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Levodopa: il farmaco d’elezione del Parkinson che ha dei retroscena poco conosciuti e da sfruttare

La L-DOPA, o levodopa, è un amminoacido precursore della dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale per il funzionamento del sistema nervoso centrale. È utilizzato principalmente come trattamento per la malattia di Parkinson, una patologia neurodegenerativa caratterizzata dalla progressiva perdita dei neuroni dopaminergici nella substantia nigra, una regione del mesencefalo. L’assunzione di L-DOPA permette di aumentare i livelli di dopamina nel cervello, compensando temporaneamente il deficit dopaminergico causato dalla malattia. Dal punto di vista biologico, L-DOPA attraversa la barriera emato-encefalica mediante il trasportatore degli amminoacidi aromatici e, una volta all’interno del sistema nervoso centrale, viene convertita in dopamina dall’enzima aminoacido aromatico-decarbossilasi (AADC). Tuttavia, l’efficacia terapeutica di L-DOPA è limitata dal fatto che una parte significativa della molecola viene metabolizzata in dopamina nei tessuti periferici prima di raggiungere il cervello.

Per ovviare a questo problema, L-DOPA è somministrata in combinazione con inibitori della decarbossilasi periferica, come la carbidopa o la benserazide, che ne aumentano la biodisponibilità cerebrale. A livello cellulare, la dopamina prodotta da L-DOPA interagisce con i recettori dopaminergici presenti sulle cellule nervose, attivando una serie di vie di segnalazione intracellulari che influenzano l’attività neuronale, la plasticità sinaptica e il rilascio di altri neurotrasmettitori. Tuttavia, l’uso cronico di L-DOPA può causare complicanze motorie, come le discinesie indotte da L-DOPA, fenomeni caratterizzati da movimenti involontari anomali. Questi effetti collaterali sono correlati a cambiamenti maladattivi nei circuiti dopaminergici, tra cui la regolazione aberrante dei recettori dopaminergici D1 e D2, la modificazione della trasmissione glutamatergica e alterazioni nella segnalazione intracellulare, come quella mediata dalla proteina chinasi A (PKA) e dalla fosforilazione della proteina DARPP-32.

Ma non sembra che questo sia il quadro completo. Per lungo tempo, la levodopa è stata considerata la versione inerte della dopamina in attesa di conversione metabolica per poter diventare farmacologicamente attiva. Invece, qualche anno fa dei ricercatori hanno scoperto che la L-DOPA è un ligando del recettore GPR143, un recettore fino ad allora considerato orfano ed associato all’albinismo oculare. I ricercatori hanno scoperto che la L-DOPA e il suo recettore GPR143 regolano la neurogenesi nel giro dentato in modo indipendente dalla dopamina. La L-DOPA a concentrazioni molto inferiori a quelle della dopamina ha promosso la proliferazione delle cellule staminali e progenitrici neurali nei topi di tipo selvatico sotto l’inibizione della sua conversione in dopamina; questo effetto è stato abolito nei topi con deficit del gene GPR143 (Gpr143-/y). La neurogenesi ippocampale è diminuita durante lo sviluppo e l’età adulta e nei topi adulti Gpr143-/y è stato osservato un comportamento simile alla depressione esacerbato.

Queste informazioni, da un lato danno man forte alla vecchia teoria monoaminergica alla base della depressione, che suggeriva la carenza di ammine biogene (dopamina, noradrenalina, soprattutto), come causale della comparsa della condizione. Anche perché esistono dati sperimentali che indicano come il recettore GPR143 si accoppia fisicamente e funzionalmente col recettore dopaminergico D2 e quello adrenergico alfa-1b, soprattutto a livello degli astrociti cerebrali. In queste cellule, l’attivazione del recettore con L-DOPA induce la loro proliferazione, ma gli scienziati non sanno ancora le implicazioni di questo fenomeno sulla biologia del cervello. Inoltre, studi recenti suggeriscono che L-DOPA potrebbe avere effetti neurotossici in alcune condizioni, favorendo lo stress ossidativo e la produzione di radicali liberi (ROS) attraverso il metabolismo della dopamina. Questo fenomeno è particolarmente rilevante in pazienti con riserve antiossidanti ridotte o con elevata attività metabolica dopaminergica.

Inoltre, sono stati individuati degli antagonisti sintetici di GPR143 uno dei quali è la pimozide, un farmaco usato nella terapia antipsicotica di mantenimento per i pazienti con schizofrenia e tics resistenti alla terapia farmacologica convenzionale. Ma nonostante questi potenziali effetti avversi, L-DOPA rimane il trattamento più efficace per il controllo dei sintomi motori del Parkinson, con un bilancio rischio-beneficio generalmente favorevole nelle prime fasi della malattia.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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