domenica, Settembre 8, 2024

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Stile di vita alimentare e sclerosi multipla: può influenzare il momento della comparsa?

La SM è stata classificata in molti sottotipi basati su diversi fenotipi. Questi sottotipi includono la sindrome clinicamente isolata, la SM recidivante-remittente, la SM primaria progressiva e la SM secondariamente progressiva. Rispetto agli uomini, le donne hanno il doppio delle probabilità di contrarre questa malattia. La SM è una malattia multifattoriale che può svilupparsi a causa di fattori genetici e ambientali come l’esposizione alla luce ultravioletta B (UVB), l’infezione da virus Epstein-Barr (EBV), l’obesità e il fumo. La dieta è un modulatore vitale dell’omeostasi intestinale che può influenzare la salute del sistema nervoso centrale attraverso l’asse intestino-cervello. Diversi studi hanno dimostrato che il consumo frequente di additivi alimentari può portare a una “permeabilità intestinale” o disbiosi intestinale che aumenta il rischio di malattia di Alzheimer (AD).

È stato anche segnalato che un ambiente intestinale pro-infiammatorio aumenta il rischio di SM. A tal fine, un recente studio di coorte della Biobank del Regno Unito ha rivelato che uno stile di vita sano costituito da attività fisica regolare, valori sani dell’indice di massa corporea (BMI) e una dieta sana è inversamente associato alla prevalenza della SM. Coerentemente con questi risultati, un altro studio ha osservato un impatto positivo del consumo di verdure, pesce, frutti di mare, noci, latticini e cereali integrali sul miglioramento dei sintomi della SM. Sebbene diversi studi abbiano riportato gli effetti positivi di una dieta sana sui sintomi della SM, la relazione tra singoli alimenti e rischio di SM rimane poco chiara. Uno studio molto recente ha utilizzato dati ottenuti dalla coorte della Biobank britannica per esplorare l’associazione tra dieta e insorgenza della SM.

Al basale, i partecipanti allo studio hanno completato un questionario sulla frequenza alimentare (FFQ) che forniva informazioni rilevanti sulla loro dieta. Il presente studio ha utilizzato un approccio prospettico e sfaccettato per chiarire il ruolo della dieta nell’insorgenza della SM. I dati di 502.507 individui di età compresa tra 40 e 69 anni erano disponibili presso la Biobank del Regno Unito, 70.467 dei quali sono stati selezionati per lo studio in base ai criteri di ammissibilità. È stato identificato un tasso di prevalenza di 7,78 eventi di SM ogni 100.000 anni-persona. Il fumo è stato identificato come un fattore di rischio modificabile che aumenta il rischio di SM, con i fumatori attuali, non i fumatori passati, che sono risultati maggiormente a rischio di sviluppare la SM. In particolare, studi precedenti hanno previsto che smettere di fumare potrebbe ridurre l’incidenza della SM di almeno il 13%.

Gli individui che fumano, hanno carenza di vitamina D, una storia di infezione da EBV o antigene leucocitario umano (HLA) DR15*1501 corrono un rischio maggiore di SM. Inoltre, è stato riscontrato che sia l’obesità infantile che quella adolescenziale aumentano il rischio di SM. Un effetto cumulativo di infiammazione cronica di basso grado, aumento dei livelli di leptina, diminuzione della biodisponibilità di vitamina D e obesità può contribuire allo sviluppo della SM. Il consumo moderato di pesce, in particolare pesce azzurro una volta alla settimana, è stato associato a un effetto protettivo leggermente migliore, rispetto a un consumo più frequente. Il consumo di pesce grasso durante l’adolescenza o più avanti nella vita è inversamente associato al rischio di SM, con questi benefici particolarmente applicabili per gli individui che risiedono in aree con una minore esposizione solare.

Uno studio precedente ha indicato che i pesci grassi, ricchi di omega-3, mediano le funzioni immunomodulatorie della vitamina D. È stato scoperto che gli omega-3 hanno anche un effetto preventivo contro la demenza senile e le malattie infiammatorie. Infine, è stato dimostrato che l’integrazione giornaliera di 4 grammi di olio di pesce riduce il tasso di recidiva e l’infiammazione nei pazienti con SM. In linea con studi precedenti, la Dieta Mediterranea previene positivamente le malattie non trasmissibili. Tutti sanno che questo stile di dieta è ricco di prodotti marini e i grassi omega-3 sono al primo posto in termini di nutrienti specifici. Trials clinici precedenti hanno fallito nel dimostrare di potere essere curativi nei confronti della SM, anche se probabilmente la ragione principale è stata il sottodosaggio (range 200-800mg/die), pur non escludendo altre ragioni.

L’introito di omega-3, tuttavia, viene raccomandato nella gestione della malattia, poiché conferiscono effetto antinfiammatorio parziale, col vantaggio che queste sostanze vengono facilmente assorbite nel sistema nervoso centrale ed hanno effetti regolatori (sebbene lenti) anche sulla reattività immunitaria. Se si aggiunge che esistono dati che dimostrano come essi possano condizionare anche la composizione del microbiota intestinale, il loro introito è più che giustificato. Lo sbilanciamento del microbiota, infatti, è presente nella SM sebbene non si capisca ancora bene se sia precursore del danno o conseguente alla malattia. Qualunque sia la risposta, l’effetto immunomodulatore ed antinfiammatorio degli omega-3 può essere utile, sia come integratore che come stile alimentare quotidiano adottato, come quello appena citato della dieta Mediterranea.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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