Le più recenti ricerche scientifiche suggeriscono che la terapia ormonale sostitutiva (HRT) a breve termine utilizzata durante la menopausa non sembra avere effetti significativi sulle funzioni cognitive delle donne. Questo risultato rappresenta un passo importante nel comprendere meglio le implicazioni neurocognitive dei trattamenti ormonali somministrati per alleviare i sintomi della menopausa, come le vampate di calore, l’insonnia e i disturbi dell’umore. Nonostante studi precedenti abbiano sollevato preoccupazioni riguardo al possibile impatto negativo o positivo della HRT sulle capacità cognitive, le analisi più recenti mostrano una neutralità generale quando il trattamento viene somministrato per brevi periodi di tempo e in dosi controllate.
I ricercatori hanno osservato che la somministrazione di estrogeni e/o progesterone non sembra influenzare significativamente la memoria, l’attenzione o altre funzioni esecutive, specialmente se iniziata vicino all’inizio della menopausa. Questo contrasta con alcune teorie che suggerivano unorno ruolo protettivo della HRT sul declino cognitivo, in particolare quando somministrata precocemente, e con altre che ne indicavano un potenziale rischio neurocognitivo. Studi longitudinali a breve termine indicano che fattori come l’età di insorgenza del trattamento, la durata della terapia e la composizione ormonale giocano un ruolo chiave nel determinare eventuali effetti sulle funzioni cerebrali. È importante notare che questi risultati si riferiscono principalmente a donne in buona salute senza condizioni preesistenti come demenza o altre patologie neurologiche.
L’impatto della HRT su queste popolazioni potrebbe variare e richiedere ulteriori studi. Questi dati sono di grande rilevanza per medici e pazienti, poiché permettono di prendere decisioni più informate riguardo all’uso della terapia ormonale, bilanciando i benefici nel controllo dei sintomi menopausali con i potenziali rischi o assenza di benefici sul piano cognitivo. Rimane comunque cruciale continuare le ricerche a lungo termine per comprendere meglio l’impatto cumulativo della HRT sulla salute del cervello, considerando anche variabili come la predisposizione genetica e lo stile di vita. Ci sarebbe poi da considerare che la somministrazione di ormoni femminili sostitutivo potrebbe in un certo senso prevenire anche altri fenomeni legati alla menopausa, che i clinici ed i medici di condotta spesso non considerano direttamente o precocemente.
Stiamo parlando delle variazioni di umore e dei disturbi del sonno, che possono essere facilmente spiegate con la nota neurochimica di interazione fra gli estrogeni e certi sistemi di neurotrasmissione. Si ritiene che un calo della secrezione di estrogeni, insieme ad altri cambiamenti ormonali e fluttuazioni dei neurosteroidi durante il periodo peri-menopausale, causi una disregolazione dell’equilibrio del neuromediatore GABA tra i recettori GABA-A e GABA-B nel cervello, che porta ulteriormente allo sviluppo di sbalzi d’umore. Il GABA è anche uno dei mediatori del sonno: basti pensare che alcune comuni benzodiazepine sonnifere (es. delorazepam, prazepam, triazolam ed altre similari) attivano proprio i recettori GABA-A per esercitare i loro effetti.
La carenza di estrogeni potrebbe influenzare significativamente queste capacità, spiegando l’insonnia, le amnesie iniziali, le variazioni di umore e la poca efficacia di certi farmaci in una fetta di donne in menopausa.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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