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Quando le vitamine incontrano la genetica (II): gli effetti delle vitamine B oltre il semplice controllo metabolico

Introduzione

Nell’articolo precedente, pubblicato in data 11 Novembre, intitolato “Quando le vitamine incontrano la genetica: gli effetti delle vitamine B oltre il semplice controllo metabolico (parte 1)”, sono stati descritti alcuni aspetti dei meccanismi d’azione non convenzionali di certe vitamine del gruppo B. Tutti conoscono le vitamine del gruppo B, la loro importanza nel metabolismo dei grassi, dei carboidrati e degli aminoacidi; la loro integrazione alimentare può giovare in caso di carenze nutrizionali e supportare il surmenage fisico e mentale derivato dalle situazioni stressanti di ogni giorno. Ma non molti sanno che, in un modo o nell’altro, le vitamine del complesso B arrivano a condizionare anche i processi dipendenti dal DNA. In questo articolo tocca alla vitamina B3 ed alla vitamina B6.

Azioni molecolari della vitamina B3 che arrivano al DNA

La vitamina B3, nota anche come niacina o nicotinammide, è una vitamina idrosolubile essenziale che svolge ruoli chiave nei processi cellulari, principalmente come precursore dei cofattori nicotinammide adenina dinucleotide (NAD⁺) e nicotinammide adenina dinucleotide fosfato (NADP⁺). Questi cofattori sono centrali per la produzione energetica e per la regolazione di numerosi processi molecolari, inclusi meccanismi che influenzano l’espressione genica. Il NAD⁺ è essenziale per l’attività delle sirtuine, una classe di deacetilasi NAD⁺-dipendenti che regolano la struttura della cromatina e l’espressione genica. Le sirtuine, come SIRT1, rimuovono gruppi acetili dagli istoni e da altri fattori trascrizionali, influenzando l’accessibilità del DNA e la trascrizione di geni coinvolti nel metabolismo, nella risposta allo stress e nella longevità. La regolazione mediata dalle sirtuine attraverso la NAD⁺ è fondamentale per la modulazione dell’espressione genica in risposta a cambiamenti nutrizionali ed energetici.

C’è un’altra modalità con cui la vitamina B3 condizione l’espressione genica: modulare la funzione dell’oncosoppressore p53. Già vent’anni fa, Mc Lure et al. (2004) hanno dimostrato che NAD+ e TDP possono regolare direttamente l’attività di legame al DNA di p53 in vitro; e che il trattamento delle cellule per aumentare NAD+ o TDP con niacinamide o tiamina influisce sull’attività di p53 in vivo. I risultati in vitro hanno importanti implicazioni per la comprensione del meccanismo di azione di NAD+ sul legame al DNA di p53. La mutazione L344A impedisce a p53 di formare tetrameri in soluzione e l’attività di legame al DNA del singolo dimero risultante non è stata influenzata da NAD+ perché i dimeri non possono legare NAD+. Poiché p53 è presente nella cellula sotto forma di tetrameri, ma non dimeri, il NAD+ è in grado di modulare la forma cellulare rilevante di p53. Dato che NAD e tiamina impediscono l’attività di p53 sul DNA in caso di riparo del DNA, è possibile che l’azione chemiopreventiva di queste vitamine si eserciti con questa proteina.

P53 è anche coinvolto nel riparo del DNA indotto dalle radiazioni ionizzanti. Questo processo implica l’arresto della trascrizione genica regolare: a quasi tutti i fattori di trascrizione viene impedito di avere accesso alla cromatina, eccetto qualcuno implicato nella regolazione di proteine di riparo del DNA. La nicotinamide modula l’attività di enzimi come la poli-ADP-ribosio polimerasi 1 (PARP-1), coinvolta nella riparazione del DNA e nella risposta allo stress cellulare. PARP-1 usa NAD+ per aggiungere gruppi ADP-ribosio a proteine bersaglio, p53 stesso incluso, influenzando così la stabilità del genoma e la regolazione trascrizionale. Il sottoprodotto della reazione di modifica (ADP-ribosilazione), ADP-ribosio e nicotinamide liberi, invece frenano la PARP-1 stress. Un aumento dell’attività di PARP-1 sotto stress può depletare i livelli di NAD+, compromettendo l’omeostasi cellulare e influenzando l’espressione di geni legati alla riparazione del DNA e alla risposta infiammatoria.

Il NAD+ può anche condizionare l’espressione genica in modo “relativamente” diretto. Esso, infatti, è cofattore della proteina legante le porzioni C-terminali (CtBP-1), che è un repressore della trascrizione particolarmente importante per i neuroni. L’attività del co-repressore è regolata dal legame del NAD(H) ed oscilla per intensità quando il NAD ridotto diventa ossidato (NAD+). Sebbene i meccanismi precisi della loro attività di co-repressore nella trascrizione siano ancora in fase di studio, è noto che CtBP agisce come dimero e che riconosce il motivo di consenso PIDLS nelle proteine ​​leganti il ​​DNA. Il CtBP lega anche le istone deacetilasi (HDACs) e quindi è probabile che agisca come ponte proteico tra queste e fattori legati al DNA. CtBP-1 funge anche da corepressore trascrizionale associandosi direttamente con p300, un coattivatore generale della trascrizione. Infine, pare che CtBP-1 cooperi anche con la PARP-1 per il riparo del DNA, un processo che è attivamente operante a livello dei neuroni cerebrali.

Anche il NADP⁺ e la sua forma ridotta NADPH possono condizionare l’espressione genica, per lo più in modo indiretto. Essi sono essenziali per la biosintesi lipidica e per il mantenimento dello stato redox cellulare. NADPH è anche un cofattore cruciale per la rigenerazione del glutatione (GSH), attraverso l’enzima glutatione reduttasi (GSR1). L’equilibrio redox influisce sull’espressione di geni regolati da fattori trascrizionali sensibili allo stress ossidativo, come Nrf2, che controlla la trascrizione di geni di protezione antiossidante. Questa proteina ha è costitutivamente associata ad un suo inibitore, Keap-1, che è sensibile alle variazioni redox cellulare. Quando Keap-1 si ossida su dei residui di cisteina liberi Nrf-2 si libera, entra nel nucleo ed attiva la trascrizione genica specifica. Pertanto il ruolo ossido-riduttivo che le vitamine del gruppo B possono esercitare, non è unicamente da riferirsi alla stabilità metabolica ma anche a quella genetica, la cui alterazione è causa di numerose malattie, le più correlate delle quali sono le neoplasie.

Vitamina B6: anti-anemica e neuroprotettiva, ma come?

La vitamina B6, nota anche come piridossina, svolge un ruolo cruciale come cofattore in numerosi processi enzimatici attraverso la sua forma attiva, il piridossal-fosfato (PLP). Il PLP è coinvolto in più di 100 reazioni enzimatiche, molte delle quali essenziali per il metabolismo degli amminoacidi, la sintesi di neurotrasmettitori e il metabolismo dei lipidi. Di conseguenza, la vitamina B6 influenza anche l’espressione genica tramite vari meccanismi molecolari che regolano l’attività cellulare e la risposta allo stress. Per cominciare, la vitamina B6 attiva (PLP), è essenziale per reazioni di transaminazione, decarbossilazione e transulfurazione degli amminoacidi. Questo regola i livelli di metaboliti intermedi che agiscono come segnali per la trascrizione genica. Ad esempio, PLP è coinvolto nella sintesi di neurotrasmettitori come serotonina e dopamina, che possono influenzare indirettamente l’espressione di geni legati alla regolazione dell’umore e della risposta allo stress.

L’influenza della vitamina B6 su questi pathways può modulare l’espressione di geni coinvolti nel metabolismo e nella segnalazione neuronale. Ma c’è un modo con cui questa vitamina arriva più vicino al DNA. La vitamina B6 è fondamentale per la produzione di S-adenosil-metionina (SAM), un importante donatore di gruppi metilici nelle reazioni di metilazione del DNA e degli istoni. La metilazione del DNA è un meccanismo epigenetico che regola l’accessibilità del DNA e l’espressione genica. In caso di carenza di vitamina B6, i livelli di SAM possono diminuire, compromettendo la metilazione del DNA e influenzando l’espressione di geni associati a processi metabolici e di risposta allo stress. La metilazione del DNA è fondamentale perché le cellule terminali (es. neuroni, cellule muscolari, ecc.) restino con la loro identità. La de-metilazione del DNA spesso si associa al de-differenziamento, ovvero al ritorno delle cellule ad uno stato immaturo o francamente embrionale.

Quest’ultimo passaggio è l’espediente con cui le cellule tumorali diventano immortali: demetilando regioni critiche del DNA, le cellule tumorali permettono l’espressione di oncogeni e di altre proteine che nelle cellule normali non possono rimanere attive, pena la perdita sul controllo della replicazione o della specializzazione delle funzioni. La vitamina B6 ha pure un ruolo nella stabilità dell’RNA e nella sintesi proteica, influenzando così indirettamente la trascrizione e la stabilità delle proteine cellulari. Sarebbe questa la modalità con cui essa influenza la maturazione delle cellule midollari. Le cellule staminali emopoietiche del midollo osseo maturano verso precise identità cellulari (globuli bianchi globuli rossi, piastrine) grazie all’azione coordinata di fattori di crescita. Per quanti riguarda i precursori dei globuli rossi, la carenza di vitamina B6 interferisce con la loro maturazione a eritrociti maturi. E questo sembra avvenire con due meccanismi complementari.

Il primo è la regolazione dell’enzima delta-aminolevulinato sintasi (ALAS), che è critica per la sintesi dell’eme nella produzione di emoglobina. Il secondo riguarda la partecipazione della vitamina B6 nei processi di metilazione dell’RNA messaggero, un processo biologico che influenza la stabilità dello stesso perché esso venga più o meno a lungo tradotto in proteina da parte del processo di sintesi proteica. Infine, la vitamina B6 contribuisce alla sintesi di cisteina, un precursore del glutatione, uno dei principali antiossidanti cellulari. Il glutatione è essenziale per il mantenimento di un ambiente redox equilibrato e, quindi, per la stabilità dell’espressione genica. La vitamina B6 influenza la produzione di citochine infiammatorie e la risposta immunitaria. Sembra che questo fenomeno sia determinato dal controllo che essa esercita sull’attivazione redox-dipendente dei fattori di trascrizione NF-kB ed NF-ATc. La loro attivazione eccessiva, infatti, può essere prevenuta da adeguati livelli di GSH dato che questi sono sensibili in parte alle variazioni redox.

Indagini di laboratorio dimostrano che bassi livelli di vitamina B6 sono associati a una maggiore espressione di geni pro-infiammatori, come quelli che codificano per le interleuchine IL-6 e IL-1β. Queste citochine sottostanno a fenomeni infiammatori autoimmunitari e generali degli organi, fra i quali ultimamente spicca quello a carico del sistema nervoso centrale o neuroinfiammazione. La neuroinfiammazione è molto rappresentata in malattie come la sclerosi multipla ed in una condizione medica molto comune: la depressione. IL-1, IL-6 e TNF-alfa sono citochine che partecipano attivamente al fenomeno depressivo con vari meccanismi. Esse condizionano negativamente la plasticità sinaptica e l’espressione di proteine ed enzimi coinvolti nell’energia cellulare, nella sintesi di neurotrasmettitori e del dialogo neuroni-astrociti. Fra le altre cose, il PLP è anche il cofattore delle decarbossilasi per gli aminoacidi aromatici (tirosina e triptofano), che servono alla sintesi di noradrenalina, dopamina e serotonina.

Non c’è bisogno di rimarcare la conoscenza sulla correlazione fra la carenza di questi neuromediatori e la comparsa di depressione. Tutti conoscono i farmaci antidepressivi comuni che agiscono impedendo la ricaptazione di dopamina e serotonina (gli SSRI), affinché possano agire più a lungo sulla superficie delle cellule nervose. Ma non ci sono molte indagini su come l’integrazione alimentare di vitamina B6 (studi clinici controllati) possa essere di aiuto nel miglioramento dei sintomi nelle sindromi depressive. Al contrario, esisterebbero prove sul razionale di impiego della SAM nella gestione della condizione. La SAM, come detto in precedenza, serve alla sintesi dei neurotrasmettitori, ma funge da cofattore anche per la metilazione delle proteine e degli acidi nucleici. Se uno degli aspetti delle sue azioni è quello di condizionare la sintesi e la disponibilità di neurotrasmettitori, quello a lungo termine è quello di stabilizzare i regolari processi di metilazione della cromatina, al fine di evitare disordini trascrizionali a livello delle cellule cerebrali.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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