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Perchè c’è perdita muscolare nelle infiammazioni e nelle malattie cerebrali? Indagini e possibilità

Infezioni e malattie neurodegenerative causano infiammazioni nel cervello. Ma per ragioni sconosciute, i pazienti con infiammazione al cervello spesso sviluppano problemi muscolari che sembrano essere indipendenti dal sistema nervoso centrale. Anche condizioni come la SLA, in cui la neurodegenerazione deli neuroni spinali può essere una ovvia causa di indebolimento muscolare riflesso, non possono causare una perdita di tessuto muscolare così veloce da giustificare la malattia. È ovvio che esistono ancora meccanismi sconosciuti di comunicazione fra cervello e muscolo ed organi interni, tali da giustificare effetti visibili dal punto di vista soggettivo e clinico. Adesso, ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis hanno svelato come l’infiammazione del cervello rilasci una proteina specifica che viaggia dal cervello ai muscoli e provoca una perdita della funzione muscolare.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Science Immunology. Lo studio, condotto su moscerini della frutta e topi, ha anche identificato modi per bloccare questo processo, che potrebbe avere implicazioni nel trattamento o nella prevenzione dell’atrofia muscolare talvolta associata a malattie infiammatorie, comprese le infezioni batteriche, il morbo di Alzheimer e il COVID lungo. Per studiare gli effetti dell’infiammazione cerebrale sulla funzione muscolare, i ricercatori hanno modellato tre diversi tipi di malattie, un’infezione batterica da Escherichia coli, un’infezione virale SARS-CoV2 e l’Alzheimer. Quando il cervello è esposto alle proteine ​​infiammatorie caratteristiche di queste malattie, si accumulano reattive dell’ossigeno (ROS). Le specie reattive dell’ossigeno fanno sì che le cellule cerebrali producano la citochina chiamata interleuchina-6 (IL-6), che viaggia in tutto il corpo attraverso il flusso sanguigno.

I ricercatori hanno scoperto che IL-6 nei topi (e la proteina corrispondente nei moscerini della frutta) ha ridotto la produzione di energia nei mitocondri dei muscoli, le centrali energetiche cellulari. Mosche e topi che avevano proteine ​​associate a COVID nel cervello hanno mostrato una funzione motoria ridotta; le mosche non si arrampicavano bene come avrebbero dovuto, e i topi non correvano bene o tanto quanto i topi di controllo. Gli scienziati hanno osservato effetti simili sulla funzione muscolare quando il cervello era esposto alle proteine ​​associate ai batteri e al beta-amiloide patologico, con prove che questo effetto può diventare cronico. Anche se un’infezione viene eliminata rapidamente, negli esperimenti la ridotta prestazione muscolare rimaneva per molti giorni più a lungo. I clinici sanno che nelle infezioni cerebrali o in altri condizioni simili, c’è un rialzo di citochine infiammatorie.

Per esempio, è noto che la meningite batterica del cervello aumenta i livelli di IL-6 e può essere associata a problemi muscolari in alcuni pazienti, ad esempio. Tra i pazienti affetti da COVID-19, durante l’autopsia sono state trovate proteine ​​infiammatorie del SARS-CoV-2 nel cervello e molti pazienti affetti da COVID da lungo tempo riferiscono affaticamento estremo e debolezza muscolare anche molto tempo dopo che l’infezione iniziale si è risolta. I pazienti con malattia di Alzheimer mostrano anche un aumento dei livelli di IL-6 nel sangue e debolezza muscolare. Lo studio individua potenziali bersagli per prevenire o trattare la debolezza muscolare correlata all’infiammazione del cervello. I ricercatori sanno che IL-6 attiva quella che viene chiamata la via JAK-STAT nei muscoli, e questo è ciò che causa la ridotta produzione di energia dei mitocondri. Svariati farmaci già approvati a livello internazionale per altre malattie possono bloccare questo percorso.

Gli inibitori JAK (baricitinib, tofacitinib e upadaticinib) e diversi anticorpi monoclonali contro la via dell’IL-6 (es. tocilizumab e situximab) sono approvati per il trattamento dell’artrite reumatoide e di altre condizioni infiammatorie. Sono stati impiegati sperimentalmente anche contro la “tempesta di citochine” indotta dall’infezione da coronavirus durante la passata pandemia. Quindi un loro impiego temporaneo potrebbe risultare benefico in condizioni in cui si prevede un recupero (infezioni). Nel caso delle malattie croniche ad esito infausto (es. Alzheimer, distrofie muscolari o cachessia tumorale), l’impiego di farmaci biologici non è particolarmente indicato. L’uso di inibitori farmacologici è più conveniente, ma non in modo continuato dato che l’effetto collaterale più importante di questi farmaci è la soppressione immunitaria. Gli scienziati, però, si chiedono perché il cervello produca questa citochina per andare a colpire i muscoli in modo più selettivo rispetto ad altri tessuto.

Pensano che potrebbe essere un modo per il cervello di riallocare le risorse verso sé stesso mentre combatte la malattia che sta affrontando. Gli scienziati affermano che hanno bisogno di più ricerca per comprendere meglio questo processo e le sue conseguenze in tutto il corpo. Nel frattempo, in attesa di soluzioni farmacologiche pratiche, ci si può rivolgere in via naturale alle sostanze bioattive contenute in alimenti e spezie. Svariati polifenoli e flavonoidi sono stati scoperti poter condizionare l’attività delle proteina-chinasi JAK attivate dalle citochine infiammatorie. Fra questi si ricordano il resveratrolo (presente nel vino rosso, nelle nocciole e nei frutti di bosco), la curcumina e la catechina EGCG del thè verde (che già in passato era stato riportato ritardare la perdita muscolare). Tra i flavonoidi hanno la stessa attività la crisina (miele, propoli, mele rosse), l’apigenina (in mele, limoni, prezzemolo e foglie di sedano) e le antocianine dei frutti di bosco, del melograno e delle ciliegie.

Conoscendo le maggiori fonti di queste sostanze bioattive, è possibile fare delle scelte alimentari o nutrizionali oculate ai fini preventivi o anche curativi di supplemento. Tutto, ovviamente, da valutare nel contesto di una situazione medica passeggera oppure cronica e degenerativa.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Yang S, Tian M et al. Sci Immunol. 2024; 9(97):eadm7908.

Deng M et al. J Cachexia Sarcopenia Muscle. 2024 May 9.

Li Y et al. J Cachexia Sarcopenia Muscle. 2023; 14(4):1721.

Jengelley DHA, Wang M et al. Cytokine. 2022; 159:155972. 

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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