Le cellule killer naturali rappresentano un campo promettente nel mondo della cura del cancro, poiché utilizzano il sistema immunitario del corpo nella lotta contro la crescita del cancro. Negli anni ’80 ci fu il primo tentativo di utilizzare linfociti T e cellule NK attivate con interleuchina 2 (IL-2) da impiegare per combattere tumori resistenti in pazienti immunocompromessi. Nonostante l’apparente successo, la terapia non è stata mai lanciata ufficialmente ma il principio è rimasto. In un nuovo articolo pubblicato su Nature Communications, un team guidato da professori dell’Università di Birmingham e dell’Università di Cambridge ha scoperto come le cellule immunitarie chiamate cellule natural killer (cellule NK) perdono rapidamente la loro funzionalità quando entrano e risiedono nei tumori.
Utilizzando cellule tumorali coltivate da modelli murini, il team ha stabilito che le cellule NK adottano uno stato dormiente quando entrano nei tumori solidi attraverso la perdita di produzione di meccanismi effettori chiave utilizzati per promuovere le risposte immunitarie, tra cui chemochine, citochine e granzimi. Ulteriori studi, condotti su cellule prelevate da tumori del colon umano, hanno confermato che la perdita di funzione delle cellule killer naturali avviene anche negli esseri umani. Il team ha inoltre testato se la perdita di funzione subita dalle cellule NK quando entrano negli ambienti tumorali potesse essere invertita. Bersagliando la via cellulare dell’IL-15, che è attualmente in fase di sperimentazione nei pazienti, ha portato a un’attività delle cellule NK significativamente maggiore e, nei modelli murini, a un migliore controllo del tumore.
Fondamentalmente, il team ha anche scoperto che il trattamento con IL-15 potrebbe risvegliare l’istinto killer dormiente nelle cellule NK. Questa è una scoperta estremamente entusiasmante che fuga alcune delle paure che potremmo avere su come si comportano le cellule NK negli ambienti tumorali e potrebbe aprire la strada a nuovi tipi di trattamento da aggiungere all’arsenale per combattere i tumori solidi. In uno studio strettamente correlato pubblicato anche su Nature Communications, il gruppo di ricerca ha scoperto anche che alcune cellule immunitarie chiamate dendritiche (DEC), che orchestrano la risposta immunitaria antitumorale, rimangono bloccate all’interno dei tumori. La funzione normale delle DEC è quella di catturare materiale dalle cellule tumorali e consegnarlo ai linfonodi dove stimolano le risposte immunitarie antitumorali.
Il team ha scoperto che invece di spostarsi verso i linfonodi, alcune DEC rimangono nel tumore, dove si “esauriscono”, con una ridotta capacità di stimolare le risposte immunitarie antitumorali e una sovraregolazione di segnali che potrebbero persino ridurre la funzione delle cellule immunitarie antitumorali. Le cellule dendritiche esaurite bloccate nel tumore si trovavano accanto al linfocita T CD8 positivi al recettore anti-apoptosi (PD1+), impedendo loro potenzialmente di svolgere il loro lavoro. Sorprendentemente, queste DEC tumorali disfunzionali potrebbero essere rianimate utilizzando un’immunoterapia antitumorale attualmente usata in clinica. Le cellule DEC CCR7+ residenti nel tumore, infatti, in seguito al trattamento anti-PD-L1, sovraregolano molecole stimolatrici come OX40L, aumentando così l’attività citolitica antitumorale.
Identificare il motivo per cui queste cellule rimangono intrappolate e come superare questa compromissione del loro normale comportamento ha il potenziale per potenziare le risposte antitumorali.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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