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Recettori GPC di superficie: i tasselli esterni alla complessità del trattamento della sclerosi multipla

Introduzione: la complessità biologica della SM

La terapia delle sclerosi multipla ha fatto balzi da gigante negli ultimi vent’anni, passando dalla classica terapia immunosoppressiva con steroidi, cladribina, glatiramer acetato ed interferone alle terapia immunomodulante con derviati sfingoidi e i farmaci biologici. Fra i primi fingolimod e ozanimod sono usati in caso di sclerosi multipla recidivante remittente, mentre il siponimod è indicato nel trattamento della sclerosi multipla secondaria progressiva. Fra i secondi, i più conosciuti sono il dacrizumab e l’ocrelizumab. Tuttavia, come tutti sanno, la SM è una malattia dalla quale non si guarisce essendo di natura autoimmune, ma necessita di conviverci e gestire al meglio terapia medica e comportamenti complementari legati anche allo stile di vita. Inoltre, dalla biologia della malattia e delle cellule nervose centrali del problema, le cellule di Schwann derivate dagli oligodendrociti, è chiaro che la loro replicazione e maturazione è sotto il controllo di numerosi recettori di superficie .

Alcuni di essi hanno degli attivatori naturali, altri sono definiti “orfani” ovvero il loro regolatore endogeno non è conoscituo e spesso sono attivi in modo “costitutivo”, senza necessità di regolazione esterna. Gli studi condotti fino ad oggi indicano che i recettori accoppiati alle proteine G (GPCRs) coinvolti in un modo o in un altro nella biologia della SM sono GPR17, GPR30, GPR37, GPR40, GPR50, GPR54, GPR56, GPR65, GPR68, GPR75, GPR84, GPR97, GPR109, GPR124 E GPR126. Ognuno di essi ha un preciso accoppiamento a proteine di segnale secondario che ne caratterizza le azioni molecolari e gli effetti cellulari postumi. Alcuni di essi hanno sicuramente vie trasduttive dello stesso tipo, con proteine G stimolatorie (Gs), inibitorie (Gi), di tipo zero (G0) e alternative (Gq). Esse controllano principalmente la produzione del secondo messaggero AMP ciclico (cAMP) o dei fosfolipidi idrolizzati (DAG, IP3), che attiveranno cascate di proteina-chinasi necessarie per arrivare fino all’espressione genica.

I recettori accoppiati a proteine G: una superfamiglia ed ognuno con le sue mansioni

Di seguito si descriveranno le caratteristiche di alcuni di questi recettori e del pruolo potenziale che potrebbe avere la loro manipolazione farmacologica nel contesto della sclerosi multipla.

GPR17: questo recettore accoppiato alle proteine G controlla la proliferazione dei precursori degli oligodendrociti cerebrali. Sembra che la sua attivazione prevenga il loro differenziamento in cellule matura della mielina. Il suo ligando naturale è l’UDP-glucosio, che nel sistema nervoso funge da precursore per la sintesi delle glicoproteine di superficie e dei glico-sfingolipidi, i grassi tipici della mielina. Hennen et al. nel 2013 hanno scoperto un agonista sintetico di questo recettore, battezzato MDL 29,951 che assomiglia all’acido indol-propionico derivato dal catabolismo del triptofano. MDL29,951 ha inibito la maturazione degli oligodendrociti primari da topi eterozigoti in coltura, così come in fette cerebellari da topi wild-type di 4 giorni. Il recettore è inibito in modo molto specifico da un farmco già esistente, il pranlukast, un antagonista dei leucotrieni usato per la terapia dell’asma e della rinite allergica. E’ curiosa l’analogia di questa informazione col fatto che il modello sperimentale della SM è definita propriamente encefalomielite “allergica” sperimentale (EAE). Per cui l’inibizione di GPR17 emerge come strategia terapeutica per alleviare il blocco della maturazione degli oligodendrociti e promuovere la riparazione della mielina nella sclerosi multipla.

GPR30: questo è un recettore per gli estrogeni (GPER) diverso dal classico recettore interno ER-alfa, che lega direttamente il DNA. La sua attivazione in vari studi tramite agonisti (etinil-E2, ago-G1) ha sempre indotto un beneficio alla progressione della malattia in modelli animali, inducendo la rimielinizzazione nei contesti di lesioni indotte in laboratorio (es. modello del cuprizone). Il suo ligando naturale è ovviamente l’estradiolo ma stranamento anche il tamoxifen, un farmaco usato nella terapia dei tumori mammari, è un suo agonista. Non a caso è stato provato da Gonzalez GA et al (2016) in modelli animali, osservando che la sua somministrazione acelerava la guarigione delle lesioni cerebrali in vivo. Il recettore sente la presenza anche degli estrogeni vegetali come la genisteina (presente nella soia) ed Ohgomori et al. (2019) hanno visto che la genisteina recupera anc’essa le lesioi SM indotte dal cuprizone, ma non hanno fornito una spiegazione degli effetti molecolari dietro gli effetti. Per cui, sebbene l’estradiolo possa risultare problematico per la terapia dell SM, degli agonisti mirati esclusivamente al GPR30 potrebbero costituire una valida terapia alternativa per questa malattia.

GPR37: mentre il conivolgimento dei recettori precedenti nella SM risale a quasi vent’anni fa, quello di GPR37 è stato notato dal 2017, quando topi KO per questo recettore tendevano a sviluppare spontaneamente delle lesioni di demielinizzazione, per ridotta espressione di una delle proteine maggiori della mielina, la MAG. Sebbene la sua espressione in varie aree cerebrali buona, i suoi livelli sono eccezionalmente alti nel midollo spinale. Uno dei suoi ligandi è il peptide prosaposina, che dentro la cellula serve al facilitare la rimozione dei glicosfingolipidi, tra i costitueti maggiori della mielina. Studi successivi hanno evidenziato che anche la proteina osteocalcina è un suo ligando endogeno: la capacità dell’osteocalcina di attraversare la barriera ematoencefalica ​​consente la sua potente regolazione delle funzioni neuronali e dello sviluppo cerebrale nel sistema nervoso centrale. Il recettore si accoppia alle proteine Gi/G0, inibendo la produzione di cAMP; per contro, può attivare le vie di segnalazione calcio-dipendenti (PKC-alfa, CAMK-II) che arrivano al nucleo modulando l’espressione genica in modo selettivo. Per cui queste proteine naturali (prosaposina e osteocalcina) possono rappresentare terapie potenziali biocompatibili per trattare questa patologia.

GPR65: non direttamente presente sulle cellule cerebrali, è preferibilmente espresso negli organi linfoidi ed è attivato dall’acidità extracellulare (ioni H+). Utilizzando il modello murino di SM (EAE), Wirasihna et al. (2018) hanno scoperto che i topi con deficit di GPR65 sviluppano una malattia esacerbata. I linfociti T helper CD4+ sono i principali motori della patogenesi della EAE, tuttavia, la carenza di GPR65 in queste cellule non ha contribuito alla malattia esacerbata osservata. Invece, i livelli di espressione di GPR65 sono stati trovati più alti sulle cellule T natural killer invarianti (iNKT), suggerendo che i segnali di GPR65 nelle cellule iNKT sono importanti per la soppressione della malattia autoimmune. Questo vuol dire che agonisti di questo recettore (ancora orfano per ligandi naturali, eccetto gli ioni acidi), potrebbero essere usati di concerto per colpire il lato immunologico della malattia. A conferma, recentemente sono stati sviluppati degli agonisti sintetici, come BRD2813, BRD5075 e BRD5079 per studiare le proprietà biologiche di questa proteina nel contesto di un’altra patologia autoimmune, la malattia infiammatoria intestinale (IBD) che comprende il morbo di Crohn.

GPR75: di questo recettore si sa pochissimo. C’è un unico studio di Furkan Horat et al. (2023) che sembra provare che esso risulta pro-infiammatorio nel contesto della malattia attraverso il suo segnale intracellulare dipendente dalle proteine Gq e G11, che arrivano ad attivare il fattore di trascrizione AP-1. Il recettore sembra collaborare con l’enzima epossido-idrolasi solubile (sEH), la cui inibizione con il farmaco sperimentale TPPU, migliora la sintomatologia dei ratti la cui malattia era stata indotta tramite immunizzazone col peptide MOG35-55. Gli effetti cellulari sono stati la repressione dell’inibitore della mielinizzazione Sema3A e l’incentivazione delle vie legate alla sopravvivenza cellulare (PLC/PI3K/Akt ed ERK/CREB/Bcl-2). Sebbene GPR75 sia stato a lungo considerato un recettore orfano, la ricerca ha gradualmente rivelato i suoi ligandi endogeni.

Ad oggi sono tre, le chemochine RANTES e CCL5 e il mediatore lipidico acido 20-idrossi-eicosatetraenoico (20-HETE) come il più ampiamente studiato. L’attivazione di GPR75 con 20-HETE porta alla trasduzione del segnale guidata dalle proteine Gq/11, attivando successivamente il recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR) attraverso le proteine GIT1/c-Src, e stimolando così l’attivazione dei complessi MAPK e IKK. Il primo di questi attiva il fattore AP-1, mentre i complesso IKK attivato innesca la traslocazione di NF-kB nel nucleo cellulare. Entrambi cooperano nella produzione di proteine e citochine infiammatorie, giustificando le osservazioni dello studio sperimentale citato. Del 20-HETE esiste un antagonista chiamato WIT002, studiato nel contesto degli effetti vascocostrittori di questo mediatore e sulla patogenesi dell’ipertensione, ma non nel contesto della sclerosi multipla.

GPR97: la comprensione della biologia di questo recettore ha rivelato sorprese proprio nel contesto della possibilie terapia della sclerosi multipla. Esso è espresso nei globuli bianchi chiamati granulociti e nelle cellule endoteliali dei vasi sanguigni. E, sorpresa, i suoi attivatori endogeni sono il cortisone, il cortisolo e l’11-deossi-cortisolo, tre ormoni steroidei maggiori regolatori delle funzioni metaboliche nell’uomo e nelle risposte allo stress. Parimenti, sono risultati suoi ligandi positivi anche farmaci steroidei di uso comune come il beclometasone ed il desametasone, impiegati nela gestione di molte condizioni infiammatorie, sclerosi multipla inclusa. Ma la sorpresa è arrivata anche da uno studio di Harada et al. (2022), quando il team di ricercatori ha scoperto che un attivatore naturale del recettore è anche la curcumina, la famosissima sostanza antinfiammatoria presente nella curcuma. L’utilizzo di questo composto nella SM è stato indagato a vari livelli, soprattutto a livello di ricerca di laboratorio.

Ma esistono anche tre trials clinici (2018, 2019 e 2021) che hanno testato l’effetto della curcumina nella SM. Non si parla dell’intervento del GPR97 nelle azioni farmacologiche, ma si riscontra sempre un effetto positivo della sostanza nel decorso della condizione, corroborato dalle decine di pubblicazioni eseguite a carico di questa e dei suoi effetti in vitro. Questo apre la possiblità di ampliare gli effetti della curcumina al di là dei soliti meccanismi invocati, ossia quello antiossidante, inibitore di enzimi (cPLA-2, COX-2) o di fattori di trascrizione infiammatori (NF-kB) e regolatore di meccanismi epigenetici (HATs, DNMT-1, ecc.). E’ anche possibilie che data la sua moderata biodisponibilità, la curcumina eserciti questi effetti solamente quando resa più biodisponibile. (es. quando somministrata assieme alla piperina, come già avviene). Da notare , infatti, che i tre trials clinici citati utilizzano delle formulazioni di curcumina a base di nanoparticelle, che sono molto più biodisponibili della forma grezza.

GPR124: ecco il primo membro della lista che non interviene direttamente nella patologia della sclerosi multipla, nè a livello delle cellule cerebrali nè di quelle immunitarie. Ma i pochi dati disponibili sulla sua biologia confermano che esseo serve ad una importante funzione nel contesto di questa malattia: quella di mantenimento di integrita della barriera ematoencefalica. I topi resi KO per questa proteina muoiono prima della nascita per gravi difetti del midollo spinale e per emorragie cerebrali. Nella SM è noto che esiste una permeabilizzazione della BEE data dall’influenza diretta su di essa delle maggiori citochine infiammatorie prodotte (IL-6, TNF-alfa, ecc.). Attivare il GPR124 in questo contesto potrebbe aiutare a rafforzare l’azione di barriera contro il sistema immunitario, che tende ad attraversare la BEE per cercare di raggiungere la mielina bersaglio dentro il cervello. Sfortunatamente, non sono noti ligandi di piccole dimensioni sia agonisti che antagonisti per GPR124, il che limita la possibilità di studiarli nel contesto di una loro funzione “argine” nel decorso della sclerosi multipla.

GPR126: anche di questo recettore si sa molto poco, anche se per il sistema nervoso si sa che interviene nei processi di mielinizzazione del cervello e che è presente nella microglìa, il sistema immunitario cerebrale residente. Del suo funzionamento si sa che la sua coda extracellulare può attivarlo direttamente dopo taglio enzimatico che la lascia però ancorata al recettore stesso. Ma, con sorpresa, GPR126 ha anche due ligandi endogeni, gli ormoni progesterone e 17-idrossiprogesterone, che dopo legame innescano un segnale di inibizione verso la produzione di AMP ciclico tramite la proteina Gi. Il ruolo del progesterone nella SM è stato studiato e sembra essere immunosoppressivo, dato che la malattia subisce un miglioramento con la gravidanza, quando i livelli di questo ormone sono più alti. Parimenti, esistono dati che il progesterone possa aiutare gli oligodendrociti a rigenerarsi per produrre la mielina, un effetto che non è ancora chiaro quanto dipenda dai recettori classici (PR-A/-B) o implichi il coinvolgimento di GPR126.

Sommario

Come si evince dalla “lista degli imputati”, la biologia della SM non è affatto semplice ed è forse questa la ragione della sua difficile risoluzione a livello clinico. Senza contare che non sono stati descritti tutti i recettori della lista ad inizio articolo, per mancanza di sufficienti informazioni relative alla malattia o per carenza che ancora persiste intorno alle loro funzioni biologiche o alla conoscenza di loro ligandi. L’approccio immunosoppressivo e/o immuno-modulante della SM con i farmaci più nuovi non è sempre parallelo al ripristino fisico delle lesioni demielinizzanti. E questo rappresenta un grosso handicap della terapia farmacologica corrente.

Alla luce della lista descritta, sarebbe logico pensare che solo un cocktail farmacologico che spazi sui vari aspetti della biologia possa essere in grado di coprire i punti critici della condizione, ovvero il controllo delle cellule immunitarie, della loro penetrazione nel sistema nervoso e la possibilità di riparare le lesioni cerebrali dopo la risoluzione del fenomeno infiammatorio. La prospettiva diventa allettante se si considera che alcuni di questi recettori sono attivati anche da composti di origine naturale o da farmaci che sono già approvati, quindi con un profilo di sicurezza farmacologica conosciuto. Il che farebbe risparmiare tempo e risorse alla ricerca.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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