Quando un tumore si sviluppa, crea attorno a sé una struttura chiamata stroma tumorale, all’interno della quale i vasi sanguigni e linfatici assicurano gli scambi biologici nutrizionali e respiratori. La linfangiogenesi, ovvero lo sviluppo dei vasi linfatici, è generalmente associata a una prognosi sfavorevole, poiché favorisce la diffusione delle metastasi ad altri organi. Studiando le cellule che compongono la parete dei vasi linfatici, un team dell’Università di Ginevra (UNIGE) ha fatto una scoperta inaspettata: un enzima da esse espresso sembra svolgere un ruolo chiave nel supportare le cellule immunitarie, in particolare quando vengono attivate da trattamenti antitumorali. Questi risultati, pubblicati su Nature Communications, potrebbero aprire la strada al miglioramento dell’efficacia delle immunoterapie.
Il team di ricerca ha misurato l’espressione genica delle cellule endoteliali linfatiche, le cellule che compongono la parete dei vasi linfatici, nel melanoma e nella pelle sana di topi. Hanno rilevato una sovraespressione di un enzima chiamato colesterolo 25-idrossilasi (CH25H) nelle cellule endoteliali linfatiche associate ai tumori, un risultato che hanno confermato negli esseri umani: più vasi linfatici contenevano i melanomi, più questo enzima era sovraespresso. La funzione di questo enzima è quella di convertire il colesterolo in 25-idrossi-colesterolo, un metabolita importante nell’immunità antivirale. Nel melanoma, questo enzima sembra avere anche un impatto sul sistema immunitario, probabilmente indebolendo i meccanismi di difesa del tumore. Infatti, il microambiente tumorale produce da sè fattori che inibiscono l’attivazione delle cellule immunitarie.
Tuttavia, il 25-idrossicolesterolo impedisce questa inibizione e quindi consente una migliore attivazione dell’immunità antitumorale. Il team del Prof. Hugues ha quindi eliminato questo enzima nelle cellule endoteliali linfatiche del topo. La sua assenza ha portato a un brusco calo dei livelli di 25-idrossicolesterolo nei tumori del melanoma, seguito da una soppressione dell’attività immunitaria che ha portato a una lotta molto meno efficace contro la malattia. Al contrario, i topi vaccinati con antigeni tumorali hanno mostrato un chiaro aumento nell’espressione di CH25H e nella produzione di 25-idrossicolesterolo, portando a una migliore attivazione delle cellule immunitarie. Ciò è coerente con le osservazioni cliniche: nei pazienti sottoposti a immunoterapia, l’espressione di questo enzima fornisce un’indicazione della risposta al trattamento.
Ricercatori presso la Wuhan University, invece, hanno scoperto un altro metabolita del colesterolo che svolge un ruolo critico nello sviluppo del morbo di Parkinson nei topi. Lo studio dimostra che questo metabolita è responsabile della formazione di corpi di Lewy e della morte dei neuroni dopaminergici nel cervello, tipici del morbo di Parkinson. Bloccare la sua attività o impedire che venga prodotto dall’organismo potrebbe quindi essere una strategia efficace per curare la malattia. Esso si sviluppa quando la proteina sinucleina alfa (alfa-Syn) forma grumi di minuscole fibre patologiche nel cervello chiamate corpi di Lewy, che si diffondono da una cellula cerebrale all’altra e alla fine innescano la morte dei neuroni dopaminergici. Il nuovo studio si concentra su ciò che causa la diffusione dell’alfa-Syn patologica, con gli autori che ipotizzano che il colpevole sia il 24-OHC.
Il 24-idrossi-colesterolo è un metabolita del colesterolo visto essere presente ad alti livelli nel cervello delle persone con il Parkinson e che aumenta con l’età. Dopo aver confermato che i livelli di 24-OHC erano più alti nel sangue dei pazienti con il morbo di Parkinson e in un modello murino della malattia, i ricercatori ne hanno bloccato la produzione nel modello murino eliminando l’enzima che lo genera dal colesterolo. Ciò ha ridotto sia la diffusione delle fibre alfa-Syn dannose sia il danno ai neuroni dopaminergici. Ulteriori esperimenti con neuroni in coltura hanno mostrato che l’aggiunta di 24-OHC ha causato la trasformazione delle normali fibre alfa-Syn in fibre patologiche. L’iniezione di queste fibre nei topi ha portato a una maggiore diffusione dei corpi di Lewy, a una maggiore degenerazione dei neuroni dopaminergici e a maggiori deficit motori rispetto all’iniezione di fibre alfa-Syn formate in assenza di 24-OHC.
Farmaci inibitori della conversione del colesterolo in 24-OHC potrebbero quindi essere un trattamento efficace per la malattia. L’enzima colesterolo 24-idrossilasi (CH24H), nota anche come citocromo CYP46A1, è espresso prevalentemente nei neuroni dove converte il colesterolo in 24S-idrossicolesterolo. Nel 2021 è stata segnalata la scoperta del soticlestat, un inibitore selettivo del CYP46A1 che entra nel cervello oltrepassando la barriera emato-encefalica. E’ sotto indagine per le epilessie, poiché somministrato ai topi affetti da crisi epilettiche indotte artificialmente ne riduce la frequenza e protegge il loro ippocampo dalla perdita cellulare indotta dalle crisi. Questo perchè il 24-OHC sembra promuovere lo stress ossidativo cellulare. L’inibizione della CH24H, perciò può rappresentare un valido target di trattamento di certe condizioni neurodegenerative.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
PLoS Biol. 2025 Feb; 23(2):e3002974.
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