sabato, Marzo 1, 2025

Sempre più dati a favore della natura immunitaria del Parkinson: e PINK1 fa da “red flag”

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Gli scienziati del La Jolla Institute for Immunology hanno trovato un potenziale nuovo bersaglio per il trattamento del morbo di Parkinson. La loro nuova ricerca rivela come una proteina nelle cellule cerebrali possa guidare l’insorgenza del morbo di Parkinson e offre una possibile spiegazione del perché il morbo di Parkinson sia molto più comune negli uomini. Negli ultimi anni, gli scienziati hanno trovato prove crescenti del fatto che l’autoimmunità ha un ruolo nell’insorgenza del morbo di Parkinson. Il loro recente studio mostra che PINK1 sembra contrassegnare alcune cellule cerebrali per l’attacco delle cellule immunitarie. PINK1 non significa danno. La proteina aiuta effettivamente le cellule cerebrali a regolare i loro mitocondri, le strutture cellulari che forniscono energia cellulare.

I ricercatori hanno scoperto che alcune persone con il morbo di Parkinson hanno cellule T che erroneamente vedono PINK1 come un segnale di pericolo. Queste cellule T possono prendere di mira le cellule cerebrali che esprimono PINK1, contribuendo all’infiammazione e alla morte delle cellule cerebrali. Per confermare la loro ipotesi, il team di ricerca ha generato peptidi 15-mer (lunghi tutti 15 amminoacidi) che abbracciano diverse proteine ​​correlate al PD implicate nella patologia del Parkinson, tra cui la la stessa chinasi PINK1, la glucosil-ceramidasi β-1 (GBA), la superossido dismutasi 1 (SOD1), la ligasi proteica ubiquitina Parkin RBR E3 (PARKIN), la chetoglutarato deidrogenasi (OGDH) e la chinasi ricca di ripetizioni di leucina 2 (LRRK2).

La nuova ricerca può aiutare a spiegare perché il morbo di Parkinson è circa due volte più comune negli uomini rispetto alle donne. Il team ha scoperto che gli uomini con il morbo di Parkinson avevano un aumento di 6 volte delle cellule T specifiche per PINK1, rispetto ai partecipanti maschi sani allo studio. Le donne con il morbo di Parkinson hanno mostrato solo un aumento di 0,7 volte delle cellule T specifiche per PINK1, rispetto alle partecipanti femmine sane allo studio. Il professor Sette, senior del team, ha affermato che le differenze basate sul sesso nelle risposte delle cellule T erano molto, molto sorprendenti. Questa risposta immunitaria potrebbe essere una componente del motivo per cui vediamo una differenza di sesso nel morbo di Parkinson.

Queste cellule T che prendono di mira PINK1 potrebbero anche rivelarsi preziose come biomarker del morbo di Parkinson, consentendo una diagnosi precoce nei pazienti a rischio di sviluppare la malattia neurodegenerativa. Studiare le risposte delle cellule T verso PINK1 potrebbe anche guidare lo sviluppo di nuove terapie per il morbo di Parkinson. PINK1 non è perciò l’unico importante bersaglio delle cellule T, o “auto-antigene”, nei pazienti con il morbo di Parkinson. Precedenti ricerche condotte dal prof. Sette hanno dimostrato che molti pazienti con il morbo di Parkinson hanno cellule T che prendono di mira una proteina chiamata alfa-sinucleina. Questa risposta delle cellule T è stata collegata all’infiammazione nel cervello e all’insorgenza del morbo di Parkinson.

Ma non tutti i pazienti con il morbo di Parkinson mostrano questa risposta delle cellule T all’alfa-sinucleina, quindi i ricercatori hanno ampliato la loro ricerca di ulteriori antigeni che potrebbero innescare dannose risposte delle cellule T autoreattive nelle persone affette da Parkinson. La nuova ricerca suggerisce che PINK1 è uno di questi antigeni, ma i ricercatori non si fermano qui. Il prof Sette afferma che gli scienziati stanno appena iniziando ad avere un quadro completo di come inizia il Parkinson.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Williams GP et al. J Clin Invest. 2024; 135(4):e180478.

Henderson MX, et al. Neurosci Lett. 2019; 709:134316.

Valente EM et al. Science 2004; 304(5674):1158–1160.

Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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