La sindrome AMeD è una grave condizione genetica riscontrata nei bambini che presenta invecchiamento accelerato, ritardo dello sviluppo globale e insufficienza del midollo osseo, tra gli altri, che progredisce verso la sindrome mielodisplastica e la leucemia mieloide acuta. È causata da mutazioni nei geni ADH5 e ALDH2, che sono responsabili della trasformazione della formaldeide, un noto pericolo ambientale, in composti meno tossici. Nei pazienti AMeD, tuttavia, la formaldeide si accumula all’interno delle cellule e attacca i componenti cellulari, sopraffacendo i meccanismi di riparazione. La formaldeide è un composto organico piuttosto semplice ma reattivo che può essere trovato nei materiali da costruzione, nei prodotti per la casa, nel fumo di sigaretta e nelle emissioni dei veicoli. Tuttavia, è più di un semplice pericolo ambientale poiché la formaldeide può anche essere prodotta all’interno delle cellule come sottoprodotto del nostro metabolismo.
Infatti, durante la normale crescita le cellule umane producono questa tossina reattiva che può causare qualche problema se non viene correttamente disintossicata. La buona notizia è che le cellule umane hanno una pletora di sistemi di riparazione integrati che evitano o correggono la maggior parte dei danni causati da questa sostanza. È stato dimostrato che la formaldeide reagisce con residui di cisteina, istidina, lisina, triptofano e arginina. Il più comune crosslink DNA-proteina indotto dalla formaldeide (DPC) si verifica tra deossi-guanosina e lisina, mentre il DPC più stabile è tra deossi-guanosina e cisteina. È stato suggerito che la formaldeide può crosslinkare solo proteine che interagiscono con il DNA per più di 5 secondi. Per questo motivo, gli istoni (ricchi di lisina e arginina) sono stati identificati come le proteine più comuni con crosslink di formaldeide. Altre proteine comunemente crosslinkate includono topoisomerasi nucleari e polimerasi che lavorano con il DNA.
Per molto tempo, i ricercatori si sono chiesti quali dei sistemi di disintossicazione e riparazione fossero i più rilevanti per contrastare la tossicità della formaldeide, soprattutto considerando che può agire su molti componenti cellulari diversi, producendo una grande diversità di danni, che richiedono strumenti di riparazione ampiamente diversi. Tuttavia, trovare il modello in vivo giusto si è rivelato difficile fino ad ora. Un recente lavoro guidato dai team del Prof. Bjoern Schumacher dell’Università di Colonia, Germania, e del Dott. Lucas Pontel del Josep Carreras Leukaemia Research Institute, ha riportato lo sviluppo di un modello animale geneticamente trattabile di AMeD. La ricerca ha utilizzato il verme rotondo C. elegans e cellule umane derivate dal paziente per risolvere quali sono i meccanismi chiave che proteggono il genoma dalla formaldeide durante lo sviluppo, l’età adulta e l’invecchiamento.
Il team di ricerca ha identificato almeno tre meccanismi distinti che affrontano il danno al DNA indotto dalla formaldeide: 1) nella linea germinale e nello sviluppo embrionale precoce, il meccanismo di riparazione preferito è il Global Genome Nucleotide Excision Repair (GGR), un sistema in grado di riparare il DNA in massa, frequentemente utilizzato per proteggere le cellule dalle radiazioni UV. 2) Negli adulti e nelle cellule non in divisione, la tossicità della formaldeide è contrastata dal canonico Transcription-Coupled Repair (TCR), che normalmente si occupa delle lesioni del DNA nei geni codificanti che vengono attivamente trascritti. 3) Durante lo sviluppo, quando le cellule si dividono, il meccanismo preferito è un ramo del sistema TCR che opera indipendentemente dal NER, un sistema utilizzato per risolvere i legami incrociati DNA-proteina.
L’identificazione dei principali meccanismi di riparazione per il danno indotto dalla formaldeide è un’informazione preziosa. Tuttavia, il team di ricercatori è andato oltre e ha scoperto che il noto antiossidante (nonchè neutralizzante della formaldeide) N-acetil-L-cisteina (NAC) potrebbe invertire la maggior parte della tossicità nel modello animale di AMeD e nelle cellule umane con alterazioni nei sistemi di riparazione del DNA, offrendo un indizio inaspettato per un potenziale intervento terapeutico per invertire le conseguenze patogene nella AMeD. Sebbene questa ricerca sia ancora in fase preclinica, i ricercatori sono fiduciosi che possa ispirare nuovi interventi terapeutici e dietetici per ridurre la tossicità di questa tossina metabolica, non solo per i pazienti AMeD, ma anche per gli individui con una storia familiare di sviluppo del cancro.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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