La malattia di Alzheimer (ALD), la forma più comune di demenza, continua a essere una delle più grandi sfide della medicina moderna. Questo disturbo neurodegenerativo progressivo colpisce milioni di persone in tutto il mondo, con numeri che dovrebbero raggiungere i 150 milioni entro il 2050. Caratterizzata da un declino della memoria e delle funzioni cognitive, l’ALD ha un impatto devastante su pazienti e famiglie, oltre a imporre un pesante fardello sui sistemi sanitari. La ricerca degli ultimi anni ha prodotto un crescente corpo di prove che collega l’ALD alla sindrome metabolica (SIME), un insieme di condizioni simultanee che includono diabete, obesità, ipertensione e livelli anomali di grassi nel sangue o dislipidemia. Mentre la ricerca ha stabilito alcune connessioni tra l’ALD e queste singole condizioni, la relazione precisa tra l’ALD e ogni componente della SIME rimane poco chiara, in particolare per quanto riguarda i meccanismi biologici sottostanti.
In questo contesto, una revisione completa della letteratura pubblicata lo scorso dicembre esplora queste connessioni cruciali. Il lavoro si concentra in particolare su come un metabolismo dei grassi alterato potrebbe contribuire allo sviluppo e alla progressione dell’Alzheimer. La revisione rivela intricate connessioni tra diabete e ALD, suggerendo che problemi correlati alla regolazione dell’insulina potrebbero contribuire allo sviluppo dell’ALD in modi inaspettati. Quando il corpo diventa resistente all’insulina, produce più ormone per mantenere normali livelli di zucchero nel sangue. Tuttavia, un eccesso di insulina può interferire con la capacità del cervello di eliminare le proteine Aβ, portando potenzialmente alla formazione di dannose placche amiloidi, un segno distintivo dell’ALD. Questa connessione è così significativa che alcuni ricercatori hanno iniziato a riferirsi all’Alzheimer come “diabete di tipo 3”.
L’ipertensione, un altro componente chiave della SIME, sembra avere un impatto distinto sulla salute del cervello. Le ricerche esistenti suggeriscono che l’ipertensione di mezza età può aumentare significativamente il rischio di sviluppare demenza più avanti nella vita. Gli studi di imaging cerebrale hanno anche dimostrato che l’ipertensione può ridurre lo spessore della corteccia cerebrale e potenzialmente promuovere lo sviluppo di demenza senile, in particolare negli individui portatori di specifici fattori di rischio genetici come l’apolipoproteina E4 (APOE4). La relazione tra obesità e AD presenta un quadro complesso, con la tempistica che apparentemente gioca un ruolo cruciale. I ricercatori hanno indicato che essere in sovrappeso in età adulta, piuttosto che in età avanzata, può essere più fortemente collegato allo sviluppo di diverse forme di demenza e declino cognitivo.
Le scansioni cerebrali di individui obesi hanno rivelato cambiamenti simili a quelli osservati nell’ALD, tra cui riduzioni del volume della materia grigia. Forse la cosa più intrigante è che la revisione evidenzia come la dislipidemia possa svolgere un ruolo centrale nel collegare queste varie condizioni all’AD. Varie analisi passate hanno trovato collegamenti tra la disregolazione nel metabolismo del colesterolo e degli acidi grassi con condizioni cerebrali o neuronali dannose. Questi includono la neuroinfiammazione, l’accumulo di proteine Aβ, la rottura della barriera ematoencefalica e lo stress ossidativo, tutti analizzati in dettaglio da una prospettiva di biologia molecolare nell’articolo. È importante notare che questa revisione della letteratura sottolinea il fatto che mantenere livelli sani di grassi nel sangue potrebbe essere più importante per la salute del cervello di quanto si pensasse in precedenza.
Le promettenti strategie preventive o terapeutiche attualmente in fase di studio includono persino farmaci per abbassare il colesterolo e approcci dietetici, come diete mediterranee e chetogeniche e integrazione di acidi grassi omega-3. I ricercatori hanno osservato che circa un terzo dei casi di Alzheimer nel mondo potrebbe essere collegato a fattori di rischio modificabili. Con la crescente prevalenza di diete ricche di grassi e una maggiore durata della vita, è diventato fondamentale comprendere come la sindrome metabolica e la dislipidemia contribuiscano al declino cognitivo. Anche se l’incidenza sia della sindrome metabolica che dell’Alzheimer continua ad aumentare a livello globale, queste intuizioni potrebbero svolgere un ruolo fondamentale per lo sviluppo di strategie e trattamenti di prevenzione più efficaci.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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