Il COVID-19 potrebbe essere un fattore di rischio per la sclerosi multipla: lo ha dimostrato una nuova ricerca presso l’Università di Orebro e l’Ospedale universitario di Orebro, in Svezia. Scott Montgomery, professore di epidemiologia clinica, ha esaminato le cartelle cliniche di tutti i pazienti con Covid-19 ricoverati in ospedale in Svezia tra il 2020 e il 2022. I risultati hanno mostrato che circa 26 pazienti su 100.000 con Covid-19 grave hanno successivamente sviluppato SM. Questo era più del doppio del rischio rispetto a quelli senza una diagnosi di Covid-19. Il medico è stato molto chiaro con i risultati: la SM è una malattia rara e pochissime persone in questo studio avevano una diagnosi di SM collegata al COVID-19. Circa 26 persone con SM di nuova insorgenza su 100.000 con COVID grave rappresentano solo lo 0,02%.
Ecco come il dott. Montgomery ha espresso i suoi pensieri e le sue preoccupazioni: “Possono volerci dai 10 ai 20 anni prima che venga diagnosticata la SM in seguito a un’esposizione rilevante al cervello o al midollo spinale. La misura in cui il Covid-19 grave è una causa di SM diventerà più chiara tra diversi anni. Spero che la ricerca porti a una diagnosi precoce della SM tra le persone colpite, in modo che possano essere curate prima dello sviluppo di una malattia più avanzata. Poiché la maggior parte delle persone infette non svilupperà malattie come la SM, non dovrebbero preoccuparsi. Tuttavia, le persone con sintomi dovrebbero consultare un medico. Prima vengono curati i pazienti con SM, migliore sarà la loro qualità di vita, perché i trattamenti ritardano il peggioramento della malattia”.
Sottolinea inoltre l’importanza di garantire che tutti siano aggiornati con le vaccinazioni per prevenire le infezioni: “C’è una connessione con la gravità del Covid-19. Un Covid più grave è associato a un rischio maggiore di SM, che potrebbe portare alla scoperta di SM latente. Sono in corso ricerche simili su altre malattie che potrebbero essere causate dal Covid-19. I risultati delle ricerche giungono continuamente. Se riusciamo a seguire il gruppo di pazienti che è stato ricoverato in ospedale per Covid-19 grave e a identificare le malattie che hanno maggiori probabilità di svilupparsi successivamente, potremmo essere in grado di monitorare queste malattie e, si spera, aiutare i pazienti in modo tempestivo”.
Il Dr. Montgomery sospetta che il numero di persone a cui viene diagnosticata la SM a seguito di una grave infezione da coronavirus aumenterà negli anni successivi alla pandemia. Considerando che parte dei percorsi immunologici sregolati riscontrati durante un’infezione grave da coronavirus coincidono con alterazioni immunitarie presenti nella SM, è stato ipotizzato che il SARS-CoV-2 potrebbe essere un fattore di rischio per l’innesco o il peggioramento della SM negli individui predisposti. Effettivamente, reazioni di tipo autoimmune sono state riportate sia dopo l’infezione grave che durante l’infezione stessa, come alcune vasculiti. La PASC, la sindrome da COVID lungo immediatamente postuma all’infezione, presenta effettivamente dei tratti immunologici che non si discostano molto dall’autoimmunità.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Montgomery S et al. Brain Commun. 2024; in press.
Liu S et al. Front Immunol. 2024 Oct 18; 15:1451347.
Prosperini L et al. Lancet Reg Health Eur. 2024; 44:100979.
Diray-Arce J et al. Cell Rep Med. 2023; 4(6):101079.