Come afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), “I grassi insaturi (es. nel pesce, nell’avocado, nel girasole, nella colza, nella frutta a guscio e nell’olio d’oliva) sono preferibili ai grassi saturi (quelli della carne grassa, burro, olio di cocco, panna, formaggio, burro chiarificato e lardo). “La ragione? Il grasso saturo fa male alla salute cardiovascolare. E’ questo quello che è stato professato dagli anni Settanta. Mentre le lipoproteine a bassa densità (LDL) è generalmente considerata un colesterolo “cattivo”, il tipo HDL è ampiamente accettato come colesterolo “buono”. Tuttavia, c’è un’altra svolta in questa affascinante storia. L’anno appena trascorso è stato protagonista di tre studi che potenzialmente trasformano quello che sappiamo di grassi e colesterolo. Il primo strudio ha scoperto che i grassi saturi potrebbero non “ostruire” le nostre arterie dopo tutto, mentre il secondo ha scoperto un legame tra HDL “buono” e mortalità. Il terzo studio, pubblicato a novembre 2017, ha dimostrato che alti livelli di HDL potrebbero non proteggerci dalle malattie cardiache, come si pensava in precedenza.
Nel nuovo studio FATFUNC sull’alimentazione norvegese pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, il capo-ricerca professor Simon Nitter Dankel ed il suo team hanno messo in dubbio e ribaltato la teoria che il grasso saturo non è salutare per la maggior parte della popolazione. Questa teoria ha dominato la letteratura sanitaria per più di 50 anni. La nozione di limitare i grassi saturi per mantenere un peso corporeo ideale e ridurre il rischio di malattie croniche, si è manifestata nelle linee guida sanitarie per decenni. Di recente, tuttavia, gli scienziati e le organizzazioni sanitarie hanno opinioni contrastanti sui pericoli dei grassi saturi. L’American Heart Association (AHA) concorda con gli avvertimenti del governo, insistendo che il consumo di grassi saturi può innalzare il rischio di malattie cardiache. L’Accademia Americana di Nutrizione e Dietetica, tuttavia, raccomanda di de-enfatizzare il ruolo del grasso saturo nello sviluppo di malattie cardiache, a causa della mancanza di prove che collegano i due.
Il professor Dankel e il suo team hanno testato la loro ipotesi su 38 uomini con obesità addominale. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi e hanno seguito una dieta molto ricca di grassi, a basso contenuto di carboidrati o una dieta povera di grassi e ricca di carboidrati per 12 settimane. I ricercatori hanno misurato la massa grassa nella regione addominale, nel fegato e nel cuore. Hanno anche valutato i fattori di rischio cardiovascolare. L’attuale teoria che circonda il grasso saturo, suggerirebbe che il gruppo ad alto contenuto di grassi e basso contenuto di carboidrati sarebbe a maggior rischio di malattie cardiache rispetto al gruppo a basso contenuto di grassi e ad alto contenuto di carboidrati. E invece, nelle persone arruolate per lo studio, questo non è successo; non c’era differenza tra i gruppi.
L’assunzione di energia, proteine, acidi grassi polinsaturi e tipi di cibo era simile tra i due gruppi, con variazioni principali sulla quantità. L’assunzione di zuccheri aggiunti è stata ridotta al minimo. L’assunzione di energia di entrambi i gruppi era entro il range di normalità. I partecipanti che hanno aumentato il loro apporto energetico hanno visto ancora una riduzione delle riserve di grasso e il rischio di malattia. Il professore e cardiologo Ottar Nygård, coautore, ha dichiarato: “L’assunzione molto alta di grassi totali e saturi non ha aumentato il rischio calcolato di malattie cardiovascolari; i partecipanti alla dieta molto ricca di grassi hanno anche avuto miglioramenti sostanziali in diversi importanti fattori di rischio cardio-metabolico, come la conservazione del grasso ectopico, la pressione sanguigna, le concentrazioni di insulina, la glicemia ed i trigliceridi. Rimarchiamo che sono stati esaminati gli effetti del grasso totale e saturo nel contesto di una dieta sana ricca di alimenti freschi, poco elaborati e nutrienti, comprese elevate quantità di verdure e riso invece di prodotti a base di farina. Anche le fonti di grassi erano abbastanza grezze, principalmente burro, crema e oli spremuti a freddo”.
I risultati indicano che il principio fondamentale di una dieta sana non è la quantità di grassi o di carboidrati, ma la qualità dei cibi che mangiamo. Lo studio FATFUNC mette in discussione la teoria secondo cui la via alle malattie cardiache da grassi saturi è lastricata con l’aumento dei livelli di colesterolo LDL nel sangue. Gli autori dello studio non solo hanno osservato un aumento significativo del colesterolo LDL, ma hanno anche scoperto che la dieta ad alto contenuto di grassi era associata solo ad un aumento dei livelli di colesterolo HDL. Questo potrebbe significare che la maggior parte delle persone sane probabilmente tollerano un elevato apporto di grassi saturi, a patto che la qualità del grasso sia buona e l’apporto energetico totale non sia troppo alto. Conclude così il professor Dankel: “Gli studi futuri dovrebbero esaminare quali categorie di individui o pazienti potrebbero aver bisogno di limitare l’assunzione di grassi saturi. Ma i presunti rischi per la salute derivanti dall’assunzione di grassi di buona qualità sono stati enormemente esagerati e potrebbe essere più importante per la salute pubblica incoraggiare la riduzione dei prodotti a base di farina, grassi altamente lavorati e alimenti con zuccheri aggiunti.
Questa è una conclusione nè errata, né che va contro ciò che si studia in Facoltà di Medicina affrontando le discipline Biochimica e Fisiologia. La digestione degli amidi (pasta, pane, riso, patate, ecc.) è la principale sorgente alimentare di glucosio, il combustibile di tutte le cellule. Dal suo metabolismo, deriva l’acetil-coenzima A che può avere due destini: entrare nei mitocondri e produrre energia o fungere da mattone per la sintesi di acidi grassi. Normalmente le cellule, quando sentono grasso esterno in quantità maggiori degli zuccheri frenano la sua stessa sintesi, mentre preferiscono utilizzare gli zuccheri. Questo processo è orchestrato magistralmente dall’insulina. Quest’ormone, abbassa la glicemia portando dentro le cellule il glucosio dal sangue e trasformandolo in glicogeno nel fegato e nei muscoli, ed essere bruciato per produrre energia quando richiesto. Parimenti, essa favorisce lo stipaggio degli acidi grassi sottoforma di trigliceridi, che diventano così scorte energetiche centro le cellule. Il processo è attivo praticamente in tutte le cellule del corpo, inclusi gli adipociti cioè le cellule del tessuto grasso vero.
Staremo a vedere se ha ragione la cellula o il modo di ingoiare il boccone.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, Medico specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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