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Il lupus a tavola: focus sui nutrienti maggiori e come influiscono sul rischio o le ricadute

Il lupus eritematoso sistemico (LES) è caratterizzato da risposte infiammatorie anormali dovute a risposte immunitarie umorali e cellulari aberranti. La sua patogenesi è in gran parte sconosciuta; tuttavia, i dati della letteratura suggeriscono che la manifestazione di questa malattia è il risultato di diversi fattori ambientali, ormonali e nutrizionali che, in soggetti predisposti, contribuiscono a una ridotta risposta immunitaria cellulare e umorale. Il contributo dei fattori associati allo stile di vita è ancora oggetto di controversia; tuttavia, le abitudini alimentari e la composizione del microbiota correlata alla dieta stanno ricevendo maggiore attenzione. In effetti, alcune caratteristiche cliniche legate al LES sono associate alla nutrizione; forse non come fattore eziologico ma come ripercussione clinica.

Pertanto, il LES rappresenta un mosaico di cambiamenti sovrapposti dalla presentazione sistemica di artrite, nefrite, eventi vascolari e danni d’organo al cuore, al sistema nervoso, ai reni e alla pelle, che contribuiscono all’aumento della morbilità e della mortalità del questi pazienti. Negli ultimi due decenni, molti studi clinici e preclinici hanno studiato l’impatto della dieta e dei nutrienti sulla risposta infiammatoria del LES e sull’attività della malattia. Questo è diventato un importante argomento evidenziato e rimane oggetto di indagine da parte di molti ricercatori. La terapia nutrizionale che include restrizioni su carboidrati e proteine e l’uso di integratori alimentari è un modo promettente per eventualmente controllare le risposte infiammatorie nel LES.

Ma è possibile adottare uno stile alimentare dedicato alla gestione di questa condizione? Sono stati condotti studi e testate ipotesi che fra gestire la quantità e la qualità dei nutrienti maggiori (come proteine e carboidrati) e minori (minerali, vitamine, ecc.) può influire su decorso clinico e acutizzazioni. Ad esempio, sebbene non ci siano prove chiare che alterare la proporzione di carboidrati totali nella dieta sia un determinante importante dell’apporto energetico, lo squilibrio nutrizionale e l’assunzione di carboidrati in eccesso sono stati suggeriti come fattori di rischio che esacerbano le manifestazioni cliniche di diverse malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide e lupus. Per quanto riguarda le proteine, la restrizione delle proteine alimentari è stata affrontata in diversi studi su pazienti con LES e modelli animali.

Questi dati dovrebbero essere interpretati in un contesto più ampio poiché la composizione della dieta piuttosto che la restrizione proteica da sola può mostrare effetti benefici sul decorso del LES. Ad esempio, una dieta mediterranea tradizionale fornisce protezione da alcune malattie croniche compresele malattie autoimmuni. Questa dieta è composta da verdura, frutta, noci, cereali, olio d’oliva e pesce con un consumo di carne limitato. La riduzione dell’assunzione di proteine può essere un approccio ragionevole nei casi di nefropatia da lupus poiché un’elevata assunzione di proteine contribuisce a ridurre la filtrazione renale, portando direttamente alla progressione del danno renale. È stato anche postulato che non solo le proteine, ma anche amminoacidi selezionati possono influenzare il decorso del LES.

Ad esempio, sembra che la L-canavanina (un aminoacido presente nell’anguria e simili) possa predisporre metabolicamente alla condizione. Un eccessivo introito alimentare di triptofano, che genera come sottoprodotto la kinurenina, sembra predisporre maggiormente gli animali di laboratorio con lupus alla comparsa di complicanze renali. Al contrario, una dieta a basso contenuto di fenilalanina e tirosina ha mostrato un ruolo protettivo contro la nefropatia nel modello standard di lupus (NZB/W). In un altro studio, un’elevata assunzione di L-arginina è stata associata alla fibrosi renale e ha ridotto la durata della vita dei topi affetti da lupus genetico (MRL / lpr). Infine, il ruolo delle fibre alimentari, sebbene non dimostrato nel caso del LES, potrebbe concorrere in qualche modo attraverso la modifica di composizione della flora batterica intestinale.

Variazioni quali-quantitative del microbiota intestinale sono state riportate nei pazienti affetti da lupus. Una bassa assunzione di fibre alimentari si ha attraverso una dieta tipo-occidentale, ovvero ricca di prodotti trasformati quasi del tutto privi di fibre. Invece, la dieta Mediterranea ricca di cereali, frutta e verdura è riconosciuta avere potere antinfiammatorio e stabilizzante della flora intestinale grazie all’apporto di fibre, acidi grassi insaturi ed antiossidanti. E non a caso, studi recenti hanno concluso al riguardo che certi alimenti fermentati come yogurt e kefir, nonché l’integrazione esterna con probiotici (Lactobacillus e Bifidobacterium), può attenuare la sintomatologia dei pazienti affetti da LES. Questo sottolinea, ancora una volta, il ruolo dello stile alimentare nella predisposizione alla patologia; e probabilmente al suo decorso o alla risposta verso i cardini terapeutici.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Kono M, Nagafuchi Y et al. Nutrients. 2021; 13(2):504. 

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Huerta MDR et al. Semin Arthrit Rheum 2016; 45:463-70.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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