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Aderenza alla dieta Mediterranea e rischio di sviluppare diabete: i dati sono reali e le possibilità fattibili

Precedentemente definita steatosi epatica non alcolica (NAFLD), la MAFLD o steatosi epatica associata a disfunzione metabolica è una malattia epatica cronica caratterizzata da eccesso di grasso epatico insieme a prove di disfunzione metabolica e almeno un fattore di rischio metabolico come sovrappeso, obesità e diabete di tipo 2. La MAFLD aumenta significativamente il rischio di morbilità, così come il rischio delle sue comorbilità, in particolare il diabete di tipo 2. Studi precedenti hanno rivelato che i comportamenti modificabili possono alterare i risultati della MAFLD. Ad esempio, interventi dietetici come la dieta mediterranea (MED) hanno dimostrato di migliorare i risultati della malattia e prolungare la durata della vita dei pazienti. La MED è un modello alimentare caratterizzato da un elevato consumo di frutta, verdura, cereali, olio d’oliva e pesce, un consumo moderato di latticini, vino rosso e uova e un consumo limitato di carne rossa. Questo modello alimentare è stato clinicamente convalidato per ridurre il rischio e la progressione di diverse condizioni metaboliche, tra cui diabete di tipo 2 e MAFLD.

È stato dimostrato in modo indipendente che MED apporta benefici ai pazienti MAFLD e diabetici, con tali benefici attribuiti alle elevate proprietà antiossidanti e antinfiammatorie di questa dieta. Tuttavia, l’impatto dell’aderenza a MED sia di MAFLD che di diabete contemporaneamente non è stato studiato. Un nuovo studio affronta le lacune di conoscenza esistenti chiarendo i presunti benefici per la salute di MED contro lo sviluppo di T2DM nei pazienti MAFLD. Il disegno dello studio ha adottato un approccio di analisi secondaria, sfruttando un periodo di follow-up a lungo termine di 7,5 anni. I dati sono stati ottenuti dallo studio sul diabete basato sulla popolazione, che comprendeva 5.072 adulti reclutati dal Sistema Sanitario Nazionale in Spagna. Dei 5.072 partecipanti, 714 soddisfacevano i criteri di inclusione dello studio. Circa il 56% della coorte dello studio era di sesso maschile, con un’elevata prevalenza di disturbi metabolici tra cui ipertensione, resistenza all’insulina e sindrome metabolica segnalati all’inizio dello studio.

I confronti tra le metriche del 2008 e del 2017 hanno rivelato che il 52,8% dei partecipanti allo studio ha ridotto o mantenuto il proprio peso durante il periodo di follow-up di 7,5 anni, con una variazione di peso stimata in una riduzione di 0,81 kg a livello di coorte. Quando aggiustata per sesso, età e obesità addominale, l’aderenza alla dieta MED era inversamente associata ad età, peso, BMI, circonferenza della vita, presenza di resistenza all’insulina e attività fisica. Queste associazioni sono state osservate sia nella popolazione complessiva dello studio, sia negli individui che non hanno subito alcuna perdita di peso alla visita di follow-up. I partecipanti allo studio il cui peso è rimasto lo stesso o è diminuito e hanno aderito alla dieta MED hanno mostrato livelli di enzimi epatici significativamente più elevati rispetto a quelli con bassa aderenza. La prevalenza di prediabete è stata direttamente associata alla loro aderenza alla dieta MED. Durante il periodo di follow-up di 7,5 anni, 98 partecipanti hanno sviluppato diabete di tipo 2.

Ben 70 dei questi hanno riportato una bassa aderenza alla dieta MED. Nel complesso, l’aderenza alla MED è stata associata a un rischio significativamente più basso di T2DM, indipendente da età e sesso. Questi risultati supportano le raccomandazioni nutrizionali sull’utilità della MD come schema alimentare di scelta nei pazienti MAFLD e anche come terapia preventiva per lo sviluppo del T2DM. Questo studio non conferma in modo inequivocabile che mangiare mediterraneo previene la comparsa del diabete, ma aderire ad uno stile naturale come quello può essere di aiuto. La dieta Mediterranea, molto ricca di alimenti crudi vegetali e con olio di oliva extra-vergine, provvede un ottimo quantitativo di fibre vegetali e polifenoli. Anche questi ultimi hanno la loro importanza nella salute del microbiota intestinale, oltre alla fermentazione delle fibre come prima ritenuto. Flavonoidi e acidi fenolici sono attivi a livello cellulare e sono dotati di azione antinfiammatoria ed antiossidante su vari distretti corporei, incluso il pancreas.

Tenere in salute e bilancio il microbiota intestinale è importante per prevenire il diabete tipo 2, poiché la scienza ha ormai le prove che la disbiosi, l’infiammazione silente cronica e l’arricchimento intestinale di specie Gram-negative produttrici di endotossine (LPS), sono fra i meccanismi per cui il pancreas si esaurisca delle sue riserve funzionali di produzione dell’insulina. Nel tempo, permanendo l’infiammazione cronica, il danno passa da funzionale a fisico, perché le cellule beta pancreatiche vengono perdute per tossicità legata agli LPS batterici, allo stress ossidativo ed alla cattiva gestione glicemica. Introdurre una buona dose di antiossidanti come i polifenoli, che vengono anche convertiti in composti protettivi dal microbiota intestinale, può aiutare a prevenire la degenerazione del tessuto pancreatico che condurrebbe alla comparsa del diabete “della pillola”.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Lago-Sampedro A et al. Nutrients. 2024; 16(21):3788.

Dimba NR, Mzimela N et al. Nutrients. 2024; 16(19):3272.

Hjort A, Bergia RE et al. J Nutr. 2024; 154(9):2743-2751.

Qu C, Zhao J, Lai J e.Bt al. BMC Med. 2024; 22(1):224.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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