L’atassia spinocerebellare (SCA) è un disturbo neurodegenerativo che colpisce il cervelletto, implicato del coordinamento dei movimenti. I sintomi includono difficoltà di equilibrio, coordinazione e linguaggio (sintomi di atassia). In Giappone, circa 30.000 persone sono affette da SCA, con un terzo dei casi ereditari. Molte SCA ereditarie sono classificate come malattie da poliglutammina, un gruppo di disturbi causati da proteine con tratti poliglutammina (polyQ) lunghi anormali. Queste proteine si accumulano all’interno delle cellule nervose, formando aggregati che si ritiene contribuiscano alla disfunzione cellulare e alla progressione della malattia. La ricerca del professor Onodera presso l’Università di Niigata e del professor Nagai presso l’Università di Kindaii ha identificato la L-arginina, un amminoacido, come un composto promettente che inibisce l’aggregazione proteica polyQ. Nei modelli animali di malattia da poliglutammina, la L-arginina ha mostrato potenziale terapeutico (Minakawa EN et al. 2020).
Sebbene nello studio non siano stati indagati i possibili meccanismi con cui l’aminoacido ha migliorato le funzioni del cervelletto e lo stato della malattia, la conoscenza dei funzionamenti base di quest’organo possono dare degli indizi. La L-arginina è, tra le varie sue funzioni cellulari, un precursore dell’ossido nitrico (*NO) che è risaputo controllare i vasi sanguigni a livello periferico. Ma nel cervello è un efficace neuromodulatore di molte vie di segnalazione cellulare. In particolare, nel cervelletto esso fa parte della via NOS-GMPc-PKG, con la quale i suoi neuroni regolano le loro principali funzioni, da quelle metaboliche, alla moderazione dei segnali dei neurotrasmettitori locali (glicina, GABA e glutammato) fino all’espressione genica. Inoltre, le grandi dosi di arginina, come quelle presumibilmente usate nel trial in questione, innalzano le concentrazioni plasmatiche di ormone della crescita (GH) e di ormone insulino-simile (IGF-1); quest’ultimo ha noti effetti protettivi sulla vitalità neuronale.
Poiché la L-arginina è già un farmaco approvato, il team ha deciso di esplorarne la sicurezza e l’efficacia come potenziale trattamento per le malattie da poliglutammina negli esseri umani attraverso uno studio clinico. Questo studio (jRCT2031200135) è stato progettato come uno studio di fase 2 multicentrico, controllato con placebo, in doppio cieco, randomizzato per valutare l’efficacia e la sicurezza della L-arginina nella SCA6, un sottotipo di SCA con prevalenza relativamente elevata e presentazione uniforme dei sintomi in Giappone. Condotto da settembre 2020 a settembre 2022, lo studio ha coinvolto cinque istituzioni in Giappone: la Niigata University, il National Center of Neurology and Psychiatry, l’Institute of Science Tokyo, l’Osaka University e la Kindai University. Quaranta pazienti con SCA6 sono stati reclutati e assegnati in modo casuale a ricevere L-arginina o un placebo. Per 48 settimane, 20 pazienti hanno ricevuto L-arginina mentre gli altri 20 hanno ricevuto placebo.
Questo studio di fase 2 era esplorativo, con l’obiettivo primario di osservare la sicurezza e l’efficacia preliminare in un campione relativamente piccolo. Lo studio ha valutato l’efficacia del trattamento utilizzando la Scale for the Assessment and Rating of Ataxia (SARA), uno strumento standardizzato per valutare la gravità dell’atassia, in particolare nelle malattie cerebellari. I punteggi SARA basali e di follow-up a 48 settimane sono stati confrontati per misurare i cambiamenti nei sintomi dell’atassia. Dopo 48 settimane, il gruppo L-arginina ha mostrato un miglioramento di 0,96 ± 0,55 punti nei punteggi SARA medi, indicando una lieve riduzione dei sintomi dell’atassia. Al contrario, il gruppo placebo ha sperimentato un peggioramento medio di 0,56 ± 0,55 punti nei punteggi SARA. Ciò si traduce in un effetto del trattamento di circa 1,5 punti in un anno. Tuttavia, la differenza osservata tra i due gruppi non ha raggiunto la significatività statistica (p=0,0582), il che suggerisce che, sebbene possa esserci una tendenza positiva, sono necessarie ulteriori indagini.
In termini di sicurezza, sono stati segnalati due gravi eventi avversi potenzialmente associati al farmaco in studio: un caso di polmonite e un caso di compromissione epatica. Lo studio suggerisce che la L-arginina può offrire alcuni benefici terapeutici per i pazienti con SCA6, come indicato dal trend di miglioramento osservato nei punteggi SARA. Tuttavia, a causa della mancanza di significatività statistica, sono necessari studi di fase 3 più ampi e più solidi per stabilire definitivamente l’efficacia. Tali studi fornirebbero prove più affidabili per l’uso della L-arginina come trattamento per l’atassia spinocerebellare e potrebbero chiarire il suo profilo di sicurezza a lungo termine in questa popolazione. Se la L-arginina dovesse rivelarsi efficace in una coorte più ampia, potrebbe diventare un’importante opzione terapeutica, affrontando un’esigenza insoddisfatta nella gestione di questo disturbo neurodegenerativo progressivo.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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