La malattia di Kawasaki è relativamente rara e colpisce principalmente i bambini di età compresa tra 6 mesi e 5 anni. Attualmente, non esiste un test diagnostico per la malattia di Kawasaki. I segni clinici includono febbre, eruzione cutanea, gonfiore di mani e piedi, irritazione e rossore delle sclere, ingrossamento dei linfonodi del collo e irritazione e infiammazione di bocca, labbra e gola. I bambini con la malattia di Kawasaki hanno il 20% di possibilità di sviluppare malattie cardiache, mentre i neonati sono a rischio più elevato con il 50 percento di possibilità di complicazioni cardiache. Il trattamento standard, immunoglobuline endovenose e aspirina, riduce sostanzialmente il rischio di malattie cardiache; gli steroidi possono essere aggiunti ai pazienti a più alto rischio.
La ricerca dello Stanley Manne Children’s Research Institute presso l’Ann & Robert H. Lurie Children’s Hospital di Chicago suggerisce fortemente che la malattia di Kawasaki sia causata da un singolo virus respiratorio che deve ancora essere identificato. I risultati contraddicono la teoria secondo cui molti patogeni o tossine diversi potrebbero causare questa malattia che può portare a gravi complicazioni cardiache nei bambini piccoli. Considerando che la vasculite di Kawasaki è una malattia ad eziologia autoimmune, l’ipotesi è dunque che un’infezione virale sottostia alle alterazioni di risposta immunologica contro il virus stesso, che potrebbero innescare l’autoimmunità.
Nel loro studio, il dott. Rowley e i colleghi hanno preparato anticorpi da cellule del sangue di bambini con la malattia di Kawasaki, per vedere cosa questi anticorpi avrebbero preso di mira nei campioni di tessuto di pazienti deceduti a causa della malattia. Hanno scoperto che gli anticorpi riconoscevano i cosiddetti corpi di inclusione, che sono sottoprodotti di un virus, in tutti i 20 campioni di tessuto che rappresentavano casi provenienti dagli Stati Uniti e dal Giappone nell’arco di 50 anni. Svelare l’identità di questo virus potrebbe aprire strategia di prevenzione e di “evitamento” all’esposizione contro lo sviluppo di questa condizione pediatrica.
Ma le buone notizie nel campo non sono finite: un altro gruppo di ricerca ha identificato un composto naturale che sembra promettente nella prossima terapia medica della malattia di Kawasaki. Si tratta del criptotanshinone, un terpene aromatico normalmente presente nella Salvia miltiorrhiza, una variante di salvia cinese usata nella farmacopea. Pare che la sostanza riduca significativamente l’infiammazione nella radice aortica e nelle arterie coronarie, inibendo l’attivazione di macrofagi e neutrofili, che sono fattori critici della patogenesi della malattia. L’analisi farmacologica di rete ha suggerito che il criptotanshinone modula il percorso di segnalazione delle chemochine, specie la CCL8.
Questo inibisce così il reclutamento di cellule infiammatorie e previene l’ulteriore progressione della vasculite. Non sono stati spiegati i meccanismi sottostanti, ma è noto dalla ricerca di base che la molecola blocca la funzione dei fattori di trascrizione STAT-3 ed NF-kB, responsabili della sintesi di numerose citochine e chemochine infiammatorie. Come meccanismi additivi, il composto condiziona anche la funzione del complesso Rsk1-mTORC1-4EBP1, necessario alla sintesi proteica cellulare indotta da fattori esterni. Questo rappresenta il primo composto non sintetico che potrebbe trovare impiego nella gestione della vasculite di Kawasaki.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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