sabato, Febbraio 22, 2025

Il consumo di carne rossa processata e il rischio di demenza: una correlazione da approfondire

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Negli ultimi anni, il legame tra dieta e salute cognitiva ha attirato crescente attenzione nella ricerca scientifica. Un numero crescente di studi suggerisce che il consumo di carne rossa processata potrebbe essere associato a un aumento del rischio di sviluppare demenza, incluse forme specifiche come il morbo di Alzheimer. La carne processata, come salumi, salsicce e bacon, contiene elevati livelli di conservanti, grassi saturi, nitriti e nitrati, composti che potrebbero avere effetti negativi sul sistema nervoso centrale. Uno studio pubblicato sulla rivista American Journal of Clinical Nutrition ha evidenziato che un consumo elevato di carne rossa processata è correlato a una maggiore incidenza di disturbi cognitivi, suggerendo che l’infiammazione sistemica e lo stress ossidativo potrebbero giocare un ruolo chiave in questo processo.

Inoltre, l’elevato contenuto di grassi saturi e colesterolo nella carne processata potrebbe contribuire all’accumulo di placche beta-amiloidi nel cervello, un noto marker patologico della malattia di Alzheimer. Un’altra ipotesi avanzata dai ricercatori riguarda l’effetto dei conservanti e degli additivi chimici, che potrebbero influenzare negativamente la funzione neuronale e aumentare il rischio di neurodegenerazione. Dati epidemiologici provenienti da studi longitudinali suggeriscono che una dieta ricca di carne processata è associata a una maggiore incidenza di demenza rispetto a un’alimentazione basata su fonti proteiche più salutari, come pesce, legumi e carni bianche. Ad esempio, uno studio condotto dall’Università di Leeds ha analizzato i dati di oltre 500.000 individui e ha rilevato che un aumento di 25 grammi al giorno nel consumo di carne processata è associato a un rischio maggiore del 44% di sviluppare demenza.

Tali risultati supportano l’ipotesi che la qualità delle proteine e la presenza di additivi alimentari possano influenzare il declino cognitivo. Nonostante queste evidenze, il meccanismo esatto attraverso il quale la carne rossa processata possa contribuire alla neurodegenerazione non è ancora del tutto chiaro. Ulteriori studi sono necessari per comprendere meglio il ruolo dei diversi componenti presenti nella carne processata e il loro impatto sulla salute cerebrale. E’ possibile che possano incidere fattori come il condizionamento del microbiota e la sua capacità di generare tossine derivate dal catabolismo di componenti della carne. Sarebbe una situazione similare a quella che si verifica nei pazienti con insufficienza renale cronica sotto dialisi. Per esempio, in questi pazienti l’eccessivo introito di carne è assolutamente sconsigliato per la produzione di tossine azotate (creatinina, metil-guanidine, acido ippurico, indossil-solfato, ecc.).

Queste sostanze hanno effetti su svariati distretti corporei (midollo osseo, cuore, sistema immunitario, per citarne qualcuno) e alcuni di loro sono francamente tossici per il metabolismo neuronale, potendo diventare responsabili di alcuni sintomi neurologici che le persone dializzate mostrano nelle fasi avanzate della loro malattia (torpore, difficoltà di concentrazione o di memoria, ecc.). E’ possibile che questi meccanismi possano verificarsi anche in una fetta di persone indipendentemente dal loro rischio di sviluppare malattie renali, semplicemente perché invece sono predisposte. Nel frattempo, le linee guida nutrizionali da molto tempo ormai suggeriscono di limitare il consumo di carne processata e di adottare una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali e grassi sani per promuovere il benessere cognitivo e ridurre il rischio di malattie neurodegenerative. Salute o malattia, inutile ricordarlo, è tutta una questione di scelte.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Bondonno NP et al. Amer J Clin Nutr. 2021; 113(3):612-621.

Wade A T et al. J Alzheimer’s Dis. 2020; 76(4), 1345-1373.

Yuan C, Fondell E et al. Amer J Clin Nutr. 2019; 110(2), 343-352.

Barnard ND, Bush AI et al. Neurobiol Aging. 2014; 35:S74-S78.

Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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