lunedì, Aprile 7, 2025

Cambiare da colon a tenue? Si può: la nuova scoperta per la sindrome dell’intestino corto

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Eliminando un singolo gene si riprogramma una parte dell’intestino crasso per funzionare come l’intestino tenue che assorbe i nutrienti. In uno studio preclinico, i ricercatori della Weill Cornell Medicine hanno dimostrato che la tecnica ha invertito la malnutrizione che si verifica quando viene rimossa la maggior parte dell’intestino tenue. La dimostrazione di successo suggerisce che una strategia simile potrebbe essere utilizzata per trattare la sindrome dell’intestino corto, un disturbo pericoloso per la vita che può verificarsi quando rimane molto poco dell’intestino tenue dopo un intervento chirurgico per affrontare un’infiammazione cronica, un cancro, un trauma o condizioni congenite. Poiché l’intestino tenue è il principale assorbitore di nutrienti (l’intestino crasso, o colon, invece assorbe principalmente acqua), i pazienti con sindrome dell’intestino corto potrebbero aver bisogno di ricevere tutta la loro nutrizione per via endovenosa.

Nel nuovo studio, pubblicato su Gastroenterology, i ricercatori hanno dimostrato che in un modello preclinico di sindrome dell’intestino corto, l’eliminazione del gene del colon SATB2 spinge le cellule del colon superiore a cambiare la loro identità in cellule simili all’intestino tenue, ripristinando l’assorbimento dei nutrienti e invertendo la perdita di peso. I ricercatori Zhou e Huang e i loro colleghi hanno scoperto il ruolo chiave di SATB2 nel mantenimento dell'”identità” delle cellule del colon in una ricerca precedente del 2021. SATB2 è un regolatore trascrizionale che coordina certi aspetti dell’organizzazione della cromatina e serve alla determinazione cellulare nelle ossa e nel cervello. Poco è noto delle sue funzioni nella maggior parte degli altri organi. Dal punto di vista molecolare, recluta sia repressori (come le istone deacetilasi o HDACs) o attivatori (le HATs) nelle regioni promoters o enhancers dei geni bersaglio.

Nella nuova indagine gli scienziati hanno scoperto che l’eliminazione di questo gene nelle cellule del colon di topi o umani, fa sì che le cellule inizino a funzionare come le cellule della porzione più bassa dell’intestino tenue chiamata ileo, che normalmente è adiacente al colon superiore. Poi hanno testato se l’eliminazione del gene potesse migliorare l’assorbimento dei nutrienti nei modelli preclinici della sindrome dell’intestino corto. Hanno scoperto che i topi che hanno perso il gene hanno recuperato rapidamente il loro peso normale e 4 su 5 sono sopravvissuti per più di 60 giorni, a differenza dei topi di controllo che hanno mantenuto il gene, che hanno avuto solo il 10% di sopravvivenza a 60 giorni. Gli investigatori hanno scoperto che la struttura del tessuto e la presenza di vasi sanguigni e linfatici nel colon superiore dei topi trattati assomigliavano a quelli trovati nel tessuto ileale e supportavano l’assorbimento dei nutrienti simile all’ileo.

Facendo un ulteriore passo avanti verso la terapia genica umana, i ricercatori hanno testato la loro strategia in piccoli grumi di tessuto simili a organi chiamati “organoidi”, derivati ​​da cellule del colon umano. Hanno utilizzato un virus associato all’adenovirus (AAV) per fornire un editor di geni per l’eliminazione di SATB2, dimostrando che gli organoidi del colon trattati diventavano simili all’ileo e riuscivano a sopravvivere quando trapiantati nei topi. Il team sta continuando a sviluppare la loro strategia terapeutica e prevede di testarla su modelli preclinici più avanzati di sindrome dell’intestino corto in futuro. Questa condizione compare quando ci sono patologie invalidanti dell’intestino come il morbo di Crohn, la sclerodermia oppure in caso di resezione dell’intestino dovuta ad infarti intestinali o tumori. Nei bambini può dipendere dalla enterocolite necrotizzante che compare nei prematuri sottoposti a nutrizione enterale.

Considerate le implicazioni cliniche di queste condizioni, una simile scoperta può quantomeno aiutare i clinici a concedere ai pazienti una migliore qualità di vita.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Liu, T, Li S, Munera J et al. Gastroenterology 2025; in press.

Gu W, Huang X et al. Nat Commun. 2024; 15(1):3595.

Ni H, Chen Y et al. J Crohns Colitis. 2021; 15(12):2088-2102. 

Múnera JO e tal. Cell Stem Cell. 2017 Jul; 21(1):51-64.

Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la Clinica Basile di catania (dal 2013) Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania (del 2020) Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna dal 2024. Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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