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Lavoro mentale: come quello fisico ha il suo metabolismo e deve essere soddisfatto per l’efficienza

La funzione cognitiva descrive la capacità di svolgere compiti oggettivi che richiedono uno sforzo mentale cosciente. Quando questi compiti cognitivi vengono eseguiti per un periodo prolungato, possono provocare affaticamento mentale o cognitivo. Sono comunemente segnalati stanchezza o affaticamento dopo una giornata trascorsa in attività mentalmente faticose o cognitivamente impegnative. Ad oggi, non esiste una spiegazione fisiologica del motivo per cui esercitare il controllo cognitivo può essere estenuante. È importante indagare le ragioni alla base dell’affaticamento mentale, poiché influisce sulle decisioni economiche, sui trattamenti clinici, sulla gestione del posto di lavoro e sull’istruzione. Inoltre, l’affaticamento cognitivo può compromettere la capacità di un individuo di mantenere il controllo cognitivo, aumentando così la sua inclinazione a impegnarsi in comportamenti emotivamente reattivi che forniscono una gratificazione immediata.

In precedenza, i ricercatori hanno scoperto che la corteccia prefrontale laterale (LPFC) è associata all’affaticamento cognitivo. Più in particolare, un aumento della fatica cognitiva ha portato alla sua ridotta attività. Tuttavia, la causa di questo affaticamento dopo l’impegno in compiti che richiedono uno sforzo cognitivo a lungo termine rimane oscura. Una nuova ricerca ha scoperto che l’affaticamento cognitivo può essere causato dall’esaurimento o dall’accumulo di specifici metaboliti cerebrali. Questi cambiamenti metabolici nel cervello causati dall’affaticamento cognitivo possono rendere il controllo cognitivo più faticoso o difficile, istigando così comportamenti che richiedono meno controllo cognitivo o forniscono ricompense a breve termine. L’accumulo potenzialmente tossico di alcuni metaboliti come il glutammato potrebbe essere indotto da uno sforzo di controllo cognitivo prolungato.

Il presente studio ha utilizzato la spettroscopia di risonanza magnetica in vivo (1H-MRS) per quantificare i metaboliti nei tessuti neurali e per misurare la diffusione di sostanze correlate al glutammato. Test e misurazioni comportamentali sono stati utilizzati anche per definire la relazione tra affaticamento cognitivo e il costo del controllo cognitivo. L’attuale studio ha incluso 40 partecipanti che hanno completato compiti cognitivi in cinque sessioni. Il gruppo di test era composto da 24 partecipanti che hanno completato la versione difficile di un compito specifico, mentre il gruppo di controllo di 16 partecipanti ha completato una versione semplificata dello stesso compito. Durante lo studio, ogni partecipante ha selezionato un beneficio in denaro che corrispondesse a un livello maggiore o minore di sforzo cognitivo, protocollo scelto per la natura soggettiva della decisione economica.

L’affaticamento cognitivo indicava uno spostamento di preferenza verso opzioni con bassi costi di controllo. La fatica ha anche alterato il modo in cui le persone prendono le decisioni, in quanto ha indotto i partecipanti a favorire le scelte degli algoritmi che non richiedevano un’attenta considerazione. I partecipanti al test erano anche più propensi a scegliere un’opzione di piccola ricompensa rispetto a un’opzione di grande ricompensa dopo l’affaticamento cognitivo, poiché il compito collegato alla ricompensa più piccola era più semplice da valutare. La dilatazione della pupilla è stata dimostrata come misura dello sforzo cognitivo e collegata all’attivazione dei neuroni della noradrenalina nel locus coeruleus e nella corteccia cingolata anteriore. Utilizzando l’eye-tracking durante le sessioni di scansione, l’affaticamento cognitivo è stato associato a una ridotta dilatazione della pupilla durante il processo decisionale.

Questa osservazione può essere interpretata come prova di un minore sforzo cognitivo investito nella scelta economica, che riflette una ridotta attività LPFC che è stata precedentemente segnalata negli studi di risonanza magnetica funzionale (fMRI). Inoltre, la ridotta dilatazione della pupilla indica chela diminuzione del controllo cognitivo durante la scelta economica è facilitata dall’attività di spegnimento della corteccia cingolata anteriore dentro la prefrontale. C’erano differenze significative nella concentrazione di glutammato e nella diffusione di glutammato/ glutammina nell’LPFC tra l’alta domanda e gruppi a bassa domanda, con solo una minima differenza osservata nella corteccia visiva. Pertanto, le attività che richiedevano una maggiore richiesta di controllo cognitivo sono associate a un maggiore rilascio di glutammato, che poi porta ad un maggiore accumulo di glutammato durante una giornata lavorativa.

Il lavoro cognitivo ad alta richiesta ha aumentato le concentrazioni di glutammato e la diffusione di glutammato/glutammina nella corteccia prefrontale rispetto al lavoro cognitivo a bassa richiesta. Quindi il lavoro di tipo mentale ha delle esigenze metaboliche che devono essere soddisfatte se si vuole essere efficienti sulla resa. Lo sanno bene gli studenti che usano integratori dedicati che contengono sostanze come glutammina, O-fosfoserina, L-asparagina, taurina, vitamina B6 ed altre vitamine del gruppo B. Il metabolismo della corteccia cerebrale, infatti, è principalmente regolato dal glutammato e dai suoi recettori. Mentre glutammina e vitamina B6 servono ad incentivare la sua rigenerazione, la fosfo-serina sposta la preferenza di utilizzo dei recettori da quelli ionotropi (NMDAR) a quelli metabotropi (mGlu).

L’eccessiva attivazione dei primi, infatti, è pericolosa perché mette in squilibrio le correnti ioniche dei neuroni potendo portare ad incapacità di concentramento, irritabilità e persino nervosismo. Nel lungo raggio, si può arrivare alla morte neuronale con meccanismo chiamato “eccito-tossico”, che è quello che compare nelle epilessie. Ecco spiegata la presenza di altre vitamine B e di taurina negli integratori funzionali. Vitamina B1, B2 e B6stabilizzano molte funzioni enzimatiche e proteggono le cellule nervose anche dallo stress ossidativo. La taurina, invece, funge da moderatore delle correnti elettriche smorzando la possibilità che queste diventino causa di fatica mentale e nervosismo. Tutti avranno visto pubblicità commerciali dove si sponsorizzano integratori del genere che promettono di “far decollare la tua energia” o “sferzare la mente per una pronta ricarica”.

Nulla in contrario, anzi per chi fa lavoro mentale più che fisico questa redazione scientifica raccomanda che periodicamente o nei periodi di lavoro più intenso si faccia consumo di integratori del genere. Poi, anche quando questi non sembrano funzionare vuol dire che c’è bisogno di riposo o di allentare la presa. Sul lavoro, quando si sentono i sintomi di evidente stanchezza è consigliabile non continuare, ma fare una pausa prima di fare errori dariprendere o non poter correggere. Meglio in tal caso un quarto d’ora di pausa ed un bel caffè per riprendersi. Perché al cuore non si comanda, ma la decisione finale passa obbligatoriamente dal cervello.

A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Wiehler A, Branzoli F et al. Current Biology 2022 Aug 4.

White TL et al. Neuroimage. 2021 Jan 15; 225:117509.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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