Il glioblastoma è una delle forme più letali di cancro al cervello ed è noto per la sua resistenza alle terapie standard. Nonostante i significativi progressi nelle terapie contro il cancro, le immunoterapie e le terapie mirate attualmente utilizzate hanno avuto un successo minimo nel migliorare i tassi di sopravvivenza nel glioblastoma. Si ritiene che questa resistenza derivi da diverse sfide uniche del glioblastoma, come la sua complessa eterogeneità cellulare e le caratteristiche immuno-evasive. Inoltre, attraversare la barriera emato-encefalica per raggiungere le cellule tumorali rimane un ostacolo significativo. I ricercatori stanno esplorando nuovi percorsi metabolici come potenziali bersagli terapeutici. A differenza dei tipici farmaci antitumorali che inibiscono la divisione cellulare, alcune terapie emergenti mirano a interrompere le vulnerabilità specifiche del cancro. L’uso di profarmaci, che vengono convertiti in farmaci attivi all’interno del corpo, sta guadagnando un’attenzione speciale a causa della loro capacità di colpire le cellule maligne risparmiando selettivamente i tessuti sani.
In un recente studio pubblicato su Nature, un team guidato da ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center ha studiato gli effetti del composto gliocidina nel colpire il glioblastoma, una forma aggressiva di tumore al cervello. Lo studio ha scoperto che la gliadina agisce su specifici percorsi cellulari per uccidere selettivamente le cellule di glioblastoma senza danneggiare le cellule normali. Inoltre, il composto può penetrare la barriera ematoencefalica, il che evidenzia il suo potenziale come opzione di trattamento per il glioblastoma. È stato condotto uno screening chimico ad alto rendimento (HTS) di oltre 200.000 composti utilizzando cellule di glioblastoma a basso passaggio derivate da modelli di topi geneticamente modificati. Sono stati esclusi i composti tossici per le normali cellule replicative. Lo screening ha identificato la gliocidina come un candidato promettente a causa della sua tossicità selettiva contro le cellule di glioblastoma. Per indagare il meccanismo d’azione, il team ha quindi utilizzato molteplici approcci sperimentali.
Sono state eseguite analisi genetiche utilizzando schermate CRISPR-Cas9 per identificare percorsi ed enzimi essenziali per l’attività della gliocidina. Sono stati condotti anche studi strutturali, tra cui la microscopia crioelettronica, per caratterizzare l’interazione tra la forma attiva della gliocidina, la gliocidina-adenina dinucleotide (GLAD), e l’enzima inosina monofosfato deidrogenasi 2 (IMPDH2), per comprendere i meccanismi di legame coinvolti nell’attivazione e nel metabolismo della gliocidina. La molecola è stata anche testata in combinazione con temozolomide, un chemioterapico standard per il glioblastoma, per valutare potenziali effetti sinergici. Lo studio ha scoperto che la gliocidina ha preso di mira in modo efficace le cellule del glioblastoma sfruttando specifiche vulnerabilità metaboliche delle cellule tumorali. Il composto è stato metabolizzato in GLAD all’interno del percorso di salvataggio NAD+, che ha quindi indirettamente inibito IMPDH2, un enzima chiave nel percorso di sintesi della purina.
Si è scoperto che questa inibizione porta a una grave riduzione dei livelli di nucleotidi guaninici, causando stress da replicazione e morte delle cellule di glioblastoma. Inoltre, i test biochimici hanno confermato che la gliocidina ha interrotto selettivamente la sintesi di nucleotidi guaninici nelle cellule di glioblastoma senza influenzare le cellule normali. Lo studio ha dimostrato questa specificità in più linee cellulari di glioblastoma e modelli di xenotrapianto derivati dai pazienti. Inoltre, gli studi farmacocinetici hanno rivelato che la gliocidina ha attraversato con successo la barriera ematoencefalica e si è accumulata nel cervello, garantendo una sua esposizione prolungata delle cellule tumorali. Inoltre, gli studi in vivo su topi portatori di glioblastoma hanno anche mostrato che la monoterapia con gliocidina ha soppresso significativamente la progressione del tumore. Quando combinata con temozolomide, un farmaco standard per il glioblastoma, la gliocidina ha prodotto effetti sinergici, portando a una maggiore riduzione del tumore e a migliori risultati di sopravvivenza.
Un’analisi di campioni tumorali di topi trattati ha rivelato che la terapia combinata ha aumentato la morte delle cellule del glioblastoma prendendo di mira sia le cellule tumorali proliferative che quelle non proliferative. I ricercatori hanno anche scoperto che l’efficacia della gliocidina dipendeva dall’enzima nicotinamide nucleotide adenil-transferasi 1 o NMNAT1, che regola il percorso di salvataggio NAD+. I tumori con maggiore espressione di NMNAT1 hanno mostrato una maggiore sensibilità alla gliocidina. È interessante notare che la terapia combinata con temozolomide ha aumentato ulteriormente l’espressione di NMNAT1, amplificando gli effetti antitumorali della gliocidina. Questo vuol dire che a breve la molecola potrebbe essere testata nell’uomo, permettendo di avere un’arma in più e soprattutto mirata nel trattamento di questo tumore ancora letale.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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