La polmonaria (Pulmonaria officinalis) è una pianta che nel nostro paese è diffusa soprattutto nelle regioni del nord. È una pianta che rientra fra quelle medicinali ed officinali. Eppure, per molto tempo è stata accantonata, non essendoci stati studi dedicati alla composizione dei principi attivi o agli effetti di questi sui “claims” che dal Medioevo si sono tramandati sino ad oggi. Il particolare epiteto dato al genere Pulmonaria si riferisce chiaramente all’esotico aspetto della pagina superiore delle foglie: gli uomini medievali, che si divertivano a trovare analogie tra gli organismi vegetali e il corpo umano, ritenevano che assomigliasse a un polmone. Ma non è tutto: sempre in quel periodo, in accordo con la “dottrina dei segni”, i medici ritenevano che, in virtù di questa somiglianza, i decotti e gli infusi fogliari di questa pianta potessero essere la cura di malattie polmonari quali ulcera polmonare e tubercolosi.
Un’ultima curiosità per quanto concerne questa specie riguarda sicuramente la colorazione dei fiori. Questi possono infatti presentarsi in una gamma di colori che spazia dal rosa al violetto bluastro. Questo strano fatto è dovuto a un fenomeno biochimico chiamato “viraggio degli antociani”. Gli antociani sono una classe di pigmenti colorati che hanno la caratteristica di essere sensibili alle variazioni del pH del mezzo in cui si trovano. Negli organismi vegetali generalmente si trovano all’interno dei vacuoli cellulari (ci riferiamo in particolare alle cellule dei petali), immersi in una soluzione a pH variabile. È proprio la variazione di questo valore che si riflette sulla particolare colorazione del fiore. Quindi, se il pH ha valori acidi (condizione tipica dei giovani fiori) la colorazione vira verso il rosa; a pH basici, invece, diventa viola bluastra. Questo dipende dalla presenza di antociani che subiscono variazioni in base all’addizione di ioni acidi nella loro struttura.
I medici medievali ritenevano inoltre che avesse proprietà diaforetiche (di far sudare), vulnerarie (aiutare a chiudere le ferite), bechiche (contro la tosse), diuretiche, remineralizzanti, astringenti, toniche ed emollienti. Effettivamente, la polmonaria contiene numerosi principi attivi, come flavonoidi, mucillagini e saponine e tannini, (che, tra le tante cose, hanno anche buone capacità di stimolare la rigenerazion dei tessuti lesionati). Sono riportati in letteratura scientifica non più di dieci studi che hanno analizzato la pianta, sia la costituzione, e le variazioni di principi attivi in base alle stagioni. Brantner e Karting (1995) hanno riportato la presenza di glicosidi quercetina e kaempferolo. Analisi dell’estratto metanolico di P. officinalis indicava la presenza di acido clorogenico, miricetina, acacetina, glicosidi dell’apigenina, quercetina (rutina e iperoside), esperetina (esperidina) e naringenina (naringina).
Inoltre, sulla base dell’analisi HPLC, Neagu et al. hanno riferito che l’acido rosmarinico era il principale costituente degli estratti sia acquosi che etanolici della pianta; inoltre sono state rilevate anche piccole quantità di acidi rutina, iperoside, acido clorogenico e caffeico. Studi postumi hanno fatto vedere che possiede anche derivati dell’acido salvianolico (yunnaneico A/B, pulmitrico A/B, isosalvianolico A/B, rosmarinico e suoi esteri). Inoltre è stata confermata la presenza di altri flavonoidi come l’astragalina, la nicotiflorina e rutina. Curiosa è la presenza di un dimero particolare dell’acido rosmarinico (ac. shimobascirico) in buone quantità (1.2-1.8 mg/gr), che è noto avere azioni inibitoria sulla ialuronidasi (enzima infiammatorio che degrada le matrici intercellulari) e sulla proteina nucleare AP-1. Assieme al fattore di trascrizione NF-kB, esso controlla l’espressione di svariate citochine infiammatorie, come il TNF-alfa.
Assieme agli altri acidi clorogenici, questo giustificherebbe le azioni cicatrizzante, antinfiammatoria, depurativa e sudorifera già dichiarate dai medici del passato. Un’altra classe di composti presente nelle piante sono i lignani, che sono degli aromatici con generale azione antinfiammatoria, antiossidante ed alcuni di loro anche antitumorale. SI lignani ne sono ricchi, per esempio i semi di lino, le noci, la bardana, il trifoglio, ed anche spezie come origano e maggiorana. La polmonaria possiede i pulmonariosidi A/B ed il globoidnano A, che è risultato inibire l’integrasi del virus HIV ed essere tossico su cellule tumorali uterine e cerebrali. Ma perché la pianta è stata sempre considerata specifica dei problemi di salute polmonare? In base alla chimica conosciuta sino ad oggi, ci sarebbe una base scientifica delle rivendicazioni erboristiche.
Gli acidi rormarinici e salvianolici, pur essendo tropici per l’apparato epato-biliare hanno una buona azione antinfiammatoria anche sulle vie respiratorie e flavonoidi come i glucosidi della quercetina sono anti-allergici perché interferiscono con il rilascio dei mediatori dalle cellule mastocitarie. Questo giustifica la possibile azione sull’asma bronchiale ed anche le azioni sudorifere, poiché l’infiammazione polmonare blocca la traspirazione cutanea: solamente la sua risoluzione ed espulsione del catarro, ripristina la capacità del polmone di espellere liquidi tramite il sudore. Uno spiraglio molto interessante si è aperto da qualche anno quando si è pensato di indagare gli effetti dell’estratto della polmonaria sulle infezioni batteriche polmonari da fibrosi cistica. In questa malattia genetica le infezioni da stafilococco e Pseudomonas sono molto comuni e mettono in pericolo i pazienti sin dalla tenera età.
Effettivamente gli scienziati hanno dimostrato che gli acidi fenolici come caffeico, 3-p-trans-coumaroil-2-idrossichinico, acido rosmarinico e i flavonoidi kaempferolo e quercetina hanno proprietà antibatteriche contro Staphylococcus spp. Uno studio del 2019 ha provato questa azione e la possibilità di impiegare, dunque, l’estratto standardizzato della pianta come medicamento complementare per le infezioni respiratorie dei piccoli pazienti affetti da fibrosi cistica. L’incentivo è anche dettato dalla possibilità di sfruttare anche l’azione antiossidante dei componenti, considerato che o stress ossidativo polmonare indebolisce l’organo in caso di infiammmazioni croniche. Inoltre, svariati acidi fenolici e glucoflavonoidi della polmonaria sono degli inibitori naturali di proteasi note per causare danni alla struttura cartilaginea bronchiale (collagenasi, triptasi, MMP-9), e all’interstizio polmonare (ialuronidasi, gelatinasi, elastasi e catepsina G dei globuli bianchi neutrofili, ecc.).
Questo ha implicazioni anche per il trattamento delle malattie polmonari interstiziali (fibrosi polmonare idiopatica, BPCO, ecc.) e polmoniti interstiziali virali come quella ultima dovuta al COVID-19. In questa, come nella sindrome da distress respiratorio (ARDS; COVID e non-), il danno interstiziale è notevole e di difficile guarigione, potendo lasciare importanti reliquati di dispnea con affaticamento (Long COVID) che inficiano la qualità della vita dei sopravvissuti alle infezioni di media e grave intensità.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD; specialista in Biochimica Clinica.
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