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Aloe vera: serve davvero a tutto ciò che si dice?

Quando si parla di Aloe vera, viene subito in mente l’estratto o il suo succo da bere di questa pianta, che funge da elisìr di giovinezza, che risolve ogni malanno stagionale o che eradica dalle più comuni alle più rare patologie esistenti. Bisogna ridimensionare le miriadi di notizie presenti sul web, molte delle quali non pubblicate da reali esperti del settore o, peggio, pubblicate da entusiasti o salutisti di parte, che vorrebbero soppiantare il resto dei trattamenti esistenti La banche dati ufficiali sono piene di citazioni o autorevoli pubblicazioni concernenti l’impiego e/o l’efficacia dell’Aloe vera in situazioni para-fisiologiche o francamente patologiche. Il punto centrale è trovare la controparte in vivo, ovvero, studi clinici pilotati, di una certa durata e con un numero sufficiente di coorti, per poter ottenere la significatività statistica. Non è infrequente, invero, trovare al riguardo molto “fai da te”, che additi come bere quotidianamente il proprio succo di Aloe tiene in salute, fa sprizzare energia, evita di far contrarre malanni, o quant’altro. Premessa la buonafede delle testimonianze e/o delle pubblicazioni esistenti e l’invito ad un ritorno a soluzioni curative più naturali, è giusto dire che l’Aloe vera può rappresentare una mezzo abbastanza sicuro per la cura di svariate patologie. Ma è’ possibile perciò avere informazioni scientifiche corrette riguardo ai meccanismi d’azione dell’Aloe vera? Esistono delle indicazioni specifiche? La letteratura internazionale e/o gli esperti in campo medico, o affine, sono concordi? Ecco, di seguito, ciò che la scienza conosce.e ha dimostrato.

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Affezioni internistiche. Grazie alla presenza di acemannano e polisaccaridi affini, l’estratto di aloe vera può risultare lenitivo sulle mucose gastro-intestinali in caso di infiammazioni croniche del tipo ulcera duodenale, gastrite alcolica e biliare. Di un reale effetto antiinfiammatorio dell’Aloe vera nel morbo di Chron o patologie affini, se ne parla dal 2003. Il primo trial clinico controllato risale al 2004, ma a dispetto della buona tollerabilità e della significatività statistica, il numero di soggetti coinvolti è troppo esiguo per poter stabilire con certezza l’universalità della sua efficacia. Tutti gli altri articoli pubblicati riguardano medicina tradizionale e popolare, di specifiche regioni del mondo, alle quali per buona fede e correttezza professionale se ne concede la veridicità. Inoltre, a causa dei simultanei trattamenti con la terapia famacologica ufficiale e l’assunzione di preparati a base di Aloe vera in pazienti affetti da malattia di Chron, non è possibile scindere il reale beneficio apportato, distinguendolo dalle prescrizioni mediche consigliate dagli specialisti.

Malattie cutanee. Esistono sudi controllati o trials pilota, sugli effetti antiinfiammatori e lenitivi di preparati a base di Aloe vera sulla mucosite post-radiante (radioterapia oncologica) e sulla stomatite aftosa. L’efficacia dell’aloe vera sulle ustioni è scarsa, così come quella sulla psoriasi e la sua capacità di indurre remissioni parziali o complete. Per contro, essa risulta benefica, anche se con precauzioni, sulla rimarginazione delle ferite accidentali o chirurgiche, effetto questo dovuto ai suoi polisaccaridi solubili, tra i quali spicca l’acemannano. Questo zucchero complesso è capace di modulare la risposta dei fibroblasti ad un insulto esterno, favorendo la sintesi di collagene ed elastina. In caso di componente infettiva o infiammatoria della ferita, la sua nota azione immunostimolante permette una migliore clearance dei detriti batterici e degli essudati. Esistono studi non controllati della sua efficacia sul lichen planus, dermatite seborroica e lesioni da herpes genitale.

Malattie autoimmuni. C’è molto fervore riguardo all’impiego dell’aloe vera in patologie invalidanti come le sindromi autoimmuni. Il perno su cui si è fatta molta leva è la capacità immunostimolante o modulante dell’acemannano sul sistema immunitario. Un solo articolo in letteratura (Mirshafiey A et al. 2010) parla di un approccio all’impiego dell’Aloe vera, per la sclerosi multipla in un modello sperimentale. Non esiste, fino ad oggi, alcuno studio pilota o trials clinico che ne giustifichi l’efficacia in questa patologia, tanto meno in altre affezioni come il lupus eritematoso, la sindrome di Sjogren o situazioni analoghe. L’unico studio che prova l’effetto anti-infiammatorio dell’aloemodina in colture di fibroblasti da pazienti con artrite reumatoide, è stato pubblicato l’anno scorso (Hashiguchi M et al., 2017). Anzi, ben due articoli riportano la comparsa clinica di porpora autoimmune di Henoch-Schonlein dopo assunzione di Aloe vera (Chologitas E. et al, 2005; Kim EJ et al., 2007), indicando che non tutte le riposte immunitarie possono beneficiare dell’assunzione di dell’Aloe vera.

Tumori.

Tutte le specie di Aloe contengono composti chiamati antrachinonicome l’aloesina, l’aloemodina, la barbaloina o loro derivati con azione citotossica diretta. Molto recentemente il contributo antitumorale di una glicoproteina dell’Aloe (verectina) sui tumori è stato dimostrato. Qualche studio clinico dimostra, poi, l’efficacia della pianta sul carcinoma mammario, epatico, del colon-retto, sulle leucemie linfocitiche, ma in particolare sui tumori come neuroblastoma e retinoblastoma. Uno studio appena pubblicato conferma l’efficacia dell’associazione aloemodina e foto-terapia nel trattamento in vitro ed in vivo del carcinoma cutaneo Liu Y et al. 2018), ed un altro l’efficacia di nanoparticelle con aloemodina nell’uccidere le cellule di carcinoma polmonare. Uno studio pilota dell’anno scorso infine, è riuscito a dimostrare che l’estratto di Aloe più foto-terapia uccide le cellule di tumore allo stomaco umano (Wu X et al., 2017).

E’ indubbio che l’aloe vera possa rappresentare un valido strumento da indirizzare per la cura o la prevenzione di svariate patologie, ma occorrono maggiori dati clinici di conferma. 

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Letteratura scientifica

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Ceballos C et al. (2014) Gastroenterol Nurs. 37(4):265-71.
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Ng SC et al. (2013) Aliment Pharmacol Ther. 38(8):854-63.

Rahimi M et al. (2013) World J. Gastroenterol. 19(34): 5738-49.
Bhalang K et al. (2013) J Altern Complement Med. 19(5):429-34.
Korkina L et al. (2003) Biofactors 18(1-4):255-64. Review.
Langmead L et al. (2004) Aliment Pharmacol Ther. 19(7):739-47.
Mirshafiey A et al. (2010) Immunopharm Immunotoxicol. 32:410-15.
Liu YQ et al. Biomed Pharmacother. 2018 Jan; 97:697-707.

Wu YY et al. Biochem Biophys Res Commun. 2017; 490(3):601-607.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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