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Il caffè e la pressione sanguigna: effetti e implicazioni per la salute cardiovascolare

Centinaia di studi scientifici hanno cercato di comprendere se il consumo regolare di caffè possa influire sulla pressione arteriosa e, di conseguenza, sul rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Alcune ricerche suggeriscono che il caffè può aumentare temporaneamente la pressione sanguigna, mentre altre indicano che un consumo moderato a lungo termine potrebbe non avere effetti significativi. In questo articolo, esploreremo i meccanismi attraverso cui il caffè può influire sulla pressione arteriosa, i dati scientifici più recenti e le implicazioni per la salute cardiovascolare.

Caffè e Caffeina: Mmccanismo d’azione

Il caffè contiene numerosi composti bioattivi, ma il principale responsabile degli effetti sulla pressione sanguigna è la caffeina, uno stimolante naturale che agisce sul sistema nervoso centrale. La caffeina è nota per la sua capacità di bloccare l’adenosina, un neurotrasmettitore che ha un effetto calmante sul cervello. Bloccando l’adenosina, la caffeina aumenta l’attività neuronale e stimola il rilascio di altri neurotrasmettitori, come la dopamina e la noradrenalina, che aumentano la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna. Il meccanismo di azione della caffeina coinvolge anche il rilascio di catecolamine, come l’adrenalina, che stimolano i recettori nei vasi sanguigni, provocando una vasocostrizione temporanea e un aumento della pressione arteriosa. Tuttavia, l’entità di questo effetto varia notevolmente da individuo a individuo, influenzata da fattori come la tolleranza alla caffeina, la genetica e la sensibilità individuale alle sostanze stimolanti.

Effetti a breve termine del caffè sulla pressione sanguigna

Diversi studi hanno dimostrato che il consumo di caffè può causare un aumento temporaneo della pressione sanguigna, in particolare nei soggetti che non sono consumatori abituali di caffeina. Uno studio pubblicato sul Journal of Hypertension ha mostrato che una singola dose di caffè contenente circa 200-300 mg di caffeina (equivalente a 2-3 tazze di caffè) può aumentare la pressione sistolica di 5-10 mmHg e la pressione diastolica di 3-8 mmHg nelle prime ore successive al consumo. Questo aumento è generalmente temporaneo e tende a scomparire entro 3-4 ore, man mano che la caffeina viene metabolizzata dall’organismo.

È importante notare che l’effetto di aumento della pressione è più pronunciato nei consumatori occasionali di caffè o in coloro che hanno una bassa tolleranza alla caffeina. Nei consumatori abituali, il corpo sviluppa una certa tolleranza agli effetti della caffeina, il che significa che l’aumento della pressione sanguigna è meno significativo o addirittura inesistente. Uno studio condotto dal British Medical Journal (BMJ) ha confermato questa tendenza, suggerendo che le persone che bevono regolarmente caffè possono non sperimentare gli stessi picchi di pressione sanguigna rispetto a chi lo consuma occasionalmente. Questo perché l’organismo si adatta progressivamente all’effetto stimolante della caffeina, riducendo la risposta ipertensiva.

Effetti a lungo termine sulla pressione e sul rischio cardiovascolare

Sebbene il consumo di caffè possa aumentare la pressione sanguigna a breve termine, le evidenze sugli effetti a lungo termine sono meno chiare. Alcuni studi osservazionali indicano che il consumo regolare di caffè non è associato a un aumento del rischio di ipertensione cronica, e anzi potrebbe avere effetti protettivi sul sistema cardiovascolare in determinati contesti. Una meta-analisi pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition ha esaminato 34 studi e ha concluso che il consumo moderato di caffè (circa 3-4 tazze al giorno) non sembra aumentare significativamente il rischio di ipertensione a lungo termine. Al contrario, alcuni studi hanno suggerito che il consumo regolare di caffè potrebbe essere associato a una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, inclusi infarto e ictus, grazie agli antiossidanti e ai composti fenolici presenti nel caffè, che esercitano effetti benefici sulla salute vascolare.

Un’altra ricerca pubblicata su Circulation ha dimostrato che i consumatori regolari di caffè presentano una ridotta incidenza di malattie cardiovascolari rispetto a chi consuma meno caffè o non lo consuma affatto. Gli antiossidanti presenti nel caffè, come l’acido clorogenico, possono aiutare a migliorare la funzione endoteliale e ridurre l’infiammazione, due fattori chiave nel mantenimento della salute cardiovascolare.Tuttavia, è importante sottolineare che questi benefici potrebbero essere influenzati da variabili come la quantità di caffè consumata, la qualità del caffè, e lo stile di vita generale dei soggetti. Inoltre, gli studi che mostrano un effetto protettivo del caffè sulla salute cardiovascolare spesso considerano anche il rischio di malattie come il diabete di tipo 2, dove il caffè sembra avere un effetto positivo.

Sensibilità Individuale e Variabili Genetiche

Non tutti rispondono allo stesso modo al consumo di caffè, e una delle ragioni principali di questa variabilità risiede nei fattori genetici. Alcuni individui metabolizzano la caffeina più velocemente di altri, grazie a varianti genetiche che influenzano l’enzima CYP1A2, responsabile della metabolizzazione della caffeina nel fegato. Le persone con una versione “lenta” di questo enzima possono sperimentare effetti più intensi e prolungati del caffè, incluso un aumento maggiore della pressione sanguigna. Al contrario, coloro che hanno una versione “rapida” del gene CYP1A2 tendono a metabolizzare la caffeina più rapidamente, riducendo l’impatto sulla pressione arteriosa. Un altro fattore individuale che può influenzare la risposta al caffè è lo stato generale di salute. Per esempio, le persone con ipertensione preesistente o con problemi cardiaci potrebbero essere più sensibili agli effetti della caffeina e dovrebbero moderare il consumo di caffè, in accordo con le linee guida del proprio medico.

Raccomandazioni e Ccnsigli pratici

Alla luce delle evidenze scientifiche disponibili, non esistono prove sufficienti per affermare che il consumo moderato di caffè aumenti significativamente il rischio di ipertensione o di malattie cardiovascolari a lungo termine. Tuttavia, come per tutte le cose, la moderazione è fondamentale. Ecco alcune raccomandazioni basate sulle attuali linee guida:

  • Moderazione: Il consumo di 3-4 tazze di caffè al giorno è generalmente considerato sicuro per la maggior parte delle persone e non sembra aumentare il rischio di ipertensione cronica.
  • Sensibilità individuale: Chi è particolarmente sensibile alla caffeina o ha già ipertensione dovrebbe limitare il consumo di caffè, optando eventualmente per caffè decaffeinato o bevande alternative.
  • Altre fonti di caffeina: Oltre al caffè, è importante considerare altre fonti di caffeina nella dieta, come tè, bevande energetiche e cioccolato, che possono contribuire all’assunzione totale di caffeina.
  • Consultare il medico: Le persone con problemi di salute preesistenti, come l’ipertensione, dovrebbero discutere il proprio consumo di caffè con il medico per adattare le raccomandazioni al proprio caso specifico.

Conclusioni

Il rapporto tra il consumo di caffè e la pressione sanguigna è complesso e dipende da numerosi fattori, tra cui la tolleranza individuale alla caffeina, la genetica e lo stato di salute generale. Sebbene il caffè possa aumentare temporaneamente la pressione sanguigna, non esistono prove sufficienti per collegare il consumo regolare e moderato di caffè a un rischio significativo di ipertensione cronica o malattie cardiovascolari. Tuttavia, come per tutte le cose, la chiave è la moderazione e l’attenzione alle proprie risposte individuali.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Grosso G e tal. Eur J Epidemiol. 2017: 32(4), 311-328.

Cornelis MC et al. Curr Opin Lipidol. 2007; 18(1):13-19.

Jee SH, He J et al. Hypertension 1999; 33(2), 647-652.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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