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Parodontite da sigaretta: focus sulle terapie antibiotiche e sui rischi associati al loro uso protratto

La parodontite da tabagismo è una forma particolarmente aggressiva di malattia parodontale, strettamente legata all’uso del tabacco, che compromette la salute delle gengive e delle strutture di supporto del dente. In letteratura è ben documentato che il tabagismo è uno dei principali fattori di rischio modificabili per lo sviluppo e la progressione della parodontite. Gli effetti del fumo sul parodonto non solo accelerano la distruzione dei tessuti, ma influenzano anche negativamente la risposta del paziente al trattamento, rendendo la gestione clinica più complessa e spesso richiedendo un approccio terapeutico combinato, che può includere l’uso di antibiotici.

Fumo e parodontite: meccanismi patogenetici

Il tabagismo influenza lo sviluppo della parodontite attraverso vari meccanismi. I fumatori presentano una maggiore quantità di batteri patogeni nelle tasche parodontali, come Porphyromonas gingivalis, Tannerella forsythia e Treponema denticola (Haffajee et al., 2001). Il fumo crea un ambiente anaerobico favorevole alla crescita di questi patogeni. In parallelo, il fumo riduce la risposta immunitaria, alterando la funzione delle cellule difensive (neutrofili, macrofagi) e diminuendo la produzione di anticorpi (Sreedevi et al., 2012). I fumatori hanno livelli inferiori di IgG specifiche per i patogeni parodontali, compromettendo la difesa contro le infezioni batteriche. A causa dell’ossido di carbonio, il fumo provoca una vasocostrizione periferica che riduce l’apporto di sangue ai tessuti gengivali, riducendo l’apporto di ossigeno e nutrienti e ritardando i processi di guarigione (Palmer et al., 2005).

Trattamento della parodontite da tabagismo

Il trattamento della parodontite da tabagismo è complesso e generalmente si articola in più fasi, comprendendo terapie meccaniche e, quando indicato, antibiotiche. Il trattamento meccanico (detartrasi, scaling e root planing) è essenziale per rimuovere la placca e il tartaro che si accumulano nelle tasche parodontali. Tuttavia, nei fumatori, queste terapie possono risultare meno efficaci a causa della ridotta vascolarizzazione e della minore risposta infiammatoria (Van der Velden, 2001). Nei casi più gravi, potrebbe essere necessaria la chirurgia parodontale per eliminare le tasche profonde e ripristinare una condizione di salute del parodonto. Tuttavia, i fumatori hanno una risposta meno favorevole alla chirurgia parodontale rispetto ai non fumatori (Tonetti et al., 1995). L’uso di antibiotici sistemici è controverso, ma può essere giustificato in pazienti con parodontite grave refrattaria al trattamento convenzionale, specialmente se il paziente non può interrompere il fumo. Gli antibiotici sistemici sono spesso combinati con le terapie meccaniche per migliorare i risultati clinici (Zambon, 1996).

Antibiotici di prima scelta

Amoxicillina e metronidazolo in combinazione sono spesso utilizzati per le infezioni parodontali in fumatori con elevata carica batterica, data la loro efficacia contro i batteri anaerobi. Studi clinici hanno dimostrato che questa combinazione migliora i parametri clinici come la profondità della tasca parodontale e la perdita di attacco clinico rispetto al solo trattamento meccanico (van Winkelhoff et al., 1996). La ciprofloxacina è un’alternativa in alcuni casi, soprattutto nei pazienti con allergie alla penicillina, data la sua attività contro i batteri gram-negativi che predominano nelle infezioni parodontali (Yoshimura et al., 1997). L’uso protratto di antibiotici come le penicilline e le cefalosporine nel trattamento di problemi dentali cronici, come la parodontite, può comportare una serie di effetti collaterali.

Questi farmaci sono spesso utili nel controllo delle infezioni batteriche, ma l’uso prolungato può portare a complicazioni per vari motivi. Uno degli effetti collaterali più gravi è lo sviluppo della resistenza batterica. I batteri presenti nel cavo orale possono adattarsi agli antibiotici, rendendoli meno efficaci nel tempo. Questo fenomeno è preoccupante, poiché un’infezione futura potrebbe risultare più difficile da trattare e richiedere antibiotici più potenti, con potenziali effetti collaterali anche maggiori.Nel caso specifico della parodontite, la resistenza batterica può complicare ulteriormente la gestione della malattia, dato che i batteri che colonizzano le tasche parodontali diventano più difficili da eradicare.

Danni al sistema digerente e al microbiota

L’uso prolungato di antibiotici può alterare significativamente il microbioma intestinale e orale. La flora batterica intestinale svolge un ruolo cruciale nella digestione e nella sintesi di vitamine e sostanze nutritive, nel controllo del metabolismo epatico, oltre a fornire una difesa contro patogeni. Un cambiamento nella sua composizione può portare a:

  • diarrea associata agli antibiotici (AAD), una condizione comune;
  • sviluppo della colite pseudomembranosa, una forma grave di diarrea causata dall’infezione da Clostridioides difficile;
  • squilibri della flora orale che possono favorire infezioni fungine (ad esempio, candidosi orale) e altre infezioni opportunistiche;
  • effetti tossici a livello epatico e renale: l’uso prolungato di antibiotici può sovraccaricare fegato e reni, poiché sono gli organi responsabili della metabolizzazione e dell’eliminazione dei farmaci. Questo può portare a nausea, vomito, affaticamento e, nei casi più gravi, insufficienza epatica. Un danno renale diventa particolarmente importante nei pazienti che già soffrono di malattie renali;

Problemi digestivi e di malassorbimento

Gli antibiotici possono influire negativamente sulla digestione e sull’assorbimento dei nutrienti. La distruzione dei batteri “buoni” nell’intestino può portare a carenze nutrizionali, poiché alcuni nutrienti non vengono più assorbiti correttamente. Alcune vitamine come la vitamina K e alcune del gruppo B sono sintetizzate dalla flora intestinale, e la loro carenza può portare ad anemie, stanchezza fisica e/ mentale, problemi di coagulazione e malessere generale. Gli antibiotici a spettro ampio come le cefalosporine possono favorire l’insorgenza di superinfezioni, cioè infezioni causate da batteri o funghi resistenti agli antibiotici. Ad esempio, le infezioni da funghi come la Candida possono proliferare a seguito dell’uso cronico di antibiotici, che riducono i batteri che normalmente limitano la crescita fungina. Per cui l’uso cronico di antibiotici per condizioni come la parodontite è un’opzione che dovrebbe essere valutata attentamente da uno specialista, e solo quando i benefici superano i rischi.

Limitazioni dell’antibiotico-terapia nei fumatori

L’uso di antibiotici nei pazienti fumatori è meno efficace rispetto ai non fumatori, dato che il fumo riduce la permeabilità dei tessuti e la loro capacità di rispondere ai farmaci. Studi hanno mostrato che la riduzione del numero di batteri patogeni nelle tasche parodontali dei fumatori trattati con antibiotici è temporanea e che i livelli batterici possono tornare rapidamente ai valori pre-trattamento una volta concluso il trattamento (Darby et al., 2000). Interrompere il fumo è cruciale per il successo a lungo termine del trattamento della parodontite. La letteratura scientifica supporta fortemente l’idea che la cessazione del fumo possa migliorare significativamente la risposta al trattamento parodontale, riducendo la perdita ossea e migliorando la guarigione (Johnson et al., 2000). Dato che il fumo di sigaretta incentiva la crescita batterica (disbiosi orale), è importante che il fumatore capisca che durante la terapia l’accesso al fumo deve essere, se non abolito, quantomeno ridotto al minimo, per evitare il fallimento della terapia farmacologica.

Conclusioni

La parodontite da tabagismo è una condizione difficile da trattare a causa degli effetti immunosoppressivi e vasocostrittivi del fumo. Gli antibiotici possono essere utili in casi selezionati, ma la loro efficacia è limitata dalla ridotta capacità di risposta dei tessuti orali dei fumatori. La strategia migliore è combinare le terapie convenzionali, inclusi gli antibiotici nei casi necessari, con un programma di cessazione del fumo, che è il fattore determinante per ottenere risultati a lungo termine.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Sreedevi M et al. International J Dentistry. 2012; 2012, 1-10.

Palmer RM, Wilson R et al. J Clin Periodontol. 2005; 32, 180.

Haffajee AD et al. J Clin Periodontol. 2001; 28(5), 377-388.

Fine DH et al. Periodontology 2000, 2012; 58(1), 210-220.

Johnson GK et al. Periodontology 2000, 2000; 32(1):180-194.

Van Winkelhoff AJ et al. J Clin Periodontol. 1996; 23(11), 927.

Tonetti MS et al. J Clin Periodontol. 1995; 22(2), 143-149.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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