Molti tumori mostrano dipendenza da fattori di trascrizione specifici del tessuto e del lignaggio che sono critici anche per il tessuto normale. Il recettore degli androgeni (AR-alfa) è il determinante centrale dell’identità, del lignaggio e della differenziazione del tessuto prostatico, controllando l’espressione genica specifica della prostata normale e soppressiva della crescita. Tuttavia, è anche un fattore chiave della tumorigenesi della prostata, venendo “dirottato” attraverso la riprogrammazione epigenetica per guidare la trascrizione oncogenica. È importante sottolineare che rimane il bersaglio terapeutico chiave per il carcinoma prostatico, anche nella malattia avanzata resistente al trattamento, dove alterazioni genomiche come l’amplificazione del gene ARa e dell’elemento regolatore, la sovraespressione, le mutazioni e le varianti di splicing di AR-alfa guidano la continua dipendenza dalla segnalazione degli androgeni.
La maggior parte dell’attenzione nel campo della riprogrammazione androgena è stata rivolta all’acquisizione di funzioni oncogeniche da parte di AR-alfa, associata a uno spostamento nella localizzazione cistromica (un segmento di DNA che è equivalente a un gene e che specifica una singola unità funzionale, come una proteina o un enzima) e nel controllo di nuovi geni bersaglio associati a effetti oncogenici. Tuttavia, la riprogrammazione in entrambe le direzioni può essere importante: la perdita delle funzioni soppressive del tumore può essere critica. È importante notare che le prove suggeriscono che i programmi trascrizionali oncogeni e soppressivi della crescita controllati da AR-alfa sono associati a una distinta regolazione epigenomica. Classicamente, quasi tutta l’espressione genica regolata da AR-alfa è mediata attraverso il suo legame diretto a sequenze di DNA note come Androgen Response Elements (ARE).
Nel K prostatico, il cistroma AR è distinto e altamente associato a motivi per fattori di trascrizione come FoxA1 e HoxB13, e questi possono guidare il cistroma AR a riflettere il cancro, mentre altre alterazioni genomiche compromettono il normale cistroma soppressivo della crescita e il trascrittoma del recettore androgenico, rivelando la plasticità e la dipendenza dal contesto dei programmi AR. Tuttavia, diversi problemi importanti rimangono in gran parte inspiegati: qual è l’importanza degli ARE canonici nella differenziazione dei programmi trascrizionali guidati da AR-alfa oncogeni e soppressivi della crescita? Questi programmi possono essere separati e modulati indipendentemente? Gli ARE canonici rimangono essenziali per le cellule del tumore prostatico? Gli scienziati della Weill Cornell Medicine hanno cercato di rispondere a queste domande tramite tecniche di genomica e le sorprese non sono mancate.
Per primo, nelle coorti di tessuto prostatico umano normale e campioni di cancro prostatico, gli ARE erano meno comuni nel cistroma AR cancro rispetto al tessuto prostatico normale. Ulteriori interrogazioni in un set di dati di tumore abbinato e tessuto normale, hanno dimostrato che ogni campione di paziente abbinato mostrava una deplezione del legame del recettore AR-alfa vicino agli ARE nel tumore, rispetto al normale abbinato. Questo, a prima intuizione, farebbe pensare che le cellule tumorali non stanno utilizzando AR-alfa come sempre ritenuto. Inoltre, l’espressione ectopica dei fattori di riprogrammazione androgena associati al K prostatico (FoxA1 e HoxB13) nelle cellule prostatiche normali ha determinato la deplezione degli ARE dal cistroma AR. Infine, nei modelli tumorali, la sovraespressione di FoxA1 ha determinato anche la deplezione degli ARE dal cistroma AR, mentre la deplezione di FoxA1 ha avuto l’effetto opposto.
Pertanto, il cistroma androgenico era associato ai motivi ARE nel tessuto prostatico normale ma impoverito nel tumore, suggerendo un elemento regolatore oncosoppressore. I ricercatori hanno quindi ipotizzato che l’attivazione di elementi regolatori contenenti ARE avrebbe effetti soppressori del tumore nelle cellule prostatiche. Tramite esperimenti cellulari successivi, il team ha dimostrato che l’attivazione degli elementi ARE nelle cellule tumorali è dispensabile per la loro crescita, il che da un lato lascia davvero perplessi. La terapia anticancro della prostata si basa su antagonisti AR-alfa (es. enzalutamide) o inibitori della 5-alfa reduttasi (es. finasteride) per impedire la produzione di androgeni a disposizione per le cellule tumorali. E’ anche vero che i casi di resistenza sono stati attribuiti non solamente alla comparsa di mutazioni su AR-alfa che riducono l’affinità dei farmaci o da altri meccanismi cellulari.
Ma non spiegano la iniziale risposta del tumore stesso a farmaci, se è vero che il recettore androgenico non è direttamente centrale per la loro proliferazione; e che, anzi, può fungere da onco-soppresore. I dati nelle linee cellulari di tumore prostatico hanno mostrato che l’attivazione degli elementi ARE determina fenotipi di soppressione della crescita, mentre la repressione degli ARE ha effetti minimi. In netto contrasto con le linee cellulari di cancro prostatico, la repressione degli ARE nelle cellule epiteliali prostatiche umane normali ha soppresso la crescita, mentre la loro attivazione ha avuto effetti minori. Il profilo di espressione genica in queste cellule prostatiche non trasformate era coerente con questi effetti, con downregulation di set di geni associati alla proliferazione (ad esempio c-Myc ed E2F) e repressione degli elementi ARE. Questi effetti sono stati esplorati anche a livello molecolare dai ricercatori, che hanno scoperto che l’epigenetica è uno dei punti centrali.
Enzimi modificanti come EZH2 ed istone deacetilasi HDAC3 sarebbero responsabili degli effetti osservati, ed HDAC3 risulta associata alla cromatina legata ad AR-alfa arricchita per elementi ARE.Gli scienziati hanno trovato livelli più elevati di HDAC3 indicativi di una sopravvivenza libera da malattia più scarsa. Questi dati sono coerenti con la funzione regolatrice proposta di HDAC3 nel moderare gli effetti inibitori della crescita guidati dall’attivazione di elementi ARE. Anche qui c’è una implicazione per la terapia antitumorale con gli inibitori delle istone deacetilasi convenzionalmente usati come antitumorali (es. vorinostat, belinostat, panabinostat). Essi non hanno effetto discriminante sulle HDACs anche se vengono considerati generali inibitori della principale isoforma (HDAC1) che è implicata nell’espressione genica. In questi effetti molecolari individuati, infatti, solo la HDAC3 è coinvolta ma non HDAC1 o HDAC2.
Questo non smentisce l’effetto antitumorale di questi farmaci ma non ne conferma la specificità assoluta. Passando alla clinica, il team di ricercatori ha esaminato l’impatto di queste firme sulla prognosi nei pazienti con cancro prostatico. In una coorte di oltre 169.000 pazienti con tumore in situ, con profili del trascrittoma disponibili, la firma della repressione ARE era associata a tumori più aggressivi, mentre l’attivazione ARE era associata all’opposto, ovvero tumori meno aggressivi. L’attivazione ARE era associata a più caratteristiche luminali, mentre la firma repressiva era più alta nei tumori classificati come sottotipo basale. In una coorte di 855 pazienti dopo prostatectomia radicale, un’elevata espressione della firma di attivazione repressiva ARE è stata associata a una sopravvivenza peggiore libera da metastasi, mentre l’espressione più elevata della firma attivata ARE è stata associata a una sopravvivenza libera da metastasi migliorata.
Infine, in coorti di pazienti con tumore metastatico resistente alla castrazione, la firma di attivazione ARE è stata associata a una sopravvivenza complessiva migliorata, al mantenimento del carattere luminale (più simile alla ghiandola originaria) e alla risposta farmacologica all’enzalutamide. La natura di soppressione della crescita della segnalazione di AR-alfa nelle cellule normali è un fenomeno ben noto ma poco compreso a livello meccanicistico. Mentre altri hanno proposto che una funzione di repressione trascrizionale di AR-alfa media questa attività, questi dati mostrano che l’attivazione diretta delle regioni cromatiniche contenenti elementi ARE coinvolge gli effetti di soppressione della crescita del recettore e suggerisce che sia responsabile una regolazione dipendente dal contesto. Molteplici fattori epigenetici possono svolgere un ruolo nel coordinamento di tali programmi. Nel complesso, i ricercatori hanno concluso che la HDAC3 serve a smorzare la funzionalità degi elementi ARe in seno alla cromatina.
Questa specificità non solo evidenzia il potenziale di HDAC3 come bersaglio terapeutico, ma chiarisce anche la base meccanicistica della dipendenza di AR/ARE dal contesto cromatinico e dal panorama regolatorio. Gli effetti di soppressione della crescita di AR sono anche altamente rilevanti dal punto di vista clinico. Invero, l’attivazione di AR-alfa con testosterone soprafisiologico o cicli di stimolazione/deprivazione androgenica (terapia androgenica bipolare) nei pazienti con carcinoma prostatico è emersa come promettenti strategie terapeutiche, con sperimentazioni cliniche in corso. Ma non bisogna dimenticare che ci sono anche dati indicanti come la crescita di carcinomi prostatici dipendenti da varianti mutate di AR-alfa possono concorrere a questo panorama eterogeneo. La ricerca, credendo di intervenire ad hoc, ha elaborato varianti farmacologiche che legano i recettori mutati credendo o sperando di soprassare i fenomeni di resistenza.
Ma dalla complessità delle informazioni a disposizione, non è detto che questa sia stata la soluzione finale giusta. Tuttavia, esse aprono la possibilità di sviluppare una terapia che riattivi il normale programma regolatorio nelle cellule del cancro alla prostata per frenarne la crescita.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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