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Infiammazione cronica silente: la causa sottostante all’anemia cronica dell’anziano

L’invecchiamento è un processo inevitabile che è influenzato dalla genetica, dallo stile di vita e dall’ambiente. Tuttavia, i meccanismi alla base del processo di invecchiamento non sono completamente compresi. È stato dimostrato che l’invecchiamento è strettamente associato a un aumento delle citochine pro-infiammatorie. Il ferro è un importante micronutriente che svolge un ruolo vitale nell’organismo. Il fabbisogno giornaliero di ferro alimentare è di circa 1 mg per gli uomini e di 2-3 mg per adolescenti e donne. L’assunzione di ferro è di circa 15 mg/giorno nella dieta e solo il 5-10% di questa quantità viene assorbita nell’intestino. L’anemia sideropenica è causata da problemi nella sintesi dell’emoglobina. La diagnosi di anemia sideropenica deriva da valori di emoglobina inferiori all’11,5 g% nelle donne e inferiori al 13,5 negli uomini. Questo caso è abbastanza comune in tutto il mondo.

Essere anziani è un fattore di rischio per lo sviluppo di anemia sideropenica a causa dell’assunzione di farmaci, dei cambiamenti nell’appetito e del malassorbimento intestinale. Le citochine svolgono un ruolo importante nella regolazione della risposta infiammatoria. La ragione dell’aumentata frequenza di anemia in età avanzata potrebbe essere la disregolazione dei marcatori infiammatori con l’invecchiamento. È stato suggerito che un aumento delle citochine pro-infiammatorie dirette o indirette (PCR, TNF-α, IL-6 ecc.) inibisce l’eritropoietina e quindi può portare all’anemia. Inoltre, i peptidi antimicrobici (AMP) e le proteine ​​svolgono un ruolo importante nella difesa immunitaria umana. Gli AMP sono elementi chiave dell’immunità innata e della guarigione delle ferite. Defensine, epcidina e chemerina sono alcune delle proteine ​​antimicrobiche.

L’epcidina è un ormone scoperto di recente che viene sintetizzato nel fegato ed è una proteina antimicrobica che esibisce proprietà antibatteriche e antimicotiche mantenendo l’equilibrio del ferro nel microrganismo, regolandone così il metabolismo. La struttura dell’epcidina è progettata per legare gli atomi di ferro in una forma stabile e non rilasciabile, un processo chiamato chelazione. Quando le riserve di ferro sono adeguate, la produzione di epicidina aumenta nel fegato e i segnali eritropoietici portano a una riduzione della sua sintesi. Pertanto, può regolare il modo in cui il ferro viene trasportato dagli enterociti plasmatici nell’intestino tenue. Durante l’anemia, l’epcidina crea un importante collegamento tra le difese dell’organismo, l’infiammazione e il metabolismo del ferro, oltre alla compromissione fisiologica del midollo osseo dovuta all’età.

Altri peptidi difensivi come la chemerina e la defensina-beta sono anch’essi antimicrobici e agiscono sequestrando il ferro necessario alla crescita batterica, possono col tempo esaurire le scorte interne e portare ad anemia cronica. Infatti, questo è il meccanismo più probabile che gli scienziati ritengono sia responsabile dell’insorgenza di anemia in condizioni infiammatorie croniche. Disturbi intestinali come il morbo di Crohn, la colite ulcerosa e la celiachia sono tra le condizioni mediche più comunemente associate ad anemia cronica. Tradizionalmente, si pensava che l’anemia secondaria a queste patologie derivasse da malassorbimento intestinale dovuto all’erosione della mucosa. È solo da quasi vent’anni che il ruolo dell’epcidina e di peptidi simili è emerso come responsabile o concorrente della comparsa di anemia cronica in molte condizioni cliniche.

Le prime pubblicazioni che dimostrano un ruolo delle citochine infiammatorie nel causare l’anemia sideropenica risalgono all’inizio del 2000, fenomeno che si evidenzia negli anziani con patologie croniche come l’osteoartrite, il diabete, la broncopatia cronica, per citare le più comuni. Il problema diventa più evidente, poi, in particolari condizioni medico-cliniche. Patologie come la malattia renale cronica (MRC), le sindromi da allettamento, i postumi dell’ictus cerebrale e il diabete mal gestito (comprese le complicanze) hanno in comune un processo infiammatorio prolungato, ma con l’aggravante di essere lento e spesso subclinico, che diventa estenuante per l’organismo. Non ultime sono tutte le condizioni di infezione cronica di ferite chirurgiche o protesi, che si riscontrano di routine nel settore sanitario.

Considerando l’età media di oltre 70 anni di chi si sottopone a sostituzione dell’anca o del ginocchio per artrosi degenerativa, la concomitante concomitanza di altre patologie croniche (tra cui ipertensione e diabete coprono il 70% dei casi) e disturbi dei ritmi circadiani e dell’appetito che accompagnano l’ospedalizzazione e il riposo a letto, non c’è da stupirsi che la maggior parte dei pazienti sottoposti a chirurgia protesica risponda lentamente alla terapia con ferro per il recupero del quadro ematologico. Non è infrequente che alla sospensione della supplementazione esterna con ferro, il quadro ematologico torni lentamente a calare nuovamente e che diventi necessario ricorrere a trasfusioni di sangue o globuli rossi concentrati. Questa condizione è particolarmente evidente in chi soffre di MRC, dove si ricorre all’eritropoietina, l’ormone prodotto dai reni che stimola la costruzione dei globuli rossi.

La continua produzione di citochine dovuta a queste patologie stimola la produzione di epcidina epatica, proprio come se ci fosse un’infezione cronica nonostante questa fosse assente. E l’esaurimento delle riserve interne di ferro porta il corpo a sviluppare anemia, nonché spossatezza, affaticamento respiratorio e altri sintomi. Non dimenticare, infatti, che anche i muscoli hanno la loro emoglobina (che si chiama mioglobina) e che come questa contiene ferro. Invecchiare ha certamente i suoi lati negativi, e accumulare più morbilità non getta le basi. Invertire l’invecchiamento è impossibile e gli abusi commessi dai giovani vengono pagati dagli adulti. Per cui uno stile di vita adatto, sano e attivo, con occasionali eccezioni, è la cosa giusta da mantenere per invecchiare bene e/o in salute.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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