E’ stato merito dello studio Yupiter, cominciato nel 2000 e conclusosi nel 2007, ad aver aperto le porte all’uso routinario delle “statine” per contrastare l’ipercolesterolemia. Lo studio, che ha coinvolto 17.800 persone, ha in effetti documentato la riduzione del 40% di tutte le maggiori patologie cardiovascolari; ma purtroppo ha evidenziato anche la comparsa di pericolosi effetti collaterali. Primo fra questi la miopatia, con dolori muscolari, affaticamento e debolezza. La miopatia da statine è dovuta al contemporaneo blocco della sintesi di coenzima Q, un fattore vitaminico la cui sintesi è parallela a quella del colesterolo, che è essenziale alla respirazione cellulare (catena mitocondriale) e per la forza sia muscolare che del cuore. Ecco perché l’uso delle statine dovrebbe essere periodicamente discontinuo e sostituito con sostanze o farmaci di altro tipo (anche gli omega-3 vanno bene).
Un secondo effetto indesiderato delle statine che è stato registrato significativamente da studi postumi, è stata la comparsa di diabete ed emoglobina glicata, rispetto ai pazienti trattati con placebo. Questo vuol dire che l’uso prolungato di statine può compromettere il metabolismo degli zuccheri, in questo frangente rallentato, il che si ripercuote sull’azione di diversi ormoni. Pazienti che hanno assunto rosuvastatina (una delle statine) per periodi maggiori di 15 anni, avevano valori plasmatici di ormone della crescita (GH) ed estrogeni (per le donne) molto più bassi del normale. Normalmente il GH aiuta la rigenerazione dei tessuti traumatizzati o aiuta a mantenerli “relativamente” giovani, Nel caso delle donne, questo potrebbe tradursi in una precoce anticipo della menopausa, almeno di 2-3 anni secondo i dati degli studi clinici.
Le linee guida del Ministero della Salute in Francia usano il criterio che l’impiego delle statine sia da indirizzare solo in presenza di un rischio cardiovascolare elevato, derivante dall’unione di vari fattori di rischio (obesità, forte tabagismo, ipertensione, diabete tipo 2, forte familiarità, ecc.) e non per semplici ed occasionali di rialzo lipidico plasmatico, Questi possono essere corretti aggiustando l’alimentazione a tavola, da un lato togliendo del cibo predisponente, dall’altro facendola diventare nutrizione opportuna. Il consumo di alimenti arricchiti con principi chemiopreventivi (certa frutta, alcune verdure, alcuni tipi di spezie), come i polifenoli, ha un elevato impatto positivo sulla salute cardiocircolatoria. Ad esempio, è opinione comune che l’eccesso di colesterolo e trigliceridi sia da imputare ad un’alimentazione ricca di grassi. Niente di più errato.
La sintesi del colesterolo parte dell’acetil-coenzima A, il prodotto finale della degradazione degli zuccheri, ed avviene nel fegato durante la notte. Ecco la ragione per cui la somministrazione delle statine è raccomandata durante o dopo la cena. Ben l’80% del nostro fabbisogno di colesterolo lo supplisce il fegato e solo il 20% dipende dalla dieta. Per cui è buona norma evitare di incentrare la propria dieta sull’eccesso di cibi dolci, non solamente prodotti da pasticceria come esempio pratico più diretto, ma anche prodotti da forno (pasta o pane in eccesso), le bevande gassate e l’utilizzo di troppo zucchero come dolcificante. Non si dimentichi, infatti, che più alta è la glicemia, più alto è il rilascio di insulina nel sangue, maggiore diventa la sintesi di colesterolo promossa da questo ormone.
Per contro, è molto salutare avere una dieta a base di verdure come cetrioli, sedano, melenzane e carote, molto ricche dei cosiddetti “fitosteroli”, tanto pubblicizzati perché abbassano il colesterolo sanguigno. Queste verdure, inoltre, sono ricche di fibre che possono aiutare a ridurre l’assorbimento intestinale dei grassi alimentari. il pesce non dovrebbe mai mancare sulla tavola di soggetti affetti da disturbi cardiovascolari, e andrebbe consumato anche tre volte a settimana, grazie alla ricchezza di acidi grassi omega-3. Questi non abbassano solo il colesterolo, ma regolarizzano anche la sintesi ed il rilascio di trigliceridi al fegato, contrastando anche la tendenza all’aggregazione delle piastrine. Integratori a base di omega-3, policosanoli e riso rosso fermentato sono ampiamente presenti sul mercato e possono essere assunti senza prescrizione medica.
Infine, si conclude ricordando il vecchio detto latino “mens sana in corpore sano”. L’attività fisica dovrebbe essere un obbligo, considerato che sono ormai centinai gli studi scientifici pubblicati che dimostrano i suoi effetti protettivi sulla salute cardiaca, sull’ipertensione, sul mantenimento di una buona glicemia e sull’andamento clinico del diabete. In positivo c’è che ognuno può scegliere il tipo di attività fisica che preferisce.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.