L’artrite reumatoide (ARE) è una condiziona autoimmune che oltre a rispondere ai farmaci, può essere condizionata anche dallo stile di vita. Tutti gli studi hanno appurato, per esempio, che i pazienti affetti da ARE che smettono di fumare hanno un riscontro positivo per un miglioramento sostanziale dei sintomi. Parimenti, la gestione dello stress mentale o emotivo può ridurre la probabilità di una riacutizzazione improvvisa (flares). Anche l’alimentazione può avere il suo peso: ci sono dato contrastanti che una dieta priva di glutine (gluten-free) può essere di beneficio, quantomeno in un sottogruppo di pazienti. Allo stesso modo, una dieta più occidentale ed ipercalorica ma povera di verdure e frutta fresche, può incentivare un terreno biologico “infiammatorio” che può portare ad un peggioramento clinico significativo. Questo “incentivare” l’infiammazione, inoltre, è anche responsabile della parziale resistenza alle terapie farmacologiche.
L’adozione di un protocollo alimentare vegetariano, ipocalorico e di esclusione “antigenica” (es. dieta del protocollo autoimmune o AIP), è stato visto migliorare i valori del punteggio di attività della malattia di 28 articolazioni (test DAS28) in svariati contesti. Lo studio Plants for Joints, della durata di 16 settimane, pubblicato originariamente nel 2021, ha studiato gli effetti di un intervento multidisciplinare sullo stile di vita nelle persone affette da artrite reumatoide, rispetto alle cure abituali. L’intervento si basava su una dieta a base di alimenti integrali e vegetali, oltre all’attività fisica e alla gestione dello stress. Precedenti rapporti hanno mostrato che questo intervento ha ridotto significativamente il DAS28 rispetto alla sola cura abituale. Per approfondire questo aspetto, i ricercatori volevano determinare l’efficacia a lungo termine dell’intervento, in particolare per quanto riguarda l’attività della malattia dopo 2 anni.
Dopo il periodo iniziale di 16 settimane randomizzato, anche il gruppo di controllo ha ricevuto l’intervento e i partecipanti sono stati seguiti per 2 anni con visite semestrali e sei webinar annuali di promozione dell’adesione. Le persone con DAS28 <2,6 hanno anche ricevuto un protocollo come approccio suggerito per provare a ridurre gradualmente i farmaci antireumatici (sotto supervisione del reumatologo), e sono stati registrati eventuali cambiamenti nel trattamento. In totale, il 62% di coloro che hanno completato lo studio originale hanno completato anche il follow-up di 2 anni. I risultati a lungo termine hanno mostrato che il miglioramento del DAS28 è stato mantenuto per 2 anni dopo il completamento, ed era significativamente inferiore rispetto al basale. Anche il conteggio delle articolazioni dolenti e i componenti relativi alla salute generale del DAS28 sono significativemente migliorati, sebbene non vi sia stata alcuna differenza significativa nella VES.
I risultati sono stati simili nelle persone che hanno completato lo studio di estensione di 2 anni rispetto a quelle che lo hanno interrotto prematuramente. Dei 39 partecipanti che hanno completato il follow-up e hanno utilizzato farmaci antireumatici modificanti la malattia, il 44% è stato in grado di diminuire o interrompere, il 26% ha avuto un utilizzo stabile e il 31% ha aumentato i farmaci. Di quelli con farmaci stabili o diminuiti rispetto al basale, il 65% aveva migliorato il DAS28. Dopo il follow-up di 2 anni, il colesterolo HDL era aumentato e la proteina C-reattiva (PCR) era rimasta significativamente più bassa rispetto ai valori basali, sebbene non vi fosse più una differenza significativa in termini di peso, circonferenza vita, colesterolo LDL o HbA1c. Questi risultati indicano che modifiche intensive dello stile di vita possono essere efficaci a lungo termine per le persone affette da artrite reumatoide.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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Pubblicazioni scientifiche
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