giovedì, Novembre 14, 2024

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Le novità di ricerca sulle possibiltà terapeutiche della SLA: i risultati clinici di cinque potenziali candidati

Esistono pochissimi farmaci approvati dalla FDA per la SLA, di cui solo uno, il riluzolo, è una terapia che modifica la malattia, mentre l’edaravone prolunga solo la durata della vita di un paio di mesi, lasciando quindi un grande bisogno di più opzioni di trattamento. Ma la ricerca non molla: ci sono sicuramente difficoltà legate alla complessità degli eventi molecolari sottostanti alla malattia, ma i bersagli terapeutici sono abbastanza numerosi. Un’opzione sotto studio è quella di AL-S Pharma AG, che sta studiando AP-101, un anticorpo monoclonale che attiva l’enzima SOD-1 mutato (inattivato) nella maggior parte dei casi clinici. Il farmaco è stato iniettato a 63 pazienti per via endovenosa, ed il trial clinico di fase II è terminato lo scorso giugno.

Poi è la volta di RAPA-501, sviluppato dalla Rapa Therapeutics LLC. È una terapia con cellule T autologhe che protegge le cellule dei motoneuroni dall’infiammazione. Le cellule sono prodotte ex vivo utilizzando la riprogrammazione epigenetica per produrre una popolazione di cellule T arricchita per un duplice fenotipo antinfiammatorio basato sulla differenziazione ibrida Treg e Th2. Ai pazienti vengono somministrate fino a quattro infusioni a distanza di sei settimane durante lo studio di 30 settimane. Lo studio è uno studio multicentrico, non randomizzato e in aperto che valuta la terapia con cellule T RAPA-501 nei pazienti con SLA. Sono previsti 41 pazienti da arruolare nello studio, il cui completamento primario è previsto per luglio 2025.

Dalla collaborazione di Calico Life Sciences e AbbVie è nato ABBV-CLS-7262, che è una molecola da somministrare per via orale. Il suo bersaglio molecolare è il regolatore EiF2B della sintesi proteica cellulare. Il regime F è uno studio di fase II/III (NCT05740813) che ha valutat la sicurezza e l’efficacia del farmaco in 300 pazienti e che è stato completato lo scorso settembre. L’endpoint primario è il cambiamento nella gravità della malattia misurato dal punteggio totale della ALS Functional Rating Scale-Revised (ALSFRS-R) a 24 settimane. Gli endpoint secondari includono la forza muscolare, la funzione respiratoria e il biomarker della progressione della malattia a 24 settimane.

Un altro trial clinico è stato completato riguardo al fasudil, un farmaco approvato per trattare gli esiti dell’emorragia cerebrale. Negli studi preclinici, è stato dimostrato che il fasudil attenua la neurodegenerazione, modula la neuroinfiammazione e favorisce la rigenerazione assonale. ROCK-ALS è uno studio di fase 2, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, adesso terminato che è stato condotto in 19 centri specializzati nella SLA in Germania, Francia e Svizzera. Sono stati arruolati e randomizzati 120 partecipanti. La popolazione intention-to-treat comprendeva 35 nel gruppo fasudil 30mg, 39 nel gruppo fasudil 60mg e 44 nel gruppo placebo.

Le valutazioni di follow-up sono state eseguite a 45, 90 e 180 giorni dall’inizio del trattamento. Si sono verificati otto decessi: due nel gruppo placebo, quattro nel gruppo fasudil 30 mg e due nel gruppo fasudil 60 mg. Gli eventi avversi gravi più comuni sono stati insufficienza respiratoria (7 eventi), gastrostomia (5 eventi), polmonite (4 eventi) e disfagia (4 eventi). Nessun evento avverso grave o decesso è stato attribuito al trattamento in studio. Poiché fasudil è stato ben tollerato e sicuro nelle persone con sclerosi laterale amiotrofica, secondo gli scienziati l’effetto di fasudil sui risultati di efficacia dovrebbe essere esplorato in studi clinici più ampi con una durata del trattamento più lunga, somministrazione orale e una dose potenzialmente più elevata.

Ed anche l’Italia non ha paura di dare il suo contributo. Una collaborazione fra l’Azienda ospedaliera dell’Università di Modena e di Milano ha condotto un trail clinico sulla possibilità di usa la colchicina per trattare la malattia. Questo alcaloide è stato originariamente usato come antitumorale perchè interferisce con i microtubuli cellulari, necessari sia a dare forma alla cellula che permetterle di dividersi durante la mitosi. Negli studi preclinici, questo farmaco antinfiammatorio, mai testato nella SLA, ha aumentato l’espressione dei fattori dell’autofagia e inibito l’accumulo della proteina TDP-43, un noto marker istopatologico malattia. Questo studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco ha arruolato pazienti con SLA probabile o certa che hanno manifestato l’insorgenza dei sintomi negli ultimi 18 mesi.

I pazienti sono stati assegnati in modo casuale in un rapporto 1:1:1 a ricevere colchicina a una dose di 0,005 mg/kg/giorno, 0,01 mg/kg/giorno o placebo per 30 settimane. Il numero di responsivi positivi, definiti come pazienti con una diminuzione inferiore a 4 punti nel punteggio totale della scala ALSFR-SR durante il periodo di trattamento di 30 settimane, è stato l’esito primario. Neo pazienti che hanno ricevuto il farmaco alla dose di 0.005mg/kg/die c’è stato un lieve miglioramento globale dei valori per l’ALSFR-SR. Otto pazienti hanno manifestato eventi avversi nel gruppo placebo (44,4%), tre nel gruppo colchicina 0,005 mg/kg/giorno (16,7%) e sette nel gruppo colchicina 0,01 mg/kg/giorno (35,9%).

Gli esperti hanno concluso che la colchicina potrebbe rappresentare un’alternativa già pronta da riorientare per la gestione quotidiana della SLA. Si tratterebbe dell’ennesimo caso di “drug repurposing” (riposizionamento farmacologico), che ha il vantaggio di fare risparmiare alla ricerca di base tanto tempo e tanti costi per gli studi preliminari necessari per una molecola scoperta o costruita dal principio.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Koch JC et al. Lancet Neurol. 2024 Nov; 23(11):1133-1146.

Perrin S, Ladha S et al. PLoS Med. 2024; 21(10):e1004469.

Gianferrari G et al. Brain Commun. 2024 Sep; 6(5):fcae304.

Pei Y et al. ChemMedChem. 2024 Jun; 19(11):e202300716.

Zhao B et al. Acta Neuropathol Commun. 2023; 11(1):200.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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