giovedì, Dicembre 26, 2024

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Trattare la depressione partendo dall’intestino: i probiotici funzionano davvero?

L’asse Intestino-cervello e la salute mentale

Negli ultimi anni, il legame tra intestino e cervello ha suscitato un crescente interesse nella comunità scientifica, portando a una nuova comprensione di come la salute intestinale possa influenzare il benessere mentale. Questa connessione, spesso chiamata asse intestino-cervello, suggerisce che i batteri intestinali possano giocare un ruolo significativo nella regolazione dell’umore e nei disturbi mentali, tra cui la depressione. In questo contesto, l’uso dei probiotici (microrganismi vivi che, se assunti in quantità adeguate, apportano benefici alla salute) è stato proposto come una potenziale terapia alternativa o complementare per la depressione. Questo articolo esplorerà le basi scientifiche che collegano i probiotici alla depressione, esaminerà i risultati degli studi recenti e discuterà le prospettive future per l’uso di probiotici nella gestione dei disturbi dell’umore.

Il ruolo dell’intestino nella salute mentale

L’intestino ospita una vasta comunità di microrganismi, collettivamente chiamata microbiota intestinale, che svolgono una serie di funzioni essenziali, tra cui la digestione del cibo, la sintesi di vitamine e la modulazione del sistema immunitario. Negli ultimi decenni, le ricerche hanno rivelato che il microbiota intestinale influisce anche sul sistema nervoso centrale e sulla funzione cerebrale attraverso l’asse intestino-cervello. Alcuni batteri intestinali producono neurotrasmettitori, come la serotonina, la dopamina e il GABA, che regolano l’umore e le emozioni. Circa il 90% della serotonina del corpo è prodotta nell’intestino, suggerendo un legame potenziale tra la salute intestinale e i disturbi dell’umore.

Il microbiota intestinale può influenzare l’infiammazione sistemica, che è stata correlata allo sviluppo della depressione. Un microbiota alterato, o disbiosi, può portare a una maggiore permeabilità intestinale (“leaky gut”), permettendo ai batteri e alle tossine batteriche (azotate e composti aromatici) di entrare nel flusso sanguigno e innescare una risposta infiammatoria. L’infiammazione cronica è stata associata all’aumento del rischio di disturbi mentali. Infine, il nervo vago, che connette l’intestino al cervello, trasmette segnali tra questi due organi. Attraverso il nervo vago, il microbiota intestinale può influenzare direttamente la funzione cerebrale.

La depressione: un disturbo complesso

La depressione è un disturbo dell’umore comune e debilitante che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. È caratterizzata da sentimenti persistenti di tristezza, perdita di interesse nelle attività quotidiane, affaticamento, disturbi del sonno e cambiamenti nell’appetito. Sebbene la depressione sia spesso trattata con farmaci antidepressivi e psicoterapia, molte persone non rispondono adeguatamente a questi trattamenti, e i tassi di ricaduta rimangono elevati. Di conseguenza, c’è un crescente interesse per terapie alternative, come l’uso di probiotici, per migliorare l’efficacia dei trattamenti esistenti.

Come i probiotici influenzano l’umore

I probiotici sono microrganismi vivi, per lo più batteri e lieviti, che promuovono un equilibrio sano del microbiota intestinale. Esistono diversi ceppi di probiotici, ma quelli più studiati per i benefici sulla salute mentale appartengono ai generi Lactobacillus e Bifidobacterium. I probiotici possono modulare la produzione di neurotrasmettitori chiave come la serotonina e il GABA, che regolano l’umore e lo stato emotivo. Alcuni ceppi probiotici sembrano aumentare la produzione di serotonina, contribuendo a migliorare l’umore. I probiotici possono anche ridurre l’infiammazione sistemica, abbassando i livelli di citochine pro-infiammatorie come l’IL-6 e il TNF-α, che sono stati collegati a sintomi depressivi. Alcuni probiotici hanno dimostrato di ridurre i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, suggerendo che possano avere un effetto calmante sul sistema nervoso.

Studi clinici e risultati

Negli ultimi anni, diversi studi clinici hanno esaminato l’efficacia dei probiotici nel trattamento della depressione e dell’ansia. Anche se i risultati sono ancora preliminari, ci sono evidenze che indicano che l’integrazione con probiotici può avere effetti positivi sull’umore. In uno studio randomizzato controllato su adulti con depressione lieve o moderata (MIller et al., 2016), i partecipanti che hanno assunto un integratore di probiotici contenente Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus casei e Bifidobacterium bifidum hanno riportato una significativa riduzione dei sintomi depressivi rispetto al gruppo placebo. Questo miglioramento è stato attribuito alla riduzione dei livelli di infiammazione e al miglioramento della salute intestinale.

Un altro studio (Wallace et al., 2017) ha esaminato gli effetti di un integratore probiotico su individui con sintomi di ansia e depressione. I risultati hanno mostrato una riduzione dei livelli di cortisolo e una diminuzione significativa dei sintomi di ansia, suggerendo che i probiotici potrebbero essere utili per migliorare il benessere emotivo. Una meta-analisi di diversi studi clinici pubblciata nel 2020, invece, ha concluso che l’integrazione con probiotici può avere un effetto positivo sui sintomi depressivi, specialmente in individui con depressione lieve o moderata. Tuttavia, gli autori hanno sottolineato che è necessario condurre ulteriori studi di alta qualità per confermare questi risultati.

Probiotici e prebiotici: una sinergia potenziale

Oltre ai probiotici, i prebiotici (fibre alimentari non digeribili che alimentano i batteri intestinali salutari) possono anch’essi avere un ruolo nel migliorare la salute mentale.  Il merito spetterebbe agli acidi grassi a catena corta (SCFAs; propionato, butirrato), si neurotrasmettitori sintetizzati da queste specie (acetilcolina, serotonina, GABA, ecc.) ed all’effetto antinfiammatorio contro IL-6 edf TNF-alfa, che risultano elevati nella neuroinfiammazione sottostante alla depressione. Gli SCFAs, infatti, possiedono recettori specifici (i maggiori sno GPR41, GPR43 e GPR109A), che sono recettori a tutti gli effetti accoppiati a proteine G, che attivano segnali intracellulari dipnendeti dai secondi messaggeri (AMP ciclico, DAG, inositolo-fosfati, ecc.) che sopprimono le risposte infiammatorie negli ambienti esterni, stabilizzano la barriera ematoencefalica e modulano la plasticità neuronale promuovendo la sintesi di fattori neurotrofici. Alcuni studi suggeriscono che i prebiotici, aumentando la crescita dei batteri benefici, possano potenziare gli effetti dei probiotici. Questa combinazione di prebiotici e probiotici, nota come simbiotici, potrebbe rappresentare un’opzione ancora più efficace per sostenere la salute mentale.

Conclusioni e prospettive future

L’uso dei probiotici per trattare la depressione è un campo di ricerca emergente con risultati promettenti. Sebbene non possano sostituire i trattamenti tradizionali, i probiotici potrebbero rappresentare un’opzione aggiuntiva o complementare per migliorare l’efficacia della terapia, soprattutto nei casi di depressione lieve o moderata. Tuttavia, è necessaria ulteriore ricerca per identificare i ceppi probiotici più efficaci, stabilire la durata ottimale del trattamento e comprendere meglio come i probiotici interagiscono con altri approcci terapeutici. Con l’espansione della ricerca sull’asse intestino-cervello, è probabile che vedremo un crescente interesse per il ruolo del microbiota intestinale nella salute mentale. In futuro, i probiotici potrebbero diventare una parte integrata delle strategie di trattamento personalizzate per la depressione e altri disturbi dell’umore.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Chao L, Liu C et al. Front Neurol. 2020 May 22; 11:421.

Ng QX, Peters C et al. J Affect Disord. 2018; 228:13-19.

Wallace CJ, Milev R. Ann General Psych. 2017; 16(1):14.

Dinan TG, Cryan JF. J Physiol. 2017; 595(2):489-503.

Sarkar A et al. Trends Neurosci. 2017; 39(11):763-781.

Miller AH et al. Nature Rev Immunol. 2016; 16(1):22-34.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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