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Batteri come causa di aterosclerosi: tipologie, meccanismi ed il ruolo aggiuntivo del microbiota intestinale

Ruolo dei batteri nella salute vascolare e disfunzione endoteliale

In un sistema vascolare sano, l’endotelio, che riveste l’interno dei vasi sanguigni, svolge un ruolo essenziale nel mantenimento della dilatazione vascolare, nella regolazione del flusso sanguigno e nell’inibizione dell’adesione di cellule infiammatorie e piastrine. I batteri svolgono un ruolo cruciale nel mantenimento dell’omeostasi dell’organismo, ma alcune specie sono anche implicate in processi patologici che possono influenzare negativamente la salute vascolare, contribuendo alla disfunzione endoteliale e alla formazione delle placche ateromasiche, caratteristiche dell’aterosclerosi. Questo processo avviene principalmente attraverso l’induzione di infiammazione sistemica, la produzione di endotossine e l’attivazione della risposta immunitaria, tutti fattori che promuovono la formazione delle placche. La conferma che specie batteriche potessero essere causa o quantomeno concausa del fenomeno è avvenuta circa un decennio fa, quando nell’analisi lipidomica del materiale componente la placca sono stati ritrovati lipidi contenenti sia acidi grassi con numero dispari di atomi di carbonio (l’uomo li metabolizza a numero pari), e sia con ramificazioni metiliche laterali, che è un’esclusiva caratteristica biochimica dei procarioti ma non degli eucarioti.

Batteri associati all’aterosclerosi

Chlamydia pneumoniae

Questa specie è stata frequentemente associata all’aterosclerosi. Alcuni studi hanno mostrato una correlazione tra alti livelli di anticorpi contro C. pneumoniae nel sangue e un aumentato rischio di malattie cardiovascolari. Questo suggerisce una possibile associazione tra infezione cronica e aterosclerosi. Alcuni studi hanno tentato di usare antibiotici specifici per C. pneumoniae in pazienti con aterosclerosi, ma i risultati sono stati inconcludenti. Questo potrebbe essere dovuto alla difficoltà di eradicare l’infezione cronica o alla complessità multifattoriale dell’aterosclerosi, dove la presenza di C. pneumoniae è solo uno dei tanti fattori di rischio. Il coinvolgimento di C. pneumoniae nell’aterosclerosi sembra derivare da una combinazione di effetti diretti e indiretti. C. pneumoniae può infettare le cellule endoteliali, che rivestono l’interno dei vasi sanguigni, così come le cellule muscolari lisce delle arterie.

Una volta infettate, queste cellule subiscono un danno che compromette la loro funzionalità, favorendo l’infiammazione e il reclutamento di cellule immunitarie nella parete arteriosa. Questo fenomeno contribuisce all’inizio e alla progressione dell’aterosclerosi. Il batterio stimola una risposta infiammatoria cronica, che induce il rilascio di citochine pro-infiammatorie come IL-6, IL-1β e TNF-α. Questo stimola il reclutamento di macrofagi e linfociti nelle pareti delle arterie. I macrofagi, in particolare, fagocitano le lipoproteine a bassa densità (LDL), formando cellule schiumose, che sono componenti fondamentali della placca ateromasica. Infine, C. pneumoniae è in grado di metabolizzare e utilizzare il colesterolo per la sua crescita intracellulare, il che potrebbe stimolare indirettamente l’accumulo di LDL ossidate nelle arterie. Questo fattore favorisce l’accumulo delle lipoproteine e promuove la crescita della placca.

Porphyromonas gingivalis

Questo batterio, comune nelle infezioni parodontali, ha dimostrato un’associazione con la disfunzione endoteliale e l’aterosclerosi. Negli ultimi anni, è stata accumulata una crescente evidenza che suggerisce un’associazione tra l’infezione da P. gingivalis e l’aterosclerosi, una malattia caratterizzata dalla formazione di placche ateromasiche nelle arterie. P. gingivalis è in grado di entrare nel flusso sanguigno attraverso il tessuto gengivale infiammato, diffondendosi nel sistema circolatorio e influenzando negativamente l’endotelio vascolare. È inoltre in grado di invadere i tessuti parodontali profondi e di entrare nel flusso sanguigno attraverso le gengive infiammate, un processo chiamato batteriemia transitoria. Una volta nel sangue, il batterio può colonizzare i vasi sanguigni e le pareti arteriose, contribuendo direttamente alla formazione delle placche aterosclerotiche.

L’infezione da P. gingivalis può stimolare l’ossidazione delle LDL, che è un processo chiave nello sviluppo dell’aterosclerosi. Le LDL ossidate sono altamente aterogene e favoriscono il reclutamento di cellule immunitarie che, una volta nel tessuto vascolare, amplificano l’infiammazione e la crescita della placca. Produce anche lipopolisaccaridi (LPS) che inducono infiammazione sistemica e proteasi conosciute come gingipaine, che possono degradare le proteine della matrice extracellulare e danneggiare l’endotelio vascolare. In aggiunta, i LPS prodotti da P. gingivalis attivano il recettore Toll-like 4 (TLR4) presente nelle cellule endoteliali e immunitarie, innescando un’ulteriore cascata infiammatoria. Questa risposta infiammatoria sistemica danneggia l’endotelio vascolare, facilitando l’accumulo di lipidi e l’infiltrazione di cellule infiammatorie nelle pareti arteriose, con conseguente formazione delle placche aterosclerotiche.

Streptococcus mutans

È un batterio gram-positivo anaerobio facoltativo noto principalmente per il suo ruolo nella carie dentaria. Tuttavia, recenti studi hanno suggerito che S. mutans potrebbe avere un ruolo anche nello sviluppo dell’aterosclerosi e di altre malattie cardiovascolari. Sebbene il suo legame con la salute orale sia ben consolidato, l’associazione con le patologie cardiovascolari sta guadagnando attenzione nella ricerca medica, in quanto l’infiammazione cronica causata da infezioni orali è stata correlata a effetti sistemici. L’ipotesi del contributo di S. mutans allo sviluppo dell’aterosclerosi si basa su alcuni meccanismi patogenetici, che comprendono sia effetti diretti sia indiretti sulle arterie e sull’endotelio:

  1. Batteriemia transitoria e adesione ai vasi sanguigni: Quando vi sono infiammazioni orali, come nel caso di carie avanzate o gengiviti, S. mutans può entrare nel flusso sanguigno, causando una batteriemia transitoria. Durante questo processo, il batterio può aderire alle pareti dei vasi sanguigni, in particolare nei punti già danneggiati, dove può facilitare l’accumulo di lipidi e il reclutamento di cellule infiammatorie.
  2. Esposizione dell’antigene Cnm e colonizzazione delle arterie: Una particolare sottopopolazione di S. mutans esprime una proteina chiamata collagen-binding protein (Cnm), che facilita l’adesione del batterio al collagene presente nei tessuti umani. Questa proteina rende S. mutans particolarmente adatto a colonizzare le pareti vascolari danneggiate e le lesioni aterosclerotiche, contribuendo alla stabilizzazione e all’espansione delle placche.
  3. Induzione della risposta infiammatoria: S. mutans può innescare una forte risposta immunitaria, che porta al rilascio di citochine pro-infiammatorie come IL-6 e TNF-α. Queste citochine promuovono il reclutamento di cellule immunitarie nei siti vascolari, un processo che favorisce la formazione e la crescita delle placche aterosclerotiche.
  4. Attivazione delle piastrine: È stato dimostrato che S. mutans può attivare le piastrine, inducendole ad aggregarsi e a formare microtrombi. Questo processo favorisce la formazione delle placche aterosclerotiche e può contribuire alla progressione dell’aterosclerosi, aumentando il rischio di eventi cardiovascolari acuti come infarti e ictus.
  5. Formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS): L’infezione da S. mutans può stimolare la produzione di specie reattive dell’ossigeno, che sono coinvolte nell’ossidazione delle LDL, un processo fondamentale per l’inizio della formazione delle placche aterosclerotiche. Le LDL ossidate sono facilmente fagocitate dai macrofagi, portando alla formazione di cellule schiumose, che sono una componente chiave delle placche.

Helicobacter pylori

Helicobacter pylori è un batterio gram-negativo che colonizza il tratto gastrointestinale e che è noto principalmente per la sua associazione con gastrite, ulcera peptica e cancro gastrico. Alcuni studi epidemiologici hanno suggerito un’associazione tra infezione da H. pylori e aumento del rischio di malattie cardiovascolari. Tuttavia, i risultati non sono sempre stati conclusivi, con alcune ricerche che mostrano un legame significativo e altre che non lo rilevano. Tuttavia, ricerche recenti hanno suggerito che H. pylori possa anche essere coinvolto in alcune malattie cardiovascolari, in particolare nell’aterosclerosi, la formazione di placche aterosclerotiche nelle arterie, che rappresenta un importante fattore di rischio per eventi cardiovascolari come infarti e ictus. Le evidenze suggeriscono che H. pylori possa contribuire alla disfunzione vascolare e all’aterosclerosi attraverso una serie di meccanismi indiretti:

  1. Infiammazione sistemica: H. pylori è noto per causare infiammazione cronica a livello dello stomaco, che può avere ripercussioni sistemiche. L’infezione cronica da H. pylori porta al rilascio di citochine infiammatorie, come IL-6, IL-1β e TNF-α, che sono associate a uno stato infiammatorio sistemico. L’infiammazione persistente favorisce il danneggiamento dell’endotelio vascolare, aumentando la probabilità di formazione delle placche aterosclerotiche.
  2. Stimolazione della risposta immunitaria e attivazione delle cellule endoteliali: Il batterio induce una risposta immunitaria sostenuta che può portare alla produzione di autoanticorpi e all’attivazione delle cellule endoteliali. Questo stimola il rilascio di molecole di adesione (come ICAM-1 e VCAM-1) che promuovono il reclutamento di cellule infiammatorie nei siti arteriosi e aumentano il rischio di danno endoteliale e di deposito di lipidi nelle pareti arteriose.
  3. Aumento dei livelli di omocisteina: Alcuni studi hanno osservato che i pazienti infettati da H. pylori possono avere livelli elevati di omocisteina, un amminoacido associato a un aumentato rischio di aterosclerosi. L’iperomocisteinemia favorisce la disfunzione endoteliale e contribuisce alla formazione delle placche, aumentando il rischio di eventi cardiovascolari.

Ruolo del microbiota e dell’omeostasi cardiovascolare

I batteri presenti nel microbiota intestinale producono metaboliti, come gli acidi grassi a catena corta (SCFA), che esercitano effetti antinfiammatori e modulano la risposta immunitaria. Gli SCFA, tra cui acetato, propionato e butirrato, contribuiscono a mantenere l’integrità della barriera intestinale, impedendo che batteri patogeni e molecole pro-infiammatorie passino nel flusso sanguigno, processo che può portare a infiammazione sistemica e danno vascolare. Oltre agli SCFA, il microbiota intestinale produce altri composti che possono influenzare la salute cardiovascolare. Per esempio, alcuni batteri producono antiossidanti, vitamina K e vitamine del gruppo B, essenziali per il metabolismo cardiovascolare e per la protezione contro lo stress ossidativo, un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari.

Quando il microbiota è in equilibrio, aiuta a mantenere una barriera intestinale robusta. Una barriera intestinale compromessa permette il passaggio di lipopolisaccaridi nel sangue.  Alcuni batteri intestinali influenzano il metabolismo dei lipidi, contribuendo a mantenere livelli sani di colesterolo e lipoproteine nel sangue. In condizioni di disbiosi, può verificarsi un’alterazione nella produzione di acidi biliari e una maggiore sintesi di colesterolo LDL (colesterolo “cattivo”), che è associata a un maggior rischio di formazione di placche aterosclerotiche. Infine, il microbiota intestinale è coinvolto nel metabolismo di alcuni composti bioattivi presenti negli alimenti, come i polifenoli, che hanno effetti protettivi sul sistema cardiovascolare. Questi composti contribuiscono a ridurre l’infiammazione e a migliorare la funzione endoteliale, aiutando a mantenere i vasi sanguigni sani.

Disbiosi e rischio cardiovascolare

Quando si verifica una disbiosi – cioè un’alterazione nell’equilibrio tra batteri benefici e potenzialmente patogeni – si crea un ambiente favorevole all’infiammazione e allo sviluppo di malattie croniche. Alcuni effetti della disbiosi associati a un aumento del rischio cardiovascolare includono:

Aumento dei metaboliti pro-aterogeni: In condizioni di disbiosi, alcuni batteri producono composti come la trimetilammina (TMA), che viene successivamente trasformata nel fegato in trimetilammina-N-ossido (TMAO). TMAO è un composto che promuove l’accumulo di colesterolo nelle cellule schiumose delle arterie, favorendo la formazione delle placche aterosclerotiche.

Incremento dell’infiammazione sistemica: La disbiosi porta a un aumento della permeabilità intestinale e, di conseguenza, a un passaggio di endotossine nel sangue. Questo può contribuire a una condizione di infiammazione cronica di basso grado che danneggia le pareti vascolari e favorisce lo sviluppo dell’aterosclerosi.

Alterazione del metabolismo lipidico e glucidico: Alcuni batteri influenzano direttamente il metabolismo dei lipidi e dei carboidrati. La disbiosi è associata a disturbi del metabolismo lipidico, che si manifestano come iperlipidemia e obesità, due fattori di rischio ben noti per le malattie cardiovascolari.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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