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Proteine del grano: anche escludendo il glutine, ci sono problemi in circolo

Una nuova ricerca rivela che una famiglia di proteine ​​nel grano può essere responsabile di attivare l’infiammazione in condizioni di salute croniche come la sclerosi multipla, l’asma e l’artrite reumatoide. Gli scienziati hanno scoperto che le proteine ​​potrebbero anche contribuire allo sviluppo della sensibilità al glutine non celiaca. Gli inibitori della amilasi-tripsina (ATI) presenti nel grano possono potenzialmente portare allo sviluppo di infiammazione nei linfonodi, nei reni, nella milza e nel cervello. I risultati sono stati presentati alla settimana UEG 2016 a Vienna, in Austria, un incontro organizzato dalla Gastroenterologia degli Stati Uniti per specialisti per comunicare le ultime ricerche sulle malattie del fegato e digestive. Sebbene il frumento sia stato aggiunto alla dieta umana solo circa 12.000 anni fa, è diventato un importante alimento dietetico ed è ampiamente utilizzato nei cibi trasformati. Un gruppo di proteine ​​trovate negli inibitori del grano – amilasi-tripsina (ATI) – ha dimostrato di innescare una risposta immunitaria nell’intestino che può diffondersi ad altri tessuti del corpo.

Le ATI sono proteine ​​di origine vegetale che inibiscono gli enzimi dei parassiti comuni – come i vermi della farina e le cocciniglie – nel grano. Le ATI hanno anche un ruolo importante nei processi metabolici che si verificano durante lo sviluppo del seme. Molti studi precedenti si sono concentrati sull’impatto del glutine sulla salute dell’apparato digerente. Tuttavia, il ricercatore capo Prof. Detlef Schuppan, dell’Università Johannes Gutenberg in Germania, ed il suo team hanno cercato di evidenziare il ruolo che gli ATI svolgono nella salute dell’apparato digerente e oltre. Le ATI costituiscono solo una piccola quantità di proteine ​​del grano – circa il 4% – eppure la risposta immunitaria che esse inducono influenza in modo significativo i linfonodi, i reni, la milza e il cervello in alcune persone, causando infiammazione. Ci sono anche ipotesi al vaglio scientifico, che queste proteine in alcuni soggetti possano risultare antigeniche (proprio perchè non totalmente digeribili), e causare danno pancreatico con comparsa di diabete.

Le ATI sono state anche suggerite per esacerbare l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla (SM), l’asma, il lupus e la steatosi epatica non alcolica, così come le malattie infiammatorie dell’intestino. Il professor Schuppan spiega: “Oltre a contribuire allo sviluppo di condizioni infiammatorie correlate all’intestino, riteniamo che gli ATI possano promuovere l’infiammazione di altre condizioni croniche immuno-correlate al di fuori dell’intestino. Il tipo di infiammazione intestinale osservata nella sensibilità al glutine non celiaca, differisce da quella causata dalla malattia celiaca e non crediamo che questo sia causato dalle proteine del glutine. Invece, abbiamo dimostrato che gli ATI del grano, che stanno anche contaminando il glutine commerciale, attivano specifici tipi di cellule immunitarie nell’intestino e in altri tessuti, con un conseguente potenziale peggioramento dei sintomi di malattie infiammatorie preesistenti”.

Alcune persone avvertono sintomi di stomaco quando mangiano cibi con ingredienti contenenti glutine – come grano, orzo e segale – anche se non hanno la malattia celiaca. Le ATI possono contribuire a questa sensibilità al glutine non celiaca (NCGS). Quest’area di ricerca è relativamente nuova e occorre condurre ulteriori ricerche per comprendere la NCGS e chi è a rischio. Attualmente non ci sono biomarkers per la NCGS per monitorare lo stato di un paziente e, in base alle conoscenze attuali, nessun danno intestinale è stato indicato nelle persone con NCGS dopo l’esposizione al glutine. Gli operatori sanitari, di conseguenza, si basano esclusivamente sulla risoluzione dei sintomi per osservare se l’intervento migliora la condizione. Mentre il glutine non si ritiene che causi NCGS, le persone con la condizione sono state segnalate per beneficiare di una dieta gluten-free. Alcuni dei loro sintomi – come dolore addominale e movimenti intestinali irregolari, mal di testa, dolori articolari ed eczema – migliorano rapidamente quando si mangiano cibi privi di glutine.

Il prof. Schuppan osserva che la ricerca del team potrebbe aiutare a ridefinire la condizione a un termine più appropriato, e conclude dicendo: “Piuttosto che la sensibilità al glutine non celiaca, che implica che il glutine causi solitariamente l’infiammazione, dovrebbe essere preso in considerazione un nome più preciso per il disturbo. Speriamo che questa ricerca possa portarci ad essere in grado di raccomandare una dieta ATI-free per aiutare a trattare una varietà di disturbi immunologici potenzialmente gravi”.

  • a cura del Dr Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica; e del Dr. Danilo Ciciulla, Tecnologo alimentare ed Auditor.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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