domenica, Gennaio 5, 2025

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Inulina: la fibra solubile alimentare che fa bene al microbiota, ma non in caso di malattie infiammatorie intestinali

La fibra alimentare, inclusa quella solubile come l’inulina, è considerata una parte essenziale di una dieta sana per la maggior parte delle persone. I microbi intestinali trasformano l’inulina e altri tipi di fibre alimentari in acidi grassi a catena corta che attivano le cellule immunitarie chiamate cellule T regolatorie, che aiutano a ridurre l’infiammazione e hanno altri effetti benefici in tutto il corpo. Ciò ha portato a un notevole aumento dell’uso della fibra alimentare come additivo sia negli alimenti che negli integratori, e l’inulina purificata o la radice di cicoria o carciofo ricca di inulina è spesso la principale fonte di fibra. Secondo un nuovo studio condotto dai ricercatori di Weill Cornell Medicine, l’inulina, che si trova in alimenti come aglio, carciofi, porri, cipolle e asparagi, così come nelle fibre comunemente usate aggiunte agli alimenti preparati, provoca infiammazione nell’intestino ed esacerba la malattia infiammatoria intestinale in un modello preclinico.

I risultati sorprendenti potrebbero aprire la strada a diete terapeutiche che potrebbero aiutare ad alleviare i sintomi e promuovere la salute dell’intestino. Lo studio, pubblicato sul Journal of Experimental Medicine, mostra che l’inulina, con aggiunta di fibre, stimola i microbi nell’intestino a rilasciare acidi biliari che aumentano la produzione di molecole che promuovono l’infiammazione intestinale. Una di queste citochine, chiamata IL-33, provoca l’attivazione delle cellule immunitarie chiamate cellule linfoidi innate del gruppo 2 (ILC2), innescando una risposta immunitaria eccessiva simile a una reazione allergica. Quella risposta immunitaria eccessiva poi esacerba il danno intestinale e i sintomi in un modello animale di malattia infiammatoria intestinale. La somministrazione di inulina ai topi nel contesto di un modello di malattia infiammatoria intestinale ha aumentato la produzione di alcuni acidi biliari da parte di specifici gruppi di batteri intestinali.

L’aumento degli acidi biliari ha stimolato la produzione di una proteina infiammatoria chiamata IL-5 da parte degli ILC2, che non sono inoltre riusciti a produrre una proteina che protegge i tessuti chiamata anfiregulina. In risposta a questi cambiamenti, il sistema immunitario promuove la produzione di cellule immunitarie chiamate eosinofili, che aumentano ulteriormente l’infiammazione e il danno tissutale. In precedenza, uno studio del 2022 condotto dallo stesso team di ricercatori aveva dimostrato che questa ondata di eosinofili può aiutare a proteggere dalle infezioni parassitarie. Tuttavia, nel modello della malattia infiammatoria intestinale, questa reazione a catena ha esacerbato l’infiammazione intestinale, la perdita di peso e altri sintomi come la diarrea. Il team così è passato ad analizzare campioni di tessuti umani, sangue e feci, provenienti dalla banca cellulare della loro università Cornell.

Questa analisi ha rivelato che i pazienti con malattia infiammatoria intestinale, come i topi nutriti con inulina, avevano livelli più elevati di acidi biliari nel sangue e nelle feci e livelli eccessivi di eosinofili nell’intestino rispetto alle persone senza la malattia. I risultati suggeriscono che la cascata infiammatoria simile a quella dei topi nutriti con inulina è già innescata negli esseri umani con malattia infiammatoria intestinale e l’assunzione di inulina con la dieta può ulteriormente esacerbare la malattia. Queste scoperte inaspettate possono aiutare a spiegare perché le diete ricche di fibre spesso esacerbano le malattie infiammatorie intestinali nei pazienti. Potrebbe anche aiutare gli scienziati a sviluppare diete terapeutiche per ridurre i sintomi e i danni intestinali nei pazienti con malattie infiammatorie intestinali o condizioni correlate. Sono urgentemente necessarie nuove terapie per queste condizioni intestinali sempre più comuni.

Farmaci regolari come corticosteroidi, mesalazina e simili, sono efficaci inoltre per un certo periodo che può essere da mesi ad anni, ma poi si instaura resistenza. Le terapie biologiche esistenti, seppur più specifiche, possono aumentare il rischio di sviluppare infezioni. Una modulazione alimentare potrebbe rappresentare quantomeno una buona opportunità di controllo di condizioni IBD quali la rettocolite ulcerosa ed il morbo di Crohn. Dato che l’inulina causa questo problema infiammatorio nel contesto di queste condizioni, questo potrebbe dare, invero, credito alle raccomandazioni che i gastroenterologi danno ai loro pazienti sull’evitare certe tipologie di alimento soprattutto di origine vegetali, soprattutto verdura ed ortaggi perché considerati “irritanti” per la mucosa intestinale e potenzialmente in grado di suscitare disturbi digestivi.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Arifuzzaman M et al. J Exp Med. 2024; 221(5):e20232148.

Arifuzzaman M e tal. Nature. 2022 Nov; 611(7936):578-584.

Sunaga S, Tsunoda J et al. Front Immunol. 2022; 13:867351.

Armstrong HK et al. Gastroenterology 2022; 164:228–240.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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