La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa rapidamente progressiva che causa la morte dei neuroni nel cervello e nel midollo spinale, con conseguente debolezza muscolare, insufficienza respiratoria e talvolta demenza. Nonostante la natura devastante della malattia, si sa poco su cosa inneschi per primo il deterioramento dei motoneuroni all’insorgenza della SLA. Ora, i ricercatori dell’Università della California di San Diego riferiscono di aver identificato un percorso chiave che innesca la neurodegenerazione nelle fasi iniziali della malattia. Le scoperte potrebbero portare allo sviluppo di terapie per prevenire o rallentare la progressione della SLA in fase iniziale, prima che si verifichino danni gravi. Una proteina chiamata TDP-43 si trova solitamente nel nucleo dei motoneuroni, dove regola l’espressione genica necessaria per il funzionamento delle cellule. Gli studi hanno dimostrato che quando la TDP-43 si accumula invece nel citoplasma, al di fuori del nucleo, è un segno rivelatore della SLA ma non l’evento scatenante.
Come la proteina finisca nel posto sbagliato, portando alla degenerazione neuronale, ha lasciato perplessi i ricercatori fino ad ora. Tracciando gli eventi che hanno portato al “trigger”, gli scienziati hanno scoperto che un’altra proteina chiamata CHMP7, normalmente presente nel citoplasma, si accumula nel nucleo innescando una cascata di eventi che alla fine portano alla degenerazione dei motoneuroni. Ma cosa causa l’accumulo di CHMP7 nel nucleo per cominciare? Il team ha esaminato le proteine leganti l’RNA che potrebbero influenzare l’accumulo di CHMP7 nel nucleo. Ciò ha prodotto 55 proteine, 23 delle quali avevano una potenziale connessione con la patogenesi della SLA. L’inibizione della produzione di diverse di queste proteine ha portato a un aumento di CHMP7 nel nucleo. Ulteriori esperimenti con motoneuroni creati da cellule staminali pluripotenti indotte derivate da pazienti con SLA, hanno portato alla sorprendente scoperta che l’esaurimento di una di queste, una proteina associata allo splicing dell’RNA chiamata SmD1, ha avuto l’effetto maggiore.
Un accumulo di CHMP7 nel nucleo danneggia le nucleoporine, porte della membrana nucleare che separano il nucleo dal citoplasma, che orchestrano il movimento di proteine e RNA tra i due spazi cellulari. Le nucleoporine disfunzionali consentono a TDP-43 di uscire dal nucleo e accumularsi nel citoplasma. Una volta lì, la proteina non può più supervisionare i programmi di espressione genica necessari al funzionamento dei neuroni. Tuttavia, quando i ricercatori hanno aumentato l’espressione di SmD1 nelle cellule, CHMP7 è stata ripristinata nella sua posizione abituale nel citoplasma, lasciando intatti i pori, consentendo a TDP-43 di rimanere nel nucleo, risparmiando così i motoneuroni dalla degenerazione. Inoltre, la proteina SmD1 fa parte di SMN, un complesso multiproteico e di assemblaggio essenziale alla formazione di piccole particelle ribonucleoproteiche nucleari (snRNP). La sua funzione primaria è quella di facilitare il legame efficiente e specifico del complesso Sm a un sito di legame conservato presente sui piccoli RNA nucleari (snRNA) spliceosomiali U1, U2, U4 e U5.
Le proteine Sm vengono gradualmente assemblate insieme agli snRNA nel citoplasma, con conseguente creazione di snRNP funzionali, essenziali per lo splicing dell’RNA pre-messaggero (pre-mRNA) nel nucleo delle cellule eucariotiche. SmD1, insieme ad altre sei proteine snRNP, forma una struttura ad anello cruciale per l’assemblaggio di snRNP, che circondano gli snRNA ricchi di U e gestiscono lo splicing del pre-mRNA. La deplezione di SmD1 può influenzare l’interazione proteina-proteina Sm, che può interferire con la formazione del complesso con SMN e ridurre i livelli di snRNP U1, U2, U4 e U5. Queste informazioni sottolineano il ruolo essenziale delle proteine Sm nello splicing, nella maturazione e nella stabilità dell’snRNA. La disfunzione di SMN è implicata in un altro disturbo neurodegenerativo, l’atrofia muscolare spinale (SMA). Ciò è intrigante perché esistono già farmaci per questa condizione. Una di queste molecole, risdiplam, migliora lo splicing e l’espressione di SMN2, un gene strettamente correlato al gene SMN1 che diventa disfunzionale nella SLA.
Ciò suggerisce la possibilità che l’uso di risdiplam per aumentare i livelli di SMN potrebbe impedire alla SLA di svilupparsi oltre la fase iniziale della malattia. I ricercatori pensano che il complesso SMN potrebbe svolgere un ruolo cruciale nell’insorgenza della SLA, ma sono necessarie ulteriori ricerche. I prossimi passi saranno raccogliere fondi per continuare la ricerca su modelli animali e su altri modelli genetici di SLA e, infine, testare l’efficacia di risdiplam o di altri composti similari anche per la SLA.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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