giovedì, Dicembre 12, 2024

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Gli effetti del caffè sul microbiota non sono casuali: eccovi Lawsonibacter e come lavora per farci stare in salute

Diversi studi hanno riportato che l’assunzione di caffè può portare a cambiamenti nella composizione e nella diversità del microbiota intestinale negli individui sani. Si è anche scoperto che il microbiota intestinale che aiuta a metabolizzare il caffè media i suoi effetti sulla salute. Gli scienziati di uno studio hanno precedentemente riportato che tra oltre 150 alimenti, il caffè mostra la correlazione più alta con la composizione del microbiota intestinale in oltre 1.000 individui. Nello studio attuale, ora pubblicato su Nature Microbiology, gli scienziati hanno condotto un’analisi multi-omica di campioni metagenomici ottenuti da oltre 22.000 individui che hanno fornito resoconti dettagliati sul consumo di caffè a lungo termine. Inoltre, hanno integrato questi risultati con dati pubblici provenienti da oltre 54.000 campioni, che comprendono popolazioni diverse, tra cui gruppi non occidentalizzati, neonati e individui con malattie specifiche.

Lo studio ha esaminato l’associazione tra l’assunzione di caffè e la composizione del microbiota intestinale categorizzando i partecipanti in tre livelli di consumo di caffè: non bevitori, bevitori moderati e bevitori intensi. I risultati hanno rivelato una forte correlazione tra l’assunzione di caffè e la composizione del microbiota intestinale in diverse popolazioni di studio. Il microbiota intestinale ha mostrato composizioni distinte nei bevitori di caffè rispetto ai non bevitori, con un effetto modesto sulla differenziazione del livello di consumo di caffè. In generale, il caffè ha mostrato effetti stimolatori piuttosto che inibitori sull’abbondanza di specie microbiche intestinali. La più forte associazione tra l’assunzione di caffè è stata osservata con l’abbondanza del batterio Gram-positivo Lawsonibacter asaccharolyticus. Questa associazione è rimasta la stessa sia per il caffè decaffeinato che per quello con caffeina. L’abbondanza di L. asaccharolyticus era da 4 a 8 volte maggiore tra i grandi bevitori di caffè rispetto a quella tra i non bevitori.

Tra i bevitori moderati, l’abbondanza era da 3 a 4 volte superiore rispetto ai non bevitori. Lo studio ha condotto una serie di esperimenti in vitro per confermare ulteriormente l’associazione osservata. In questi esperimenti, il caffè è stato aggiunto al terreno di coltura di Lawsonibacter asaccharolyticus. I risultati hanno rivelato che il caffè ha aumentato significativamente la crescita di Lawsonibacter asaccharolyticus di 3,5 volte, indipendentemente dai tipi (caffè preparato con la moka e caffè solubile) e dalla presenza di caffeina. Lo studio ha anche identificato un pannello di 115 specie microbiche intestinali positivamente associate al consumo di caffè, evidenziando l’influenza più ampia del caffè sul microbiota. Oltre all’aumento dell’abbondanza di Lawsonibacter asaccharolyticus mediato dal caffè a livello individuale, lo studio ha scoperto che la prevalenza complessiva del batterio in una popolazione può essere determinata dal consumo di caffè a livello di popolazione.

L’analisi di 438 metabolomi plasmatici ha identificato diversi metaboliti arricchiti tra i bevitori di caffè, con acido chinico e i suoi potenziali derivati ​​associati al caffè e al L. asaccharolyticus. Sono stati evidenziati anche metaboliti non annotati potenzialmente derivati ​​dall’acido chinico, sottolineando la necessità di future indagini biochimiche. L’effetto stimolatorio osservato del caffè sulla crescita di questo batterio fornisce uno sfondo per studi futuri volti a decifrare l’entità di questo effetto. Tali studi dovrebbero indagare l’effetto di diverse concentrazioni di caffè sui tassi di crescita di un pannello di microrganismi intestinali associati al caffè. Poiché l’acido clorogenico è uno dei principali polifenoli del caffè, decifrare il modo in cui i batteri trasformano questa sostanza in vantaggi per la salute è fondamentale. I microrganismi intestinali lo metabolizzano in acido caffeico, acido chinico e altri metaboliti. Microrganismi intestinali responsabili di questa biotrasformazione includono Bifidobacterium animalis, Bifidobacterium lactis, Lactobacillus gasseri ed Escherichia coli.

Ciò significa che sia le specie amichevoli (lattobacilli) sia quelle potenzialmente dannose (E. coli) influenzano e/o sono influenzate dall’assunzione di caffè. La forte associazione indipendente dalla caffeina tra l’abbondanza di L. asaccharolyticus e l’assunzione di caffè indica che potrebbe anche rispondere ad attività all’interno di questi percorsi metabolici dei polifenoli. Inoltre, l’arricchimento di microrganismi nei bevitori di caffè decaffeinato indica che la caffeina non occupa la posizione centrale in questo complesso dialogo. Invece, l’acido chinico e i suoi derivati ​​potrebbero svolgere un ruolo fondamentale. Nel complesso, lo studio fornisce un quadro per comprendere le risposte dietetiche microbiche a livello biochimico e possono essere di aiuto per capire se utilizzare il caffè come arma chemiopreventiva per svariate condizioni mediche, dovesse queto batterio risultare centrale per la risposta dell’organismo ai polifenoli come quelli del caffè.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Manghi P, Bhosle A et al. Nature Microbiol. 2024; 9(12):3120-3134.

Lara-Guzmán OJ et al. Food Funct. 2024 Oct; 15(20):10399-10413.

Saygili S, Hegde S, Shi XZ. Nutrients. 2024 Sep 18; 16(18):3155.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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