Un nuovo studio sugli animali suggerisce che indirizzare i farmaci antidepressivi alle cellule dell’intestino potrebbe non solo essere un trattamento efficace per i disturbi dell’umore come depressione e ansia, ma potrebbe anche causare meno effetti collaterali cognitivi, gastrointestinali e comportamentali per i pazienti e i loro figli rispetto ai trattamenti attuali. Gli antidepressivi come Prozac e Zoloft che aumentano i livelli di serotonina sono importanti trattamenti di prima linea e aiutano molti pazienti, ma a volte causano effetti collaterali. Lo studio suggerisce che limitare i farmaci all’interazione solo con le cellule intestinali potrebbe evitare questi problemi. Per oltre 30 anni, gli SSRI sono stati i farmaci di prima linea per ansia e depressione e sono anche comunemente prescritti per trattare problemi gastrointestinali che si verificano contemporaneamente a questi disturbi dell’umore. Gli SSRI potenziano la segnalazione della serotonina e si pensa che gli effetti del farmaco sull’umore derivino dall’aumento della segnalazione della serotonina nel cervello, come avviene per il Parkinson.
La serotonina viene prodotta anche fuori dal cervello, in gran parte nelle cellule che rivestono l’intestino. Infatti, il 90% della serotonina del nostro corpo si trova qui. Gli SSRI quindi aumentano la segnalazione della serotonina non solo nel cervello ma anche nell’intestino, sollevando la possibilità che questo fenomeno possa avere un impatto sulla comunicazione intestino-cervello e, in ultima analisi, sull’umore. I ricercatori hanno testato questa possibilità nei topi utilizzando una combinazione di ingegneria genetica, chirurgia e prodotti farmaceutici. Per determinare se il targeting della serotonina nell’intestino può influenzare l’umore, i ricercatori hanno progettato topi per amplificare la segnalazione della serotonina nell’intestino. Hanno scoperto che gli animali con una maggiore segnalazione della serotonina nell’intestino mostravano meno ansia e comportamenti depressivi rispetto ai loro compagni di cucciolata non interessati. Questi risultati suggeriscono che gli SSRI producono effetti terapeutici agendo direttamente nell’intestino.
Gli animali non hanno mostrato nessuno degli effetti collaterali cognitivi o gastrointestinali comunemente osservati nei pazienti che assumevano SSRI o nei topi con un aumento della segnalazione della serotonina in tutto il corpo. I ricercatori hanno anche scoperto che il nervo vago era necessario per gli effetti antidepressivi e ansiolitici dell’intestino. Il nervo vago è noto da tempo per il suo ruolo critico nella comunicazione cervello/intestino, ma soprattutto per la comunicazione dall’alto verso il basso dal cervello all’intestino. Qui i ricercatori hanno scoperto che l’altra direzione è critica, con la segnalazione del nervo vago dall’intestino al cervello. Tuttavia, in questa ricerca non è stato studiato come ciò accadrebbe. Ci sono tuttavia problemi relativi alla terapia della depressione con SSRI durante la gravidanza. Per le madri incinte gli SSRI presentano un problema unico, perché i farmaci attraversano la placenta e sono stati associati a problemi dell’umore, cognitivi e gastrointestinali più avanti nell’infanzia.
Ma non curare la depressione di una donna incinta comporta anche dei rischi per i suoi figli. Un SSRI che aumenta selettivamente la serotonina nell’intestino potrebbe essere un’alternativa migliore. La precedente ricerca del dott. Ansorge sugli animali ha trovato risultati simili, identificando cambiamenti comportamentali nella prole esposta solo brevemente agli SSRI durante lo sviluppo. Il nuovo studio si aggiunge alle prove che l’esposizione in utero agli antidepressivi che prendono di mira la serotonina ha effetti negativi sui bambini. I ricercatori hanno esaminato più di 400 madri e bambini e hanno scoperto che i bambini esposti a tali antidepressivi avevano 3 volte più probabilità di sviluppare stitichezza nel loro primo anno di vita. I ricercatori stanno ora lavorando per sviluppare un SSRI selettivo che agisca sull’intestino tramite forme di tecnologia di somministrazione, che potrebbe essere un’opzione migliore per il trattamento della depressione e dell’ansia, soprattutto nelle donne incinte.
Il lavoro ha, però, implicazioni più larghe non trattate qui. Anche se non investigato, è bene ricordare che la serotonina nell’intestino ha delle funzioni di controllo della motilità intestinale, sull’immunità locale ed interagisce anche col microbiota. Ci sono ceppi batterici stessi che sintetizzano serotonina dal triptofano e usano questo mediatore per dialogare con le cellule immunitarie residenti. Alcuni Autori hanno speculato che un disordine di questo processo sia sottostante alla comunissima sindrome del colon irritabile (IBS), che è piuttosto comune riscontrare in persone affette da ansia e/o depressione. Il cervello interagisce bidirezionalmente con i processi intestinali all’interno del lume e della parete intestinale, con il sistema nervoso autonomo, in particolare il nervo vago, che svolge un ruolo importante. Tuttavia, anche il sistema nervoso enterico (SINE) è cruciale nel percorso fisiopatologico dell’IBS. La via di segnalazione CRF-TLR4 tramite la glia enterica e la produzione di serotonina nelle cellule enteroendocrine alla barriera enterica sono tra le nuove scoperte più comprese che influenzano l’IBS attraverso il SINE.
Inoltre, il microbiota regola i segnali neuronali, modificando la funzione enterica alterando il numero di batteri enterici e altri meccanismi. Nello specifico, gli stimoli provenienti dal tratto gastrointestinale influenzano l’espressione della triptofano idrossilasi 1 (Tph1), che regola la produzione di serotonina. I recettori TLR4 e TLR2, che rispondono agli stimoli provenienti dal microbiota intestinale, sono coinvolti nella produzione di serotonina. Ora, ansia, depressione ed IBS sono risultate parzialmente responsive all’integrazione terapeutica con probiotici della famiglia Bifidobacterium indicando che una specifica “firma chimica metabolica” è necessaria alla comparsa di regolazione. Il Bifidobacterium è capace di correggere parzialmente anche la stipsi, che è uno dei fenomeni periferici clinicamente più importante in queste condizioni, indicando perciò che gli antidepressivi potrebbero davvero agire in periferia prima che dentro il cervello. Diversi tipi di IBS mostrano variazioni nei livelli di serotonina e nella motilità gastrointestinale.
I pazienti con IBS-D hanno in genere livelli di serotonina aumentati, mentre i pazienti con IBS-C hanno livelli diminuiti. Questi cambiamenti nel metabolismo della serotonina possono influenzare la motilità gastrointestinale. Pertanto, la produzione di serotonina influenza la motilità gastrointestinale attraverso la sua influenza sui nervi enterici, che può contribuire a vari sintomi dell’IBS. Inoltre, gli acidi grassi a catena corta o SCFA, coinvolti nella produzione di serotonina, si trovano a livelli più elevati nei pazienti con IBS. Infine, esistono prove che la somministrazione di antidepressivi rimodella la composizione del microbiota intestinale. Una metanalisi che sarà pubblicata il prossimo Gennaio, che ha analizzato 24 studi su esseri umani (per un totale di 849 soggetti), ha esaminato la diversità a livello di comunità del microbioma intestinale e l’abbondanza relativa dei taxa microbici nelle persone con depressione maggiore. In questi soggetti trattati con antidepressivi si è osservata una costante deplezione dei generi Faecalibacterium e Parasutterella, insieme a un arricchimento di Bifidobacterium.
Ciò conferma l’effetto positivo della terapia antidepressiva sulla composizione del microbiota intestinale che, a sua volta, potrebbe essere responsabile degli effetti tardivi degli antidepressivi sulle variazioni positive dell’umore. Conferma, altresì, ancora una volta il complesso intreccio funzionale fra intestino, microbiota e neurochimica sulla funzionalità ed il benessere mentale.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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