari:

NF-κB (Nuclear Factor kappa-light-chain-enhancer of activated B cells): l’inibizione di NF-κB è uno dei meccanismi principali attraverso cui l’acido ferulico riduce l’infiammazione. L’NF-κB è un regolatore chiave delle risposte infiammatorie e immunitarie; inibendo la sua attivazione, l’acido ferulico impedisce la produzione di citochine pro-infiammatorie.

MAPK (Mitogen-Activated Protein Kinases): l’acido ferulico interferisce con questa via di segnalazione, che è responsabile della regolazione di diverse risposte cellulari, tra cui l’infiammazione. Gli effetti dell’acido ferulico sulla riduzione dell’attività delle MAPK contribuiscono alla sua azione antinfiammatoria.

COX-2 (Cyclooxygenase-2): la COX-2 è un enzima chiave nell’infiammazione e nella produzione di prostaglandine infiammatorie. L’acido ferulico ha mostrato un effetto inibitorio su COX-2, riducendo così la sintesi di prostaglandine e di altri mediatori infiammatori correlati.

ROS (Reactive Oxygen Species): l’acido ferulico contrasta gli effetti dei radicali liberi ossidanti e inibisce l’ossidazione delle cellule, proteggendo da danni associati allo stress ossidativo.

Effetti dell’acido ferulico nelle patologie infiammatorie

L’acido ferulico ha mostrato un potenziale terapeutico per diverse condizioni infiammatorie, come l’artrite reumatoide, la colite ulcerosa e le malattie neurodegenerative. Gli studi suggeriscono che potrebbe essere utilizzato come adiuvante nei trattamenti farmacologici esistenti, contribuendo alla riduzione dei sintomi infiammatori e al miglioramento della qualità della vita dei pazienti.

Artrite reumatoide

L’acido ferulico ha mostrato effetti promettenti nel trattamento dell’artrite reumatoide (ARE) grazie alle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. L’ARE è una patologia autoimmune e infiammatoria cronica caratterizzata da infiammazione delle articolazioni, che porta a danni alle strutture articolari e, nel lungo termine, a deformità e disabilità. L’acido ferulico agisce modulando i pathway infiammatori e ossidativi coinvolti nella patogenesi dell’ARE. La via cellulare NF-κB è una delle principali vie di segnalazione implicate nell’infiammazione cronica e nella patogenesi dell’ARE. Uno studio condotto da Lee et al. (2017) ha dimostrato che il trattamento con acido ferulico in modelli animali di artrite riduce significativamente la produzione di TNF-α e IL-6, migliorando i sintomi dell’infiammazione articolare.

L’acido ferulico ha dimostrato di inibire l’attivazione di NF-κB, riducendo così l’espressione dei geni pro-infiammatori e l’intensità dell’infiammazione articolare (Kim et al., 2018). Lo stress ossidativo gioca un ruolo cruciale nella progressione dell’AR, aggravando il danno tessutale e l’infiammazione. L’acido ferulico, grazie alla sua potente attività antiossidante, neutralizza i radicali liberi e riduce il danno ossidativo nelle cellule articolari. Zhang et al. (2019) hanno evidenziato che l’acido ferulico è in grado di aumentare l’attività degli enzimi antiossidanti, come la superossido-dismutasi (SOD) e la catalasi, riducendo al contempo i livelli di ROS (specie reattive dell’ossigeno) nelle cellule articolari infiammate.

Malattie infiammatorie intestinali

L’acido ferulico è stato oggetto di numerose ricerche per il suo potenziale terapeutico nelle malattie infiammatorie intestinali (IBD), che includono la colite ulcerosa e il morbo di Crohn. L’acido ferulico riduce la produzione di citochine pro-infiammatorie, tra cui il fattore di necrosi tumorale α (TNF-α), l’interleuchina-6 (IL-6) e l’interleuchina-1β (IL-1β), che giocano un ruolo chiave nella patogenesi dell’IBD. Questo si ottiene attraverso l’inibizione delle chinasi IKK-alfa e -beta a monte del fttore di trascrizione NF-kB. Uno studio di Li et al. (2016) ha dimostrato che il trattamento con acido ferulico nei modelli animali di colite ha portato a una significativa riduzione delle citochine pro-infiammatorie, riducendo i sintomi clinici della malattia.

Zhang et al. (2018) hanno evidenziato che l’acido ferulico riduce i livelli di NF-κB nei tessuti intestinali infiammati, contribuendo a limitare il danno tessutale. L’integrità della barriera intestinale è compromessa nelle IBD (è presente il fenomeno dell’intestino peromeavile o “leaky gut”), permettendo il passaggio di batteri e tossine che esacerbano l’infiammazione. L’acido ferulico aiuta a mantenere la funzione della barriera intestinale, riducendo la permeabilità intestinale e prevenendo il passaggio di agenti dannosi. L’acido ferulico ha mostrato di migliorare l’integrità della barriera intestinale aumentando la produzione di proteine giunzionali come l’occludina e la claudina, che sono essenziali per mantenere la funzione di barriera.

Un recente studio di Wang et al. (2020) hanno evidenziato che l’acido ferulico, somministrato in modelli animali di colite, preserva l’integrità della barriera intestinale e riduce la permeabilità, proteggendo così la mucosa intestinale. L’acido ferulico può influenzare positivamente la composizione del microbiota intestinale, che gioca un ruolo cruciale nella regolazione dell’infiammazione intestinale. In studi su modelli animali, l’acido ferulico favorisce la crescita di batteri benefici come Lactobacillus e Bifidobacterium, riducendo al contempo i batteri patogeni, indicando che gli effetti terapeutici dell’acido ferulico nell’uomo sono sfaccettati e con più meccanismi d’azione.

Cos’è l’acido caffeico?

Come l’acido ferulico anche l’acido caffeico è un acido fenolico appartenente alla famiglia degli acidi cinnamici, presente in numerose piante, specialmente nel caffè, nel thè, nella frutta (molto alto in mirtilli) e nelle verdure (molto alto in carote, radice di bietola, radicchio, melenzane, cavolfiore, cavoletti di Bruxelles, cavolo cinese) e spezie (salvia, prezzemolo, curcuma, basilico, timo e origano). Dato il nome, è chiaro che la fonte maggiore in assoluto sono i semi di caffè. È conosciuto per le sue proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, antimicrobiche e anti-cancerogene. Queste caratteristiche ne fanno un composto naturale di grande interesse farmacologico, soprattutto per il trattamento e la prevenzione delle malattie infiammatorie e degenerative.

Bersagli molecolari dell’acido caffeico

L’acido caffeico agisce su diversi bersagli molecolari, che spiegano le sue proprietà farmacologiche Sono essenzialmente sovrapponibili a quelle dell’acido ferulico, ovvero l’attivazione del fattore NF-kB, delle MAP-chinasi e la ciclo-ossigenasi COX-2. L’acido caffeico agisce quindi in maniera simile a molti farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), ma con un profilo naturale e meno aggressivo.

Proprietà farmacologiche dell’acido caffeico

L’acido caffeico possiede numerosi effetti biologici benefici che lo rendono un potenziale e promettente agente terapeutico:

  1. Antiossidanti: l’acido caffeico è un potente antiossidante. La sua capacità di neutralizzare i radicali liberi e prevenire il danno ossidativo è legata alla presenza di gruppi fenolici nella sua struttura. Questo effetto protettivo è utile per ridurre lo stress ossidativo associato a molte malattie croniche e degenerative.
  2. Antinfiammatori: studi hanno dimostrato che l’acido caffeico può modulare le vie infiammatorie riducendo la produzione di citochine pro-infiammatorie come TNF-α, IL-6 e IL-1β. L’effetto inibitorio dell’acido caffeico su diverse vie di segnalazione infiammatorie, come NF-κB e MAPK, contribuisce a ridurre l’infiammazione cronica.
  3. Immunomodulanti: l’acido caffeico sembra avere un effetto positivo sulla risposta immunitaria. Questo effetto, associato alla riduzione dell’infiammazione, può risultare utile per trattare patologie infiammatorie croniche o autoimmuni.

Gli effetti dell’acido caffeico nelle patologie infiammatorie

L’acido caffeico mostra un potenziale terapeutico in diverse condizioni infiammatorie croniche, quali l’artrite, le malattie infiammatorie intestinali e le malattie neurodegenerative.

Malattie autoimmuni

L’acido caffeico ha dimostrato la capacità di modulare la risposta immunitaria, riducendo l’iperattivazione del sistema immunitario che è alla base delle malattie autoimmuni. Uno studio di Wang et al. (2018) ha mostrato che l’acido caffeico può ridurre la proliferazione delle cellule T e l’attivazione di macrofagi, elementi centrali nella risposta immunitaria. Questo effetto porta a una diminuzione della produzione di citochine pro-infiammatorie, migliorando la regolazione del sistema immunitario. Le proprietà antinfiammatorie dell’acido caffeico possono ridurre i sintomi associati all’artrite reumatoide, come gonfiore e dolore articolare. Inibendo citochine e mediatori dell’infiammazione, l’acido caffeico può ridurre il danno articolare cronico.

Le vie di NF-κB e JAK/STAT sono frequentemente iperattivate nelle malattie autoimmuni. L’acido caffeico ha dimostrato di inibire l’attivazione della via NF-κB, riducendo l’espressione di mediatori infiammatori.Uno studio di Zhang et al. (2019) ha mostrato che l’acido caffeico può ridurre l’attività della via JAK/STAT, attenuando l’infiammazione in modelli sperimentali di lupus eritematoso. L’acido caffeico esercita un effetto immunosoppressivo moderato, che può essere utile per controllare le risposte immunitarie iperattive senza sopprimere completamente il sistema immunitario. Questo effetto è stato osservato da Yamada et al. (2021), che hanno studiato il trattamento con acido caffeico in modelli animali di tiroidite autoimmune (tipo di Hashimoto), mostrando una riduzione dell’infiltrazione linfocitaria nella ghiandola tiroidea.

Le proprietà antinfiammatorie e neuroprotettive dell’acido caffeico possono svolgere un ruolo significativo nel contrastare i processi patologici della sclerosi multipla. La demielinizzazione è un tratto distintivo della SM. L’acido caffeico ha mostrato la capacità di proteggere le guaine mieliniche e di promuovere la rimielinizzazione. Uno studio di Chen et al. (2021) ha riportato che l’acido caffeico contribuisce alla sopravvivenza degli oligodendrociti e alla sintesi della mielina, favorendo la rigenerazione dei tessuti danneggiati nel sistema nervoso centrale. In aggiunta, potrebbe modulare la risposta immunitaria nella malattia: secondo uno studio di Park et al. (2022), l’acido caffeico riduce la proliferazione dei linfociti T autoreattivi e la produzione di citochine infiammatorie, contribuendo a un miglioramento del decorso clinico della SM.

Conclusioni

COme si può evincere da queste informazioni, i polifenoli naturali sono dei prezioni alleati nella prevenzione e nella potenziale gestione delle condizioni autoimmuni. Le loro multiple azioni biologiche permettono di agire a più livelli, una proprietà che spesso non è posseduta dagli altri farmaci immunosoppressori o immunomodulatori correntemente usati nella cura delle sindromi autoimmuni. A tal fine, conoscendo le maggiori sorgenti di questi acidi fenolici è possibile gestirsi attraverso un approccio dietetico personalizzato.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Bibliografia scientifica

Park J et al. (2022). Immunopharm Immunotox. 44(3), 243.

Chen Q et al. (2021). J Neurosci Res. 99(6), 1550–1562.

Zhang X et al. (2021). Neuropharmacol. 184, 108396.

Yamada, T et al. (2021). Endocrine Res. 46(2), 75–85.

Kim HY, Park SK. (2020). Phytother Res. 34(1), 123–130.

Huang Y e tal. (2021). Phytother Res. 35(3), 1280–1289.

Zhang Y, Liu H et al. (2019). J Ethnopharmacol. 232, 39.

Kim EH, Han MJ. (2018). Int Immunopharmacol. 55, 54.

Lee KW et al. (2017). J Medicinal Food. 20(9), 887–894.

Yamada T et al. (2017). Free Radical Biol Med. 112, 297.

Kim HK, Choi YJ. (2015). Mol Nutr Food Res. 59(7), 1355.

Srinivasan M et al. (2007). J Clin Biochem Nutr. 40(2), 92.

Graf BA et al. (2005). J Nutr Biochem. 16(5), 252–260.

Latest

Newsletter

Don't miss

Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

Alluminio: quali pericoli rappresenta per la salute in base ai dati scientifici?

L’alluminio è un metallo molto comune che l’industria utilizza per la fabbricazione di una vastissima pletora di materiali ed oggetti di uso quotidiano. In...

Terapia dei fibromi con elagolix, il farmaco preso in prestito dall’endometriosi

Circa il 50% delle donne con fibromi uterini – tumori muscolari non cancerosi che crescono nell’utero – sperimentano forti emorragie mestruali e altri sintomi....

Trovata radice comune fra tumori e una malattia della pelle: senza ali non si vola

Ricercatori dell'Università di Dundee e dell'Istituto Francis Crick hanno fatto una scoperta significativa, su un percorso cellulare associato a difetti dello sviluppo e una...

Questo si chiuderà in 20 secondi