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L’alfa-fetoproteina nella diagnostica medica: dai meccanismi cellulari al ruolo di biomarker

Alfa-fetoproteina: nozioni generali

L’alfa-fetoproteina (AFP) è una glicoproteina che gioca un ruolo fondamentale nella biologia umana, specialmente durante lo sviluppo embrionale e fetale. È considerata un importante marker clinico sia per condizioni fisiologiche normali che patologiche, come nel caso di specifiche malattie epatiche e neoplasie. L’AFP è una proteina di circa 590 aminoacidi, con un peso molecolare di circa 70 kDa. L’AFP è codificata dal gene AFP situato sul cromosoma 4 (4q13.3). È strutturalmente simile all’albumina sierica, con la quale condivide un’elevata omologia. La sequenza primaria dell’AFP parte principalmente dall’albumina sierica nei primi 135 residui aminoacidici, con circa il 42% dei restanti 590 residui delle proteine ​​umane che sono identici, suggerendo che entrambi derivino da un antenato proteico comune. Nell’adulto, i livelli di AFP sono generalmente molto bassi, ma possono aumentare in alcune condizioni patologiche. La regolazione della sintesi dell’AFP è controllata da una complessa interazione tra fattori di trascrizione, inclusi HNF1 e HNF4 (fattori nucleari epatici), che legano regioni specifiche nel promotore del gene AFP. Durante la transizione da stato fetale a stato adulto, questi meccanismi si modulano, portando a una drastica riduzione della sintesi di AFP.

Ruolo fisiologico dell’alfa-fetoproteina

L’AFP ha proprietà di legame simili all’albumina, ma con una specificità più marcata per legare molecole come gli acidi grassi e la bilirubina. Durante lo sviluppo fetale, l’AFP svolge il ruolo di trasportatore di molecole lipofile e contribuisce al mantenimento del corretto equilibrio osmotico e proteico nel sangue fetale. La proteina può influenzare la proliferazione cellulare e la differenziazione delle cellule embrionali. È stato osservato che l’AFP è coinvolta nella regolazione dei segnali di crescita attraverso l’interazione con vari fattori di crescita e recettori cellulari. L’AFP ha anche proprietà immunosoppressive. È stata implicata nella protezione del feto dall’attacco del sistema immunitario materno, contribuendo alla tolleranza immunologica materno-fetale. Questo è cruciale per prevenire il rigetto del feto da parte del sistema immunitario della madre, rendendo l’AFP una componente chiave nell’immunotolleranza durante la gravidanza. Nonostante atudi approfonditi sulla struttura di questa proteina, le sue funzioni biologiche sono ancora poco chiare. Per esempio, l’AFP è divisa in tre domini molecolari: in alcune vaarianti della proteina, il terzo può legare due molecole di acidi grassi polinsaturi (tipo omega-3), ma il significato di questa interazione non è conosciuto. Alcuni pensano che questo rappresenti un meccanismo con cui questi biolipidi modulano certe funzioni dei linfociti NK e le cellule dendritiche.

Meccanismi biologici e cellulari

L’AFP può influenzare le cellule a livello molecolare attraverso diverse vie. L’AFP è in grado di legarsi a recettori presenti sulla superficie di varie cellule, come i linfociti T e altre cellule immunitarie. Questa interazione è alla base delle sue proprietà immunomodulanti, poiché l’AFP può ridurre la proliferazione dei linfociti T e modulare la produzione di citochine. Uno studio successivo ha dimostrato che l’AFP non agisce direttamente sulle cellule T ma sui monociti sopprimendone i processi infiammatori. L’aumento della produzione di prostaglandina E2, un potente agente immunoregolatore e la ridotta secrezione di citochine infiammatorie come TNFα e IL-1β hanno portato a uno spostamento nella differenziazione delle cellule T CD4+ verso cellule T regolatorie soppressive con ridotta capacità di stimolazione delle cellule T.

Il recettore dell’alfa-fetoproteina (AFPR) è un recettore identificato su diverse linee cellulari tumorali e su cellule immunitarie. L’AFPR ha un’affinità elevata per l’AFP e facilita il suo ingresso nelle cellule, mediando diverse risposte cellulari. L’AFP può interagire anche con recettori delle lectine di tipo C presenti sulle cellule del sistema immunitario, modulando la risposta immunitaria. Questi recettori contribuiscono al riconoscimento e alla mediazione delle interazioni cellula-cellula e cellula-matrice. Uno dei meccanismi con cui questo recettore sopprime l’attivazione linfocitaria o macrofagica sembra essere l’attivazione della via AMP ciclico/proteina chinasi A (PKA), ma senza l’intervento di proteine G classiche. Alcuni studi indicano che l’AFP può influenzare la funzione delle cellule dendritiche attraverso l’interazione con recettori specifici di tipo lectinico, modulando la capacità di queste cellule di presentare l’antigene e attivare le risposte immunitarie.

Controllo della crescita tumorale: In alcune cellule tumorali, l’AFP può influenzare la crescita cellulare attraverso la modulazione di segnali intracellulari. Questo avviene attraverso l’attivazione o inibizione di vie di segnalazione: l’AFP può interagire con proteine coinvolte nella via di segnalazione come PI3K/AKT, modulando la proliferazione e la sopravvivenza cellulare. Nello specifico, l’AFP interagisce fisicamente con la fosfatasi PTEN che disattiva la PI3K, quindi si comporta esattamente come un promotore oncogenico o come una forma mutante (attivata) della proteina PTEN. A livello della cellula tumorale la produzione di AMP ciclico indotta dall’AFPR innesca la sovraespressione di oncogeni come c-Fos, c-Jun e N-Ras e delle proteine ​​mutanti p53 e p21.

Nei pazienti adulti, l’AFP può essere prodotta in quantità elevate in alcuni tipi di tumori, come il carcinoma epatocellulare e i tumori del testicolo non-seminomi. La misurazione dei livelli di AFP nel siero è un marker diagnostico utile per il monitoraggio di queste condizioni. La capacità dell’AFP di modulare l’apoptosi rende le cellule tumorali più resistenti ai trattamenti che mirano a indurre la morte cellulare, come la chemioterapia e la radioterapia. L’AFP svolge anche un ruolo cruciale nell’invasione e nella metastasi dell’HCC, con livelli sierici correlati a metastasi a distanza, soprattutto negli HCC di piccole dimensioni (4-5 cm). Questo complica la gestione del trattamento nei pazienti con livelli elevati di AFP e tumori associati.

Regolazione dell’apoptosi: L’apoptosi, o morte cellulare programmata, è un meccanismo cruciale per il mantenimento dell’omeostasi tissutale e per la prevenzione di malattie come il cancro. L’AFP, tramite la sua interazione con diversi recettori e molecole di segnalazione, può modulare questo processo in vari contesti cellulari. Alcuni studi hanno suggerito che l’AFP potrebbe avere un ruolo nella prevenzione dell’apoptosi cellulare in condizioni specifiche, come la crescita embrionale e lo sviluppo tumorale. La sua azione potrebbe avvenire attraverso il blocco delle vie apoptotiche indotte da fattori stressanti, il che fa pensare che la sua produzione da parte delle cellule tumorali possa rappresentare non solo un marker della loro presenza, ma anche un fattore difensivo dagli attacchi. L’AFP è nota per la sua capacità di inibire l’attivazione di vie pro-apoptotiche, contribuendo alla sopravvivenza cellulare.

Questo può avvenire attraverso la modulazione dell’espressione genica: l’AFP può ridurre l’espressione di proteine pro-apoptotiche come Bax e favorire l’aumento di proteine anti-apoptotiche come Bcl-2. Questo avverrebbe indirettamente dato che è stato anche scoperto che l’AFP interferisce con la via di segnalazione del recettore dell’acido retinoico (RAR-alfa). Attraverso il legame con RAR, l’AFP diminuisce in modo competitivo la possibilità che l’acido all-trans retinoico si leghi a RAR e ne inibisce l’ingresso nel nucleo. Pertanto, meno RAR si lega alla regione 5′-non tradotta del gene Bcl-2, aumentandone così l’espressione. Per concludere, Lin et al. (2017) hanno riferito che l’AFP interagisce direttamente con il sito attivo della caspasi-3 per prevenirne l’attivazione da parte del l’attivazione del recettore apoptotico DR5 attivato dal suo ligando TRAIL.

Implicazioni cliniche e patologiche

Marker tumorale: l’AFP detiene il primato di essere il primo biomarker oncofetale riconosciuto. La sua utilità nella diagnosi del cancro al fegato risale alle scoperte iniziali sull’epatoma dei topi ed è stata successivamente confermata nel siero di pazienti con epatocarcinoma (HCC). Già negli anni ’60 l’AFP veniva segnalato come biomarcatore, non solo per l’HCC ma anche per distinguere tra tumori epatici primari e metastatici. Da allora, sono stati condotti studi seriali sui biomarkers per studiare l’uso dell’AFP come biomarker per il rilevamento/screening dell’HCC. In una revisione sistematica Cochrane e in una meta-analisi di studi di fase 2 sui biomarkers, ad un cutoff AFP di 20 ng/mL, la sensibilità e la specificità erano rispettivamente del 60% e dell’84% per la rilevazione dell’HCC. Tuttavia, la sensibilità dell’AFP è compromessa al 49% con una specificità dell’88% tra i pazienti con HCC in stadio iniziale. Singal et al. hanno riferito che l’aggiunta di AFP agli ultrasuoni ha migliorato la sensibilità per il rilevamento dell’HCC in stadio iniziale dal 45–50% al 70%. Inoltre, l’AFP è l’unico biomarker che è stato valutato in uno studio di fase 5 sui biomarker con ultrasuoni.

Malattie umane: l’AFP può essere aumentata in condizioni di danno epatico, come l’epatite cronica e la cirrosi. Sebbene non sia specifica per il carcinoma epatocellulare, livelli persistenti elevati di AFP nei pazienti con epatite cronica possono indicare una progressione verso un carcinoma epatico. Ma ci sono altre condizioni non tumorali nelle quali il rialzo plasmatico dell’AFP è rilevabile oltre i limiti della norma. Fra queste ci sono ovviamente la cirrosi epatica ed altre condizioni epatiche come l’epatite virale, l’epatite autoimmune, l’epatite alcolica, la malattia di Wilson e l’emocromatosi. A seguire altre condizioni mediche quali malattie genetiche (atassia teleangectasia, tirosinemia di tipo 1, sindrome di Beckwith-Wiedemann e malattia di Hirschprung) e condizioni autommunitarie (lupus eritematoso sistemico).

Conclusione

L’alfa-fetoproteina rappresenta una proteina multifunzionale con implicazioni sia nella fisiologia normale che nelle condizioni patologiche. La sua rilevanza come marker clinico e il suo ruolo nello sviluppo fetale e nella regolazione del sistema immunitario la rendono un soggetto di grande interesse nella ricerca biomedica.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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